Depeche Mode a Collisioni: lo spirito e il corpo

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di Paolo Plinio Albera

Guarda tutte le foto del concerto dei Depeche Mode, a cura di Luigi De Palma

“Nell’incantevole cornice delle Langhe Patrimonio Unesco…” Sarebbe improprio iniziare con una frase del genere, perché il paesino di Barolo cambia non poco quando arriva il festival Collisioni. L’“esperienza Langhe” diventa altro da quella notoriamente slow food e slow life che si può vivere negli altri periodi dell’anno. Il piccolo paese si prepara ad accogliere l’arrivo di migliaia di persone, molto più della sua capienza naturale, e grazie a vari stratagemmi logistici riesce a gestire l’affollamento, ripetendo il miracolo anche in questa edizione. Affollate le vie, affollati i localini che versano vino al calice, affollate le terrazze panoramiche delle vinerie di grido, affollata e sold out l’arena dove il 2 luglio è in programma il concerto dei Depeche Mode, anticipati dai Marlene Kuntz.

depeche mode collisioni 2018

“I Marlene Kuntz, originari di Cuneo, giocano in casa…” Anche questa espressione, sebbene scontata, suona un po’ strana. Siamo alla decima edizione di Collisioni, eppure è la prima volta che i Marlene Kuntz, il gruppo più importante di queste parti, compaiono in programma. Lo fanno oggi, annunciati pochissimi giorni prima, ospiti e insieme padroni di casa in un ruolo che vale molto di più di quello di una normale opening band. Iniziano con 111, uno dei pezzi più belli e “violenti” di Uno, e continuano con una scelta di canzoni importanti da tutto il repertorio, anche quello più tardo. Probabilmente molte di queste compariranno nell’evento “Il doppio” in programma a Settembre a Milano. In effetti brani come Io e me, Due sogni, Overflash, sono tra quelli che dei temi del “doppio” covano in grembo le contraddizioni e le molte declinazioni.

marlene kuntz collisioni 2018

“I Depeche Mode, reduci dalla pubblicazione dell’ultimo album Spirit…” Anche questa frase sarebbe da segnare con la tipica antipatica linea ondulata delle imprecisioni. Da Spirit, infatti, i Depeche Mode suonano soltanto due pezzi (Going backwards e Cover me) ignorando addirittura il singolo Where’s the revolution. L’unica Revolution della serata è quella dei Beatles, fatta risuonare dall’impianto subito prima dell’ingresso sul palco. Di John Lennon sia Dave Gahan che Martin Gore sono appassionati, e chissà se hanno ritenuto che le sue parole (“when you talk about destruction – don’t you know that you can count me out”) potessero essere un messaggio sintetico e chiaro che rispecchiasse il loro album “politico” uscito nel 2017. In tempi di barriere e divisioni come questi, d’altronde, il Lennon sognatore e pacifista viene spesso riscoperto, come è accaduto di recente per i Pearl Jam con Imagine

In ogni caso, pochi badano al fatto che ci sia ben poco in scaletta delle canzoni recenti: stavolta il concerto dei Depeche Mode è una sorta di “best of” che pesca tra i successi più amati dell’intera carriera. In pratica, per il pubblico, la cuccagna più golosa. Poco “spirit” e molto corpo, perché il loro frontman è nella forma migliore: danza, provoca e canta in completa confidenza.

dave gahan depeche mode

Dopo l’inizio con Going backwards (Dave Gahan si volta e mostra ai fotografi il suo “backwards”) ci sono It’s no good, A pain that I’m used to, Precious, World in my eyes, e così via un crescendo in cui a ogni classico segue un classico ancora più classico. Un concerto di un’ora e mezza, che non è molto, ma è piuttosto in linea con le abitudini della band, che preferisce puntare sull’intensità che la performance del Gesù personale Gahan costantemente trasmette. Martin Gore riduce a un solo episodio (Somebody) il “momento Martin”, quello strano ed etereo intervallo in cui diventa lui il celebrante sul palco, col suo sguardo saturo di eyeliner, a intonare con voce impostata un pezzo scelto possibilmente tra i più dolenti e lacrimosi. Con Dave Gahan di nuovo al microfono il registro cambia completamente e gli inni della band tornano a farsi corpo, eccitazione, desiderio. Fino alla canzone finale, il cui riff di tastiera è chiamato a gran voce dal pubblico sin dall’inizio del concerto: Just can’t get enough, che è anche la frase giusta che si spiega da sola, dopo un’esibizione esaltante.

dave gahan depeche mode

Guarda tutte le foto del concerto dei Depeche Mode, a cura di Luigi De Palma

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