Rumore 346 | Novembre 2020 – PJ Harvey, i segreti di Polly Jean

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La storia di “Rumore” è strettamente intrecciata alla carriera di PJ Harvey. Si potrebbe quasi affermare che i due percorsi siano partiti assieme, nei primissimi anni 90. All’epoca Polly Jean era una ventenne rabbiosa ed elettrica, figlia di una certa urgenza riot che veniva dal punk rock delle ragazze americane, così come dalle estensioni della new wave e del post punk britannico. In quel momento nessuno avrebbe potuto vaticinare una carriera così longeva da un lato e così strabiliante dall’altro. In tre decenni di album e tantissimi titoli – da sola, con una band, in collaborazione con altri – PJ Harvey ha di fatto cementato un percorso e una identità artistica unici. Nessuna come lei, per qualità e quantità di produzione. Figlia dell’oscura discografia britannica inglese (leggi alla voce Too Pure, per chi ricorda la piccina label londinese) e poi ben presto passata al gruppo Universal (dove è rimasta sino a oggi), Polly Jean ha saputo sempre rinnovarsi. Reinventarsi. Contando su collaboratori storici e di grande rilievo per lo sviluppo della sua carriera. Parliamo anzitutto di Rob Ellis e John Parish, intervistati nello speciale di copertina che dedichiamo all’autrice inglese integralmente firmato da Francesco Vignani. Senza però dimenticare i “nostri” Enrico Gabrielli e Alessandro “Asso” Stefana, fiancheggiatori degli ultimi importanti anni. Ne è venuto fuori quindi un ritratto sotto forma di affresco collettivo: che ha nella pingue serie di ristampe che dall’estate 2020 vedono la discografia di PJ Harvey come protagonista, il suo movente principale. Da qui parte “Rumore” 346, novembre 2020.

Una delle scene musicali più fertili in questo momento in giro per il mondo sta invece dalle parti dell’ex impero sovietico. Il nome di punta è senza dubbio quello dei bielorussi Molchat Doma, glaciali figli del synthpop anni 80 più oscuro e spigoloso. Senza dimenticare il quartetto femminile chiamato Lucidvox, direttamente da Mosca. Né tantomeno Vladimir Karpov da San Pietroburgo, in arte X.Y.R. Dialogare con questi musicisti non è stato facilissimo per via di una barriera linguistica che li rende meno esposti alla lingua inglese. Ma tra ricerche, traduzioni e difficoltà varie ce l’abbiamo fatta: Mauro Fenoglio, Diego Ballani e Luca Doldi hanno firmato un approfondimento a più mani che esula i luoghi comuni geografici della musica di oggi.

Dall’ex Unione Sovietica passiamo all’Arkansas, Stati Uniti, a suon di doom “evoluto”: il solido ritorno dei Pallbearer – già nostri beniamini e maestri del genere in questione, qui alla prese con un quasi concept discografico – è stato immortalato da Andrea Valentini con un’intervista che riafferma il quartetto americano fra i migliori al mondo quanto all’uso di chitarre di derivazione heavy.

Gli Stati Uniti sono anche il punto di partenza per un’incursione nel mondo dell’hardcore di oggi. Complici le uscite quasi contemporanee dei nuovi dischi di Nothing e Touché Amoré, grazie alla penna di Luca Doldi e Nicholas David Altea abbiamo deciso di investigare tra le pieghe dell’hardcore moderno: per tentare di capire che sviluppi ha avuto e sta avendo un genere che ha saputo mutare col passare del tempo e delle band che ne erano e ne sono interpreti.

Aggiungiamo poi: un ricordo del chitarrista Eddie Van Halen, fondatore della band che prese il suo cognome; e interviste a progetti “futuri” ma già contemporanei come Holy Motors, Naked Roommate, Post Nebbia, Mr. Bison, Witchwood, Elasi e Working Men’s Club. Raccogliamo le dieci canzoni preferite di tutti i tempi da Davide Rossi, musicista e arrangiatore torinese già al lavoro con i Coldplay, nonché componente dei Goldfrapp. Fra i libri vanno segnalati i volumi di Bad Religion e Penny Rimbaud, oltre al ritorno autobiografico e “vinilico” di Luca Ragagnin. Nella rubrica “Che fine hai fatto?” torniamo sulla storia di Carlo “Charlie” Albertoli, fra i pionieri della discografia indipendente italiana.

Recensiamo infine come al solito moltissime novità discografiche, fra cui svettano i nostri dischi del mese: l’oscuro produttore elettronico Actress e gli italiani Bee Bee Sea. Oltre alle nuove uscite di Metz, William Basinski, Mecna, Nick Cave, Napalm Death, Cabaret Voltaire, Elvis Costello, Eels, Demolition Doll Rods, Oneohtrix Point Never, Voivod, The Cribs, Young Signorino, Fleet Foxes, Gorillaz, Speranza, Califone, Clipping. Fra le ristampe si segnalano invece il disco “dimenticato” di Kruder & Dormeister, oltre a Swans, Almamegretta, Black Sabbath, Ennio Morricone, Pantera, Elbow, Joni Mitchell e tanti altri.  

Rumore” 346, novembre 2020, è in edicola al prezzo di 7 euro. Disponibile anche la versione digitale da scaricare. Buona lettura!

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Redazione Rumore
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