Intervista: Crystal Fighters

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di Elia Alovisi

From pais Vasco to San Francisco / All the Girls, my Casiotone / Daddy-oh, Mummy-oh / I went to England and tried to find my soul“. Così diceva il ritornello di Solar System, brano d’apertura di Star of Love, debutto dei Crystal Fighters. In quei quattro versi c’è praticamente tutto l’immaginario che sta dietro al gruppo. Nello specifico:

1. L’internazionalità. La radice spirituale della band sta nei Paesi Baschi, da dove viene la famiglia di Laure [Stockley, cantante adesso uscita dal gruppo], ma la band si è formata a Londra, e nella loro musica c’è una fortissima interculturalità.
2. Le tastiere. In una scena di fine-anni-zero completamente polarizzata tra chitarre a tutto spiano ed elettronica tout court, i Crystal Fighters proponevano qualcosa che assomigliava all’indie rock ma bastardizzandolo con dissonanze, casse dritte, elettronica, stranezze, strumenti etnici e cori.
3. La mamma e il papà. Teoricamente l’amore più puro e incondizionato che possa esistere, e quello che cantano nella maggior parte dei pezzi in cui è il cuore il centro dell’attenzione.
4. La ricerca dell’anima tramite la fuga. In questo caso nel Regno Unito, anche se ora la destinazione prescelta è diventata la natura, in una sorta di neoprimitivismo danzereccio.

Poi ci furono tour, e tour, e ancora tour. Tre anni per scrivere il loro secondo album, Cave Rave, uscito lo scorso maggio. E poi il colpo più grande: la perdita del batterista Andrea Marongiu, scomparso lo scorso settembre per un attacco cardiaco. Tutto questo non ha però fermato la volontà dei Fighters, che dopo aver cancellato diverse date sono riusciti a riorganizzarle, anche e soprattutto perché chi non c’è più va ricordato nel migliore dei modi. Il gruppo sarà in Italia domani, al Circolo degli Artisti di Roma. Abbiamo parlato brevemente con Graham Dickson (uno dei polistrumentisti del gruppo) via mail di tutto questo.

È strano iniziare con questa domanda, ma la notizia della scomparsa di Andrea, il vostro batterista, è stata davvero improvvisa e straniante. Puoi raccontarmi come tutto era iniziato con lui?
“Lo abbiamo incontrato tramite un annuncio su Gumtree, e ogni momento che abbiamo passato con lui resterà sempre con noi. Era una persona straordinaria”.

Come è nato, invece, il nucleo base del gruppo? Ho letto che il vostro nome è stato preso da un’opera scritta dal nonno di Laure che non è mai stata finita, e quindi pubblicata.
“Veniamo tutti da posti diversi nel mondo ma Bast, Gilbert ed io per qualche motivo finimmo tutti a Londra nello stesso momento nel 2007, per l’influsso di una qualche forza universale. Nessuno di noi aveva un vero motivo per trovarsi lì. Quell’opera di cui parli è pazzesca! Non ne parliamo molto spesso, non la esponiamo alla luce – stiamo provando a preservarla nel modo migliore possibile. Speriamo che con il passare del tempo diventi sempre più significativa per noi, e ogni volta che la apriamo per leggerne una parte ci sentiamo come se avessimo guadagnato qualcosa”.

Penso che “Love Is All I Got” (L’amore è tutto ciò che ho) sia una frase piuttosto vera. In fondo è l’amore che porta avanti qualsiasi cosa, che ci fa sentire a posto con noi stessi anche se tutto il resto sta andando male.
“Sì! Insomma, l’amore è la fonte di vita definitiva. L’amore va amato, ha”.

In qualche modo, è come se i testi di Cave Rave fossero più ottimisti di quelli di Star of Love. “We were born to be alone, we’ll be alone forever” (Siamo nati per essere soli, saremo soli per sempre), dicevate in Xtatic Truth.
“È vero, in un certo senso. Ma quella frase continua dicendo “Everybody all alone” (Tutti siamo completamente soli), il che è un simbolo di come la nostra solitudine ci collega tutti”.

C’è una certa spiritualità in Cave Rave, una sorta di sentimento naturalistico. Lo sento in frasi come “I sentimenti sono tutto, i sentimenti sono ovunque” e “Le notti e le mattine si risvegliano nelle nostre teste / Siamo stelle in ognuna delle nostre splendide mattine”.
“La parola “spirituale” può confondere. Preferisco usarla il meno possibile. La scienza moderna sta “dimostrando” come molti fenomeni strambi o soprannaturali siano in realtà riconducibili a un’origine naturale. Ad esempio la ghiandola pineale, prova a darci un’occhio”.

In You and I cantate “Il tempo non è una costante, amico mio / Non riuscirai più a convincermi del contrario”. Qual è il senso del tempo per voi?
“Il tempo è infinito, siamo esseri infiniti. Ne vedo delle dimostrazioni nella sezione aurea, o nel Pi greco ad esempio. Un ciclo infinito ha più senso di un tempo lineare, ad ogni modo… una prospettiva lineare ti porta alla classica domanda irrisolvibile: “Che cosa c’era prima?”

La Londra che dipingete in I Love London è piuttosto sfrenata – feste in casa, droghe, ritmi frenetici.
“È un’interpretazione interessante! Adesso vivo a New York, ma ogni volta che torno a Londra mi trovo sempre in situazioni piuttosto movimentate”.

L’identità basca è sempre stata molto importante per la vostra musica. Puoi consigliarci degli artisti baschi particolarmente significativi per voi?
“Due nomi su tutti. I Delorean, che sono una fantastica band basca moderna, la loro musica è davvero incredibile. E i Negu Gorriak, una band punk di nostri amici che suona da decadi”.

Che ruolo hanno avuto, o hanno, le vostre famiglie nello sviluppo della vostra identità musicale?
“I miei genitori sono sempre stati molto legati alla musica, e sono persone splendide, sono sempre state creative. Mio padre e mia madre erano, e continuano ad essere, grandissime ispirazioni per la mia musica. Ho iniziato a suonare il pianoforte a cinque anni perché mia madre mi incoraggiò a provare. Mio padre mi ha aperto la mente facendomi ascoltare moltissimi stili musicali e strumenti diversi, e continua a farlo. Gli voglio davvero bene”.

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