Live report: Appino + Nu Bohemien + Far Glow @ Auditorium Malkovich, Verona, 22/11/2013

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di Francesco Bommartini

Quando arrivo, alle 21 circa, i Far Glow hanno appena cominciato il loro set. Le persone presenti sembrano meno di quelle che effettivamente sono, sparse nella grande sala polivalente di Caselle di Sommacampagna. I suoni giungono forti e chiari. Onesti. Come onesta è la (breve) storia dei Far Glow, fatta di concertini in posti adatti al ruolo di emergenti – quali ancora sono – e di una pausa piuttosto lunga. Mentre suonano si riesce persino a scambiarsi opinioni sulla loro performance. Ma le orecchie non fischiano, ai 4 ragazzi, che continuano concentrati il loro concerto. La band propone un set completamente strumentale, sulla scia di Mogwai e compagnia. Ma lo fa con personalità, giocando con chitarre, tastiere, basso, batteria e percussioni varie. Il risultato è pregevole. Vi dirò di più: sono stati i migliori della serata! Ben tornati e, a questo punto, in bocca al lupo per il disco di prossima uscita.

Mentre il pubblico continua ad entrare con il contagocce, salgono sul palco i Nu Bohemien. E qui, come si dice in gergo, casca il palco. Se la proposta del trio, un rock non entusiasmante cantato in italiano, è comunque divertente, non si può dire altrettanto della qualità del sound che inficia la loro performance. Avete presente la pubblicità dei Quattro salti in Padella? Ecco, qui la padella la si è mancata: siamo nella brace. Chitarra acustica dentro un orange, e basso semiacustico in un ampli da basso elettrico: la frittata è fatta. Tutta l’esibizione dei Nu Bohemien risulta confusionaria, con rientri continui e feed fastidiosi. Peccato.

La differenza, quando sul palco sale Appino – coadiuvato da Enzo Moretto degli A Toys Orchestra – è sostanziale. Si nota immediatamente la professionalità e la sicurezza di due musicisti che girano l’Italia in lungo e in largo. Per lavoro. Perché (anche) questo è, per loro, la musica. I suoni delle due chitarre acustiche arrivano dritti, decisi. Le circa 250 persone presenti sembrano apprezzare. Alcuni, ubriacheggianti, cantano a squarciagola Il testamento piuttosto de il Passaporto e degli altri estratti dall’unico album di Appino (Targa Tenco 2013). Ma si notano anche sbadigli. Proporre lo spettacolo in un posto tanto grande, seppur bello e accogliente come l’Auditorium Malkovich, non aiuta l’intimità della performance. Tanto per capirci, un fuoriclasse del cantautorato contemporaneo come Iacampo (ma potremmo citare Marco Parente e molti altri), solitamente suona in luoghi molto più raccolti. Ma diciamocelo: la grandezza del posto è una scusante. È proprio la qualità delle composizioni a lasciarmi un po’ stranito, con più domande che risposte. La noia si fa largo in più occasioni. Non mancano i pezzi riusciti (1983), ma nel complesso ammetto che le creazioni dell’Appino solista mi hanno generalmente deluso. E la performance acustica, in alcuni casi, toglie carica al disco, a cui hanno partecipato metà Il Teatro degli Orrori, donando all’opera una spinta molto differente da quella che può essere trasmessa in acustico.

Redazione Rumore
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