Live report: Slash ft. Myles Kennedy & The Conspirators @ Mandela Forum, Firenze, 17/11/2014

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slash + conspirators

di Davide Agazzi

Essendo nato sul finire degli anni ’70, era naturale che incappassi nei Guns n’ Roses da ragazzino, nel periodo più indicato per diventare fan – nel senso più letterale del termine – di qualcosa o qualcuno.

Magari di una rock band.

Magari DELLA rock band per antonomasia.

Almeno per quelli della mia generazione, ça va sans dire.
Del tipo che possiedi qualsiasi cosa contenga il loro logo, sia esso un disco, una maglietta, o l’immancabile collezione di poster attaccati in camera, praticamente il vero e proprio sogno bagnato di ogni ufficio stampa o uomo di marketing.
Anche perchè, all’epoca, era letteralmente impossibile schivare i loro brani (per non parlare dei video), sia che si trattasse di un qualche implacabile assalto sonoro estratto dal mai troppo celebrato Appetite For Destruction, sia che si trattasse di una smielosa ballad in grado di far stazionare i riff dell’uomo con la tuba anche in orecchie poco educate al rock n roll.

Mi persi il tour di Use Your Illusion perchè era troppo lontano (in realtà credo fosse tipo a Modena, ma all’epoca pareva un altro mondo) e perchè costava uno stipendio (e questo mi par proprio di ricordarmelo bene).
Poi –  dopo –  i Guns fecero quel che fecero, compreso quell’orrido disco di cover con gli spaghetti sulla cover. Sulla fine, o sulla diaspora (se preferite) di Axl e soci sono già stati versati fiumi di inchiostro, quindi non aggiungerò altro sulla cosa.

Quando, attorno alla metà degli anni zero, arrivarono i Velvet Revolver, ovvero i Guns con Weiland degli Stone Temple Pilots alla voce, avevo già riposto il giubbotto di jeans nell’armadio e spostato le coordinate dei mie ascolti verso altre geografie quindi, senza farla tanto lunga, posso dire tranquillamente che li snobbai.

Lo ammetto.

È per questo che lunedì sera mi sono recato al Mandela Forum di Firenze con aspettative miste: da una parte temevo di trovare terribilmente ammuffito un vecchio mito di gioventù, dall’altra c’era il me stesso dodicenne che voleva rifarsi di quel mancato concerto modenese, con la tappa di uno dei tour più chiacchierati della storia del rock passata – contemporaneamente – così vicino e così lontano da casa sua.

Slash, che sale sul palco alle 21.15, è accompagnato dalla sua ultima compagine musicale, ovvero Myles Kennedy (già voce degli Alter Bridge) coi suoi Conspirator. L’idea che mi sono fatto, personalissima ed assolutamente sindacabile, è che il capelluto chitarrista, nel corso degli anni, abbia lavorato per sottrazione riuscendo finalmente nell’impresa di essere l’unica star della situazione. Il tendone che funge da scenografia sul palco non lascia spazio a molti dubbi: il suo nome è scritto a caratteri cubitali, quello degli altri è a malapena leggibile.

Come a dire: lo show è mio, voi limitatevi al ruolo di comprimari.

Che poi è esattamente quello che succede nelle due ore di live nel capoluogo toscano. Slash (a proposito: per lui il tempo sembra non passare, merito solo degli immancabili occhialoni e della tuba?) si lancia in sperticati assoli, qualcuno anche eccessivo (come nel caso di Rocket Queen, dilatata oltre il dilatabile) mentre gli altri tengono il tempo e la ritmica. Myles, bravissimo, è un Axl senza tutto quell’ingombro di ego e problemi che il rocker dell’Indiana si portava dietro: sta al suo posto, canta (benissimo!) quando deve farlo e passa il resto del tempo a giocare col pubblico. Oltre a non avere quel bagaglio di complicazioni possiamo dire, in tutta serenità, che non ha neanche il carisma di Rose, ma questo – nel 2014 – è probabilmente un sacrificio accettabile.

Veniamo alle canzoni: fortunatamente, il nostro guitar hero sceglie di saccheggiare Appetite For Destruction, con Mr Brownstone, Night Train, una tiratissima Out Ta Get Me (cantata dal bassista Todd Kerns), la già citata Rocket Queen, Sweet Child O’ Mine e gran chiusura con Paradise City, cantata a memoria da tutto il palazzetto ed in grado di scatenare un pogo che da queste parti non si vede poi molto spesso.

Tutto molto bello, va detto.

C’è spazio anche per due singoloni dei Velvet Revolver (Slither e Falling To Pieces) mentre il resto dello show è dedicato al materiale più recente, a partire da quel World On Fire uscito giusto due mesi fa.

Anche se le nuove canzoni non sono all’altezza di quelle vecchie, ed anche questo va detto.
Bel concerto, tirato, emozionale ed emozionante: il me stesso dodicenne ha finalmente trovato la pace che andava cercando da quel lontano ’93.
Grazie uomo con la tuba, sei libero di tornare nel poster dal quale provieni.

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