Editoriale 335: (365) giorni insieme

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Di Rossano Lo Mele

Abbiamo cominciato l’anno tornando a Bristol: chiacchierando con Mark Stewart (Pop Group) e concentrandoci sulla ristampa di Mezzanine dei Massive Attack. Il disco, attesissimo e annunciato in più formati, non è poi uscito. O meglio, non è uscito quando doveva uscire, contraddicendo in qualche modo la nostra copertina. È stato poi diffuso solo alcun mesi dopo. Nel frattempo i Massive Attack erano passati in Italia e festeggiarlo, senza che l’album fosse in giro, fra l’incredulità, l’entusiasmo e la delusione dei molti che sono accorsi allo show. In quella copertina di gennaio 2018, foto datata, c’era anche la faccia di Adrian Thaws, alias Tricky, ossia uno dei fondatori del cosiddetto Wild Bunch di Bristol: i Massive Attack prima che cambiassero nome, in pratica. Quest’anno Tricky ha appena compiuto 50 anni e ha pubblicato un succoso memoir autobiografico. I Massive Attack inneggiavano dal vivo in Italia a Stefano Cucchi e potremmo dire che, a molti mesi di distanza, giustizia è stata fatta. Gli effetti diluiti del tempo. Un tempo, lungo addirittura 90 anni nel caso di Ennio Morricone, che abbiamo usato per omaggiare il maestro con una guida dedicata alle sue opere meno note.

A febbraio ci siamo vestiti in bianco e nero, celebrando i 40 anni secchi del capolavoro dei Joy Division, Unknown Plasures. Una copertina che ha destato un entusiasmo addirittura inaspettato presso i nostri lettori. Segno che la legacy della musica non passa mai di moda, specie nel palinsesto dettato dalla timeline delle nostre vite temporanee. Ciò che ha identità non solo resiste, ma si amplifica. A marzo abbiamo fatto l’esatto opposto, mettendo in circolazione una copertina sgargiante con i Coma_Cose in bella vista. Entusiasmo, qualche battuta acida di quelle che ci stanno e la sensazione di aver puntato su qualcosa di bello: la loro Mancarsi, come leggete più avanti, è risultata essere la nostra canzone dell’anno. In aprile siamo tornati sul luogo del delitto. Berlino a 30 anni dalla caduta del muro, con un reportage sulla città aggiornato al 2019 e un’intervista a Sascha Ring, cioè Apparat, uno dei produttori che meglio ha sonorizzato la palingenesi sonora della capitale tedesca. Maggio è stato il mese di un nome di culto, da queste parti: i National, per la seconda volta in copertina nella storia di “Rumore”. Poi giugno: con una chiacchierata politica con i resistenti del punk a stelle strisce. I Bad Religion di Greg Graffin, ma pure i Descendents di Milo, due “professori” prestati da decenni al punk rock, cervello fino e lingua appuntita. 

In estate abbiamo segnalato il ritorno solista su disco e dal vivo di Thom Yorke, faccia, voce e testa dietro i Radiohead. In contemporanea è uscita la nostra seconda guida sui capolavori misconosciuti della musica italiana, in attesa di pubblicare il terzo e conclusivo volume nei prossimi mesi, sempre firmato da Diego Ballani. Settembre è stato il mese dell’attesa: per il nuovo e sospiratissimo disco dei Tool. Estranei al Web fino all’estate 2019, Maynard James Keenan e soci sono sbarcati su Spotify infrangendo numerosi record con il loro catalogo e il nuovo album, Fear Inoculum, atteso per ben 13 anni. Disco che se da una parte ha scatenato un dibattito tra delusi ed entusiasti, in realtà non si è ancora ben capito in che formato sia esattamente uscito. Niente che fosse standardizzato comunque, come quasi ogni cosa nel caso dei Tool. A ottobre abbiamo registrato i 40 anni di un grande classico fra i dischi rock dal vivo: It’s Alive dei Ramones, facce di copertina strette in t-shirt per l’infanzia, jeans mordicchiati, giacche di pelle e Chuck Taylor. Iconografia d’ordinanza. Un mese fa abbiamo dedicato la nostra copertina a FKA Twigs: il titolo, “Il futuro è donna”, ha raccolto più di una critica, come succede a quasi ogni titolo per la verità, data la necessità di fare da vetrina, quindi in qualche modo di banalizzare un concetto incluso nella lunga intervista interna al giornale. Fra i giudizi di disappunto sarebbe stato tuttavia interessante se qualcuno avesse almeno segnalato la volontaria citazione del film omonimo (1984, seconda parte del dittico composto con Storia Di Piera di un anno prima) di Marco Ferreri: in cui l’ideologia compiutamente post femminista del regista ipotizzava appunto una società a venire. Neanche troppo distante da quella auspicata oggi da FKA Twigs.

E arriviamo infine a dicembre: un anno fa rappresentavamo il meglio del 2018 con una vignetta inedita di Zerocalcare. Il quale è appena tornato con la raccolta La Scuola Di Pizze In Faccia Del Professor Calcare (contenente a pagina 111 una delle sue storie più esilaranti di sempre, Quando Di Notte C’hai Freddo Ma Non Vuoi Alzarti A Prendere La Coperta). Dalla copertina del best of 2019 ci saluta invece la faccia oblunga e peciosa di Nick Cave. Nostro disco dell’anno. Nel porgere i nostri migliori auguri per le feste, non posso infine che ringraziare tutti i lettori, uno per uno: grazie per aver condiviso anche questo nostro ventisettesimo anno di attività assieme. 

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