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Quando Pete Doherty citò Umberto Eco mentre fingeva di essere in coda per Be Here Now degli Oasis

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Pete Doherty Oasis Be Here Now
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Un giovane Pete Doherty viene intervistato mentre è in coda per entrare ad acquistare Be Here Now degli Oasis. Peccato che a lui, della band di Manchester, non fregava nulla.

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Musica, TV e YouTube – Lost in YouTube: l’abitudine di guardare un video su YouTube e poi perdersi in un vortice temporale tra i video consigliati. Ripeschiamo perle perdute o dimenticate nel web.

di Nicholas David Altea

A distanza di 25 anni il terzo disco degli Oasis, Be Here Now, è ricordato anche per l’attesa spasmodica dei fan. Difficile non avere aspettative altissime dopo le 22 milioni di copie di una pietra miliare come (What’s the Story) Morning Glory? del 1995. Anche Pete Doherty era in coda quel giovedì 21 agosto 1997, ma i motivi sono diversi.

Be Here Now Oasis

Intanto, per spiegare in modo adeguato quale fosse il livello di eccitazione attorno al terzo lavoro dei fratelli Gallagher, c’è un episodio curioso successo tra fine giugno e l’1 luglio, a Londra, nell’anno di uscita, come riportato dal “Corriere della Sera“, all’epoca. In zona Soho, sede della Sony, alcuni dirigenti dell’etichetta, incautamente e nella notte, ascoltarono a tutto volume con le finestre aperte le nuove canzoni degli Oasis. In tempo zero si formò un capannello di persone che addirittura bloccò il traffico. Si narra che qualcuno riuscì anche a registrare alcuni brani. Dopo circa 15 minuti i dirigenti della Sony si accorsero del fatto e spensero l’impianto.

L’isteria collettiva stava contagiando pure la Ignition, l’agenzia di management che seguiva il gruppo. Ai giornalisti viene vietato anche solo di proferire una parola su Be Here Now che hanno ascoltato in esclusiva, obbligandoli a firmare dei contratti di riservatezza. Steve Lamacq viene tacciato di aver parlato troppo poco sopra ai brani trasmessi in anteprima e che quindi i fan avrebbero potuto registrarli troppo facilmente, di conseguenza non gli vennero mandate altre tracce da trasmettere. Questo e molti altri sono stati i classici momenti di nevrosi collettiva di fan e addetti ai lavori della band di Manchester che era una delle poche in ambito rock inglese ad avvicinarsi a ciò che succedeva negli anni 60 coi Beatles. Le avvisaglie si erano già notate in occasione della due giorni clamorosa di concerti a Knebworth (1996), celebrata recentemente con un documentario e un boxset. I biglietti per quell’evento, che entrerà nella storia del brit pop e del rock inglese, formò numerose code notturne fuori dai negozi di dischi e dalle biglietterie essendo in piena epoca pre internet – a livello di diffusione, s’intende – mentre il resto dei fan di tutto il mondo avevano trascorso la loro giornata attaccati ai telefoni fissi cercando di mettersi in contatto con i numeri per la prenotazione che erano continuamente occupati. Le richieste di biglietto furono circa 2,6 milioni (più del 5% della popolazione inglese dell’epoca), contro i 250mila ticket esauriti in meno di 24 ore per i concerti del 10 e 11 agosto.

Il risultato è più o meno lo stesso mentre si aspetta l’uscita del tanto agognato Be Here Now. Centinaia di persone assembrate in coda davanti al negozio della catena HMW di Oxford Street fin dal mattino con apertura anticipata alle 8 per permettere ai fan di accaparrarselo. Stessa cosa nel resto del paese. Con più di 696.000 copie nella prima settimana (solo 424.000 il giorno dell’uscita) divenne l’album più venduto di sempre in Gran Bretagna, superato solamente da 25 di Adele, 18 anni dopo. È stato certificato sette volte disco di platino nel Regno Unito e una volta negli Stati Uniti, terzo e ultimo lavoro degli Oasis ad aver raggiunto questo risultato oltreoceano. Nel 2016 si toccano ufficialmente le otto milioni di copie in tutto il mondo risultando il terzo più venduto di sempre nella carriera dei mancuniani.

Be Here Now è osannato nelle prime settimane da tutti i media, quasi più per necessità di far parte di questo senso di universalità che gli Oasis erano riusciti a costruire, divenendo parte del pop (e del popolo), in un’Inghilterra divenuta Cool Britannia che dopo un decennio di recessione si stava prendendo la propria rivincita godendosi al massimo quel momento. L’importante era scriverne e possibilmente bene, di quel disco. Una tipica dinamica che oggi avviene nell’arco di un weekend dove si passa dal capolavoro allo schifo inascoltabile nel tempo che intercorre tra un post su Facebook, una stories su Instagram e un tweet su Twitter. Alex Niven, autore di un libro sul debutto degli Oasis nel 1994, Definitely Maybe, lo spiega bene: “Stavi guardando qualcosa di grossolano e orribile, ma era avvincente e dovevi guardarlo per avere un’idea di com’era la Gran Bretagna in quel momento. Era come un’esibizione collettiva della psiche”. Lo stesso Paul Lester (“Uncut”) nella sua recensione scrisse: “Gran parte del piacere con gli Oasis è legato al momento storico condiviso… Come gli altri nuovi arrivati ​​della metà degli anni ’90, Friends, Internet, le Spice Girls e la lotteria, gli Oasis sono riusciti a infiltrarsi nella vita britannica in tempo record”.

All’inizio i pareri erano tutti allineati – come spiegato nell’articolo del “Guardian” – mentre i fan impazzivano di gioia portandoli a raggiungere il primo posto nelle classifiche di Australia, Belgio (Fiandre), Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Svezia e ovviamente Regno Unito e l’intera Europa. Poi, pian piano, nelle settimane successive cambia qualcosa: si stava percependo la fine di un’era ormai bolsa, piena di sé – ben rappresentata nella foto-copertina di Michael Spencer Jones – e con loro quella Cool Britannia che stava sfiorendo. Da Be Here Now in poi possiamo dire che si può parlare di post brit pop. Qualche mese dopo arriva Urban Hymns dei Verve mentre i Radiohead con OK Computer avrebbero ridefinito i confini del rock nato in UK e dalla Scozia iniziavano a farsi notare i Travis con Good Feeling (settembre 1997). Così anche le recensioni e le opinioni si modificarono, come se fosse in atto un rinsavimento che presto sarebbe diventato eccessivo portando a trovare ogni minimo difetto e a criticare aspramente il disco.

I pareri cambiano altrettanto velocemente mentre durante le registrazioni gli attriti tra Liam e Noel erano già caldi conditi da un massivo uso di cocaina. Chris Norris (Spin) si era defilato da tutte le 4 o 5 stelle affibbiategli segnalando nella recensione l’eccessivo utilizzo di “McCartneyismi” e “Lennonismi” e definendoli i Lynyrd Skynyrd britannici la cui tradizione principale sono le sostanze illegali e le affiliazioni calcistiche. Il voto fu un 6/10. A distanza di anni, lo stesso Noel Gallagher dice: “È l’album che preferisco di meno tra quelli che ho scritto, di sicuro, ma non toglierò a nessuno il diritto di apprezzarlo. Incontro regolarmente gente che mi dice: ‘È il tuo miglior album’  E io chiedo: ‘Davvero?’, ma in realtà penso: ‘Imbecille del cazzo, non sai di cosa parli’. Se alla gente piace allora è fantastico. Non aspettatevi che io suoni qualcosa tratta da quell’album, però”. Liam, invece, continua a amarlo, salvo per la lunghezza (un’ora e undici minuti).

Ci siamo un po’ dilungati su Be Here Now ma era giusto per contestualizzare l’enorme evento che era in quell’esatto momento. Ma Pete Doherty era lì per acquistare il disco? La risposta veloce è: no. Anche se non si capisce dall’intervista che il giornalista di MTV fa al 18enne Doherty (è nato a marzo 79) mentre mangia un croissant e gli viene chiesto di descrivere in una frase la band di Manchester, e lui risponde senza quasi fa finire la domanda con qualcosa che probabilmente aveva già in testa:


“I subscribe to the Umberto Eco view that Noel Gallagher’s a poet and Liam’s a town crier, and I’ve always seen that as a perfect combination”


Tradotto vorrebbe dire: “Sostengo la visione di Umberto Eco che Noel Gallagher è un poeta e Liam è un banditore [uno strillone di città] e l’ho sempre vista come una combinazione perfetta”. Alla seconda domanda gli chiedono di riassumerlo in una parola. Lui risponde:

“Trousers”

E iniziano a ridere, sia lui che il ragazzo di MTV che lo definisce “Geniale”. La passione di Pete – che si sarebbe iscritto al primo anno di università – era la letteratura (oltre alla poesia) che ha portato a questa surreale dichiarazione, ovviamente falsa. Qualcuno, per sicurezza, prima che venisse a mancare il filosofo alessandrino Umberto Eco, glielo ha perfino chiesto nel 2016. La risposta è stata:

“No, è falso. Non so nemmeno chi siano queste due persone. Sono un dinosauro in fatto di musica, sono rimasto ai Beatles”.

Nello specifico Pete Doherty lo spiega meglio parlando allo Slacker Podcast di Phil Taggart nel 2019, dove dice: “Voglio chiarire questo punto. Stavo lavorando al centro del Trocadero come dimostratore di rane a molla e sapevo che stava succedendo qualcosa perché ho visto telecamere e fotografi e c’era un gigantesco ritaglio di cartone di Noel e Liam, quindi sono andato laggiù”

Doherty specifica ancora nel podcast: “Volevo solo andare in televisione. Mi sono unito alla coda, ho afferrato i ritagli di cartone, stavo facendo queste stupide cose a favore di fotocamera, saltando sul retro di un autobus scoperto con questi ritagli di cartone e poi la mattina dopo correre in edicola pensando che sarei stato in prima linea sul giornale con questi ritagli di cartone…” E aggiunge: “Non stavo facendo la fila per un album degli Oasis. Mia sorella era una grande fan degli Oasis, e in seguito mi sono fissato su di loro e ho capito che erano brillanti, ma all’epoca ero molto più interessato a farmi fotografare sul retro di un autobus con un ritaglio di cartone”

Pete Doherty Likey Lad Book

Dall’autobiografia A Likely Lad uscita quest’anno, lo stesso Doherty ritorna sul discorso; dopo la maturità si era trasferito da sua nonna a Londra che viveva in una casa popolare narrando da quando smise di lavorare al cimitero Willesden dove veniva pagato per riempire le tombe e tagliare l’erba, anche se per la maggior parte del tempo si sedeva sulle lapidi per leggere e scrivere: “Ho lasciato il cimitero quando ho trovato lavoro come dimostratore di giocattoli a tempo pieno per Hamley’s in un negozio temporaneo al centro del Trocadero nel West End, vendendo rane a molla o palle da giocoleria. Questo è durato cinque o sei settimane finché non ho iniziato l’università – venivo pagato £ 125 a settimana. È stato fantastico essere in giro per il West End. Andavo a Tower Records o Piccadilly Circus ed è lì che ho visto la pubblicità per l’uscita del nuovo Be Here Now degli Oasis. Ci sarebbe stato l’in-store, e c’era così tanto clamore al riguardo che ho pensato, ‘questo sarà un buon modo per andare in televisione!’. Fondamentalmente, stavo cercando di ottenere un lavoro come presentatore su MTV. Non ero particolarmente in attesa dell’album – ho avuto solo una piccola citazione carina quando MTV mi ha scelto in coda e mi ha chiesto degli Oasis. Ma solo anni dopo ho visto quella clip che non era andata in onda: era un montaggio tagliato che qualcuno ha visto dopo e che ha deciso di farla uscire quando coi Libertines siamo diventati famosi. Al lancio dell’album degli Oasis, ho anche rubato un ritaglio di cartone di Noel e Liam fuori dal negozio e poi sono saltato trionfante sul retro dell’autobus numero 16 per scappare. Tutta la stampa mi stava fotografando sul gradino posteriore di questo autobus. il giorno dopo ho guardato in tutti i giornali nel negozio all’angolo cercando di trovare la foto, e non era in nessuno di quello. Ero confuso e dispiaciuto”.

Anche se, cercando online, oltre ad aver trovato una fan italiana (quella qua sotto vicina al cartonato di Liam in prima fila – la foto dice si chiamasse Rossella Provenzano), più indietro potete scorgere l’alto Pete Doherty che guarda in favore dei giornalisti che stanno intervistando un fan col cappello blu – quest’ultimo lo vedete nel video più in basso al 39esimo secondo.

L’abbiamo capito: era affatto un fan accanito degli Oasis ma era puro situazionismo e opportunismo. C’è un altro video di BBC Six’o Clock News in cui appare Pete Doherty e vedendo la persona intervistata affianco a lui, ammicca fortemente la camera sorridendo. La massima espressione del significato di “Be Here Now” preso alla lettera, “essere qui adesso”.

In un’altra parte del libro spiega: “Fin dall’inizio ho avuto questa voglia quasi disperata di andare in televisione. Sono quasi arrivato al gioco Generation. Mia madre e io abbiamo fatto un provino alla Bush House, negli studi della BBC a Londra. Dovevamo fingere di essere dei serpenti, che si dimenavano sul pavimento”.

La genialità e la sregolatezza di Pete Doherty assumono una nuova forma, quella di un giovane artista fin dagli inizi assai furbo e determinato nel raggiungere fama e popolarità. Di lì a poco avrebbe fondato i Libertines con Carl Barât che sul finire del 1996 gli era stato presentato dalla sorella maggiore Amy-Jo Doherty che condivideva l’appartamento con Barât. Il resto, più o meno lo sappiamo: Did you see the stylish kids in the riot?

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