Anteprima/Intervista: Ascolta Qualcuno che è andato con Jacopo Lietti (FBYC), il nuovo brano di Generic Animal

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(credit: Guido Borso)

di Nicholas David Altea


Cantare un testo scritto personalmente e un testo scritto da altri ha delle differenze sostanziali. Nel primo caso ci si mette a nudo, praticamente senza nessun filtro e senza nessuna maschera, nel secondo caso qualcosa cambia. Luca Galizia aka Generic Animal (già membro dei milanesi Leute, una giovane band math/emo) è partito in un modo un po’ diverso rispetto a chi di solito si butta in un progetto solista: ha utilizzato non i suoi testi ma quelli di Jacopo Lietti dei Fine Before You Came e attorno ci ha costruito un disco. Tutto è successo molto casualmente. Sta di fatto che il risultato di questa prima avventura in italiano dove Luca ha scritto musiche e linee vocali – (con l’aiuto in fase di produzione di Marco Giudici e Adele Nigro degli Any Other – ha trovato il giusto equilibrio tra riflessi emo, soul, un’elettronica ritmica di sottofondo e una chitarra acustica. A immaginare queste varie parti dicotomiche messe assieme, sembra quasi impossibile possano aver trovato una vita comune, eppure l’album funziona nella sua essenzialità, nella sua perenne imperfezione e nella quotidianità raccontata. Nel nuovo numero di Rumore, nella sezione XXL di Futura tra i 18 nomi su cui puntare in questo 2018, c’è anche Generic Animal.

[Qua sotto, mentre leggete l’intervista, potete ascoltarvi in anteprima un nuovo estratto dall’omonimo album d’esordio di Generic Animal, in uscita per La Tempesta Dischi il 19 gennaio. Qualcuno che è andato è l’ultimo brano del disco, dove potete anche ascoltare i cori di Jacopo dei Fine Before You Came. Se volete vedere live Generic Animal, lo trovate il 20 gennaio da Volume – Dischi e Libri alla Santeria Paladini a Milano]

Tra Leute e Generic Animal c’è un mondo musicale molto ampio che sta in mezzo, ma alcuni punti in comune – diciamo più emozionali – li sento. Quali sono, secondo te, i punti di contatto tra i due progetti?

Una parte legata al background mio e di Carlo – l’altro membro dei Leute con cui scrivo i pezzi con la band. Di fatto io nei Leute scrivo la musica e le linee vocali appoggiandomi sui testi di Carlo. L’impronta mia è entrata nei Leute, ci siamo influenzati l’uno con l’altro e ha portato di sicuro uno scambio molto equo a livello artistico e musicale. Poi io con Generic Animal ho trovato la mia quadra personale e di conseguenza quell’impronta è anche qui.

C’è un’interscambio di flussi artistici tra Leute e Generic Animal?

Esatto, sono due cose differenti ma hanno un germe comune.

I testi del tuo primo album come Generic Animal sono scritti da Jacopo Lietti dei Fine Before You Came. È una scelta un po’ particolare…

È successo tutto in maniera molto spontanea. Quando con i Leute uscimmo con un disco per Legno (l’etichetta di Jacopo) c’era nell’aria di provare a fare un pezzo in italiano ma non abbiamo mai abbracciato l’idea. Poi un giorno Jacopo mi ha mandato un testo e mi ha detto di farci quello che volevo. Era un testo a cui teneva molto ma non lo aveva mai utilizzato. Dopo tantissimo tempo ci ho messo le mani e sono riuscito a scriverci delle linee vocali e delle chitarre; e la cosa mi divertiva parecchio.

Per i Leute hai mai scritto dei testi oltre alla musica e alle linee vocali?

I primi testi delle prime canzoni li ho scritti io, poi questa cosa è stata portata avanti da Carlo, perché mi aveva esposto troppo e reso molto vulnerabile e mi sono un po’ chiuso a conchiglia. Finito il primo disco di Generica Animal però ho iniziato a scrivere dei testi per questo progetto.

Questo processo di non scrittura ti ha quindi dato un po’ di sicurezza?

Sì, mi ha dato sicurezza perché mi ero chiuso in un sistema dove qualcuno scrive e io ci metto la musica.

La parte musicale invece come è venuta fuori?

Idee magari vecchie a cui non avevo mai trovato una collocazione. Grazie ai testi di Jacopo sono poi riuscito a trovare il modo di farli funzionare col cantato in italiano. Ho giocato un po’ con le accordature e man mano che ci lavoravo è venuto fuori un suono più definito. Parto sempre dalla chitarra, comunque.

Hai trovato difficoltà a inserire testi in italiano su un’impianto sonoro molto internazionale, soul e sincopato?

In realtà è stato strano: ho sempre rifiutato l’idea di cantare in italiano poi però farlo con le parole di qualcun altro mi ha dato la stessa sensazione di quando lo faccio coi testi in inglese, o miei o di Carlo. Ci sono state pochissime modifiche al testo, giusto due aggiustamenti e accorgimenti metrici.

I testi che stai scrivendo in italiano che impronta hanno?

Secondo me sono testi più sperimentali, e come detto, per me scrivere da solo in italiano è già di per sé un esperimento. Sono pensieri che avevo lasciato indietro sulle note dell’iPhone prima ancora di fare Generic Animal. Alcuni sono scritti molto di getto come idea ritmica con strofa-ritornello e funziona benissimo. Altri sono un po’ più sofferti ma allo stesso tempo con un idea di canzone, non troppo concettuale: i taglio è sempre quello grafico e quotidiano come quello di Jacopo perché il suo stile è anche i mio con cui mi esprimo quotidianamente.

Le illustrazioni dei singoli che sono uscite, come anche la cover del disco, le hai disegnate tu?

Sì, le ho disegnate io così, per divertirmi. Non hanno un significato per ognuno ma volevo trovare un colore per ogni animale e una forma per ogni canzone.

Te lo immaginavi così il risultato finale del disco?

È stato veramente un viaggio lungo. Quando ho registrato il demo era da solo e l’avevo fatto con GarageBand e non avevo davvero idea di che taglio dargli. Tutti mi dicevano che sarebbe venuto fuori un disco di cantautorato italiano 2017 post-Calcutta o cose così. In realtà non lo è stato, ha queste sensazioni di suonato acustico da cameretta ma poi di fato ha le batterie tutto plasticose e sintetiche. Non avevo proprio idea. Nel Garage Band dell’iPhone suonava in un modo molto brutto ma che allo stesso tempo mi piaceva, poi con Marco Giudici e con Adele Nigro degli Any Others siamo riusciti a creare un sound e ci siamo sorpresi col tempo di quello che ne veniva fuori.

Ad esempio c’è un pezzo che si chiama Interludio che per alcuni versi mi ha ricordato i BadBadNotGood col piano e qualche intermezzo jazz. Come è venuto fuori quel brano?

In effetti questa cosa è vera: i BadBadNotGood sono stati il primo approccio alla musica jazz/hip hop che ho avuto almeno quattro anni fa. È venuto così il brano, un po’ ispirato a loro ma fatto a modo mio perché non sono un musicista jazz. È molto sgraziata e forse ed è proprio per quello che mi piace, per la sua brutalità.

Il pezzo con Jacopo Lietti, Qualcuno che è andato, che chiude anche il disco, come è nato?

È stato l’ultimo che abbiamo registrato l’ultima sera di registrazioni ed è stato stranissimo. Eravamo tutti e due molto emozionati da questa cosa. Lo abbiamo deciso proprio all’ultimo senza pensarci troppo.

Lui ha seguito le registrazioni da vicino?

Ci siamo sempre tenuti in contatto giornalmente ma in studio è passato solo l’ultimo giorno.

Per la resa live come lo avevi impostato?

All’inizio non sapevo assolutamente come suonarlo dal vivo. È stato tutto un esperimento continuo perché avevo sia elementi acustici (la chitarra) che elementi elettronici e questa cosa poi mi ha fatto pensare a tante opzioni. Carlo Zollo, che è il fonico di Generic Animal, è riuscito a raddrizzarmi le idee e farmi capire che si poteva rendere tutto molto semplicemente anche dal vivo e arricchire la mia voce e la mia chitarra anche con un drum pad. Le batterie sono tutte campioni ma sono reintepretabili dal vivo. All’inizio pensavo sarebbe stato molto più difficile – non tanto perché sapessi che suono dovesse uscire – ma proprio per il modo in cui l’avrei suonato.

Anche se attualmente non serve, ci avevi pensato alla possibilità di avere una band dietro?

Ci avevo pensato in futuro di poter riarrangiare tutto il disco e portarlo in giro con cinque persone, ma quello è tutto un altro discorso. Sarebbe un’altra versione o evoluzione del disco.

Con i pezzi nuovi a che punto sei?

Ho già un po’ di canzoni pronte e tanti progetti in collaborazione. Mi son tenuto acceso e attivo dal momento in cui ho cominciato e non mi sono mai fermato. Però ora c’è il disco che uscirà e vediamo come va e dove ci porta in questo percorso.

Oltre al riferimento dei BadBadNotGood c’è qualche altro riferimento che è entrato nel disco, magari dal tuo background più emo/hardcore?

A me è sempre piaciuto l’emo pop e il pop punk americano, da quando avevo tredici anni i Taking Back Sunday, My Chemical Romance o cose così. Certo, sono cose oggi non mi ascolto più su iTunes ma son artisti che son rimasti radicati in me e soprattutto quel modo di esprimere quelle emozioni lì. Da piccolo ho sempre suonato in band emo e hardcore fino a che non sono arrivato ai Leute che sono la versione adulta di questa cosa. Mi porto dietro tutto quello che sono i primi ascolti, come anche gli America Football.

Invece sul fronte più black, soul o hip hop?

In realtà un disco che mi ha realmente aperto a questi suoni è To Pimp A Butterfly di Kendrick Lamar. È un disco importante a livello musicale e culturale.

Redazione Rumore
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