Chiude il Circolo Ohibò di Milano. Quando gli effetti del covid-19 (e non solo) impoveriscono la città

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(credit: Costellos/Circolo Ohibò)

di Nicholas David Altea

Oggi è arrivata la notizia della chiusura del Circolo Ohibò, polmone musicale di una Milano (zona sud est) che stava vivendo un momento proficuo, e possiamo anche tranquillamente dire molto positivo in termini di vitalità e offerta, prima della crisi pandemica. Sono arrivati nuovi spazi per la musica come il nuovo Lorenzini District – dove qualche mese fa si svolgevano gli eventi della Social Music, mentre sull’asse viale Isonzo-via Toscana altri locali concerti e club come gli storici Magazzini Generali e la più recente Santeria Toscana 31 tenevano (e terranno ancora quando si ripartirà) un livello altissimo dell’offerta musicale sul fronte spettacoli nel raggio di 2 km e mezzo. Andando un poco più oltre in termini di distanze, ce ne sono altrettanti di valore e sfumature diverse che completano questa rete arteriosa di musica e spettacolo.

E poi la Fondazione Prada – che piaccia o non piaccia – sta lì a sigillare una crescita artistico-culturale di una zona che fino a 9-10 anni fa non aveva di certo la stessa attenzione, in questo lembo di Milano compreso tra lo Scalo di Porta Romana, il quartiere San Luigi e il quartiere Morivione. Infine, anche se ci vorrà molto tempo, è già stata prevista una imponente riqualificazione olimpica dai tratti grandiosi nella fiorente zona dello Scalo di Porta Romana ridisegnando uno spazio per troppo tempo terra di nessuno.

Tutto questo per avere un minimo di idea e senso del contesto socio-urbano in cui questa parte sud di Milano è immersa e circondata. Ed è ancora più un peccato che il Circolo Ohibò rassegni le dimissioni dalla lotta per il ritorno ad una pseudo-normalità, fatta di distanze, mascherine, gel igienizzanti e guanti in plastica. La fine di questo spazio è, secondo il direttivo del circolo, da addebitarsi al covid-19 e al suo obbligato stop agli spettacoli.

L’emergenza sanitaria che ha investito tutto il mondo ci ha piegato. Abbiamo provato in tutti i modi a resistere, ma per noi che siamo un’associazione non profit, nonostante il canone d’affitto agevolato per la pandemia, è stato impossibile sopravvivere senza entrate e rialzarci. Ci siamo così trovati costretti a interrompere il contratto di affitto con la proprietà di via Benaco 1.

Dopo un’ora dall’annuncio arriva anche la comunicazione di Costello’s – ossia la struttura che si occupava da circa 4 anni dell’organizzazione e della direzione artistica (ma non solo, anche del ripensamento delle proposte del Circolo) che per questo periodo ha portato su quel palco nomi italiani poco prima della loro esplosione (Calcutta, Thegiornalisti, Mahmood) e altre centinaia di band italiane e internazionali di grande valore. Le parole dello staff operativo però sono leggermente diverse e non spostano tutte le colpe direttamente alla crisi pandemica, ma a una resa e a un’esclusione dai giochi troppo facile riguardo ad una frettolosa risoluzione del contratto di affitto. Da quanto emerge, pare non siano state prese in considerazione opzioni di un subentro per dare una continuità al progetto, che ormai aveva trovato di certo una stabilità di programmazione nel panorama milanese e, tornando poi anche a cose altrettanto importanti, soprattutto una certa stabilità di presenze alle serate.

Chi scrive questa comunicazione è lo staff operativo del Circolo Ohibò, lo stesso che negli ultimi tre anni e mezzo aveva contribuito a dare nuova energia all’associazione. E dicendo <<aveva contribuito>> ne parliamo consapevolmente al passato, perché purtroppo da oggi il Circolo Ohibò non esiste più, almeno per come lo avete conosciuto.

Non potete lontanamente immaginare quanto sia difficile per noi trovare la forza di comunicarvi questa decisione, alla quale noi per primi abbiamo dovuto sottostare e che abbiamo cercato con tutte le nostre forze di sovvertire.

Ma la realtà è che il direttivo dell’associazione (di cui purtroppo non facciamo parte), a seguito dell’emergenza Covid-19 e per motivazioni che non ci è dato conoscere, ha deciso di risolvere consensualmente il contratto di affitto dello spazio con la locataria ad inizio maggio, la quale, nonostante il nostro massimo interesse a dar continuità al progetto, ci ha espresso la volontà di valutare altre possibilità di locazione dello stesso.

Sono tantissime le proposte di crowdfunding, ma i ragazzi di Costello’s specificano che ormai le decisioni

Nella giornata dell’11 giugno è uscita poi un’intervista al direttivo del Circolo Ohibò che fa capire meglio alcune posizioni, messe in risalto dal post dei ragazzi di Costello’s. La giornalista de Il Giorno chiede: “C’è chi propone di organizzare una raccolta fondi. Potrebbe servire a evitare la chiusura?”, ma la risposta del direttivo è negativa, senza via e volontà di uscita.

Purtroppo non c’è tempo e non ci sono le risorse necessarie per programmare un piano di sostenibilità

Dopo questa crisi pandemica che ci porteremo avanti per molto tempo con enormi ricadute su tutti i processi economico-produttivi del paese, si iniziano quindi a tirare le prime somme dei locali sopravvissuti al maremoto, per non parlare dei festival che stanno cercando in qualche modo di riorganizzarsi o, semplicemente, spostare tutto di 12 mesi. A Milano è toccato anche a un negozio storico di dischi, Mariposa.

È abbastanza ovvio che chi prima aveva economie labili, non propriamente iperorganizzate o con grosse crepe nell’apparato strutturale cedano con un colpo forte e netto alla forza devastante di questa crisi globalizzata. Si fa presto dare la colpa solo al covid-19, quando a peggiorare la situazione si aggiunge l’incapacità delle alte sfere del paese di riuscire a riorganizzare in modo sensato un intero settore che è stato – insieme a quello turistico – il primo a fermarsi completamente e che sarà l’ultimo a ripartire con enormi difficoltà.

In questo caso, poi le dinamiche sono molteplici e coinvolgono più “attori” su idee e punti di vista diversi sulla necessità di portare avanti l’attività che sicuramente portano a una sola grande sconfitta per tutti: la perdita di uno spazio di crescita, non elitario, aperto e capace di coinvolgere dalla band di città con poca esperienza – ma promettente – fino all’artista che il giorno prima era su un palco del Primavera Sound di Barcellona. Così rimane un vuoto: sociale, culturale e musicale, sopra e sotto il palco.

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