Intervista ai Verdena: “Non capiamo quello che facciamo”

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Verdena Foto Stampa Paolo De Francesco 2
(Credit: Paolo De Francesco)

Sono passati sette anni da Endkadenz (vol.1 e vol.2) e i Verdena sono tornati con il settimo lavoro della loro carriera, Volevo Magia. Li abbiamo intervistati per farci raccontare tutto: dall’idea di questo disco fino all’esperienza al Festival di Venezia dove è successo di tutto.

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di Nicholas David Altea

Quando si avvicina il fatidico momento di un nuovo album dei Verdena c’è un ribollire di pareri e teorie sin dalla prima nota rivelata. “Troppo leggero”, “Troppo pop”. “Troppo lo-fi”. “Troppo poco pesante” oppure l’opposto di tutto questo, o peggio l’immancabile “Non sono più i Verdena di una volta”. E vien da esclamare “ah dove andremo a finire signora mia!”. Addirittura si critica il titolo del primo brano che decidono di pubblicare, Chaise Longue, perché “ricorda quello delle Wet Leg”. Chiacchiere da social, sia chiaro. Per fortuna sui titoli c’è ancora libertà. Quella che ai Verdena non manca fin dagli inizi: un misto di sfacciataggine – si dichiararono senza motivo nipoti di un membro dei Gaznevada – e genuina allergia a un’industria musicale frettolosa di cui fanno parte a modo loro, senza regole prescritte da rispettare o limiti che li inquadrano definitivamente. Ogni volta è un nuovo mondo nella riservata vita di provincia di un gruppo che vede in lontananza i trent’anni di carriera avvicinarsi. Sembra lontanissimo l’anno in cui cambiarono il nome Verbena – riferito a una pianta – con Verdena, sostituendo la “b” con la “d” vista l’esistenza con lo stesso nome di un gruppo grunge prodotto da Dave Grohl qualche anno dopo la fine dei Nirvana. Il disco in questione degli americani era Into The Pink, marchiato Capitol Records anch’esso come l’ultimo dei bergamaschi – etichetta che ora è incorporata nella Universal.

verdena album volevo magia

In generale, però, l’accoglienza del pubblico riservata ai Verdena loro è sempre quella da “salvatori del rock alternativo italiano” che cozza fortemente con la loro timidezza di dover annunciare sui social che sta arrivando Volevo Magia. La loro inconsapevolezza nel percepire perfettamente ciò che rappresentano oggi e che li circonda, è parte di quella magia che forse rende il tutto ancora naturale. I sette anni che hanno separato Endkadenz (vol.1 e vol. 2) da quest’ultimo lavoro sono un tempo lungo, fatto di grandi pause obbligate, un registratore a bobina che non si può più riparare, le famiglie, i figli e tante altre cose. È cambiato tanto ma non allo stesso tempo non è cambiato niente: sono sempre loro tre che si prendono in giro, si fanno battute, provano a capire quello che è impresso nei primi vinili gialli che maneggiano nella grande sala della Universal dove incontro Alberto e Luca. Roberta è in un’altra stanza per un’intervista telefonica. Ci raggiungerà dopo. 

I Verdena sono una band che sta due passi indietro, che non ama stare al centro dell’attenzione. Come vivete tutti questi momenti fatti di interviste, tavole rotonde e promozioni?

Alberto Ferrari: “È un momento di riflessione, direi… dove per la prima volta parliamo del disco e in qualche modo ci fa capire…” 

Vi aiuta?

Alberto: “Direi di sì. È un po’ sfortunato il primo [giornalista, ndr] perché, ovviamente, noi non capiamo proprio un cazzo alla prima. È tutta una ricerca per capire… poi pian piano vai avanti e impari”.

Cosa capite?

Alberto: “In qualche modo capisci te stesso e la musica che fai. Perché comunque noi non capiamo quello che facciamo, siamo un po’ inconsapevoli di quello che facciamo, secondo me…”.

Quando il disco è terminato, come vivete l’attesa dell’uscita?

Alberto: “Quella è più divertente perché è concluso. Non vedi l’ora che esca per capire anche cosa ne pensa la gente. È interessante”.
Luca Ferrari: “Eh sì…”.

Quante volte avete pensato di ripartire da zero e quante volte avete buttato via e rifatto tutto?

Alberto: “Zero no, però a un certo punto abbiamo deciso di cambiare un po’ il disco. Abbiamo buttato via un sacco di pezzi… ma non proprio buttati via…”
Luca: “Sì, alcuni rimarranno per sempre lì…”

Sospesi…

Luca: “Sì… nel nulla”.
Alberto: “Saranno una quindicina quelli buttati via”.
Luca: “Alcuni anche registrati abbastanza bene”.

Tipo gli ultimi che avete tolto prima dell’ultima scrematura?

Alberto: “Quelli erano anche in italiano. Ce ne sono 3 o 4”.
Luca: “Sì, cantati in italiano, già pronti”.

Quei brani che rimangono fuori fanno sempre una brutta fine o hanno una seconda possibilità?

Luca: “In questo caso quest’anno pensiamo di farne uscire sicuramente due di quei quattro in italiano che sono rimasti”.
Alberto: “Non so come, in qualche modo”.
Luca: “Ci piacerebbe fare un sette pollici”.


Per quale motivo avete scelto Chaise Longue come primo singolo?

Alberto: “Non è il primo singolo”.

So che è sempre difficile scegliere il primo brano per anticipare un disco perché poi la gente tende a crearsi delle attese solo su quello. Come mai questa scelta?

Alberto: “Certo, certo! Il motivo non è stato musicale: la Universal voleva un video, ma fatto ‘easy easy facile facile’ per presentare un pezzo a non so chi. L’idea era di riprendere noi in qualche situazione. Non vedevo nessun altro pezzo che ci potesse star bene e che fosse un po’ ironico… Se avessimo utilizzato Pascolare per il video sul furgone sarebbe stato un po’ strano”.
Luca: “Bisognava trovare un’altra collocazione per Pascolare“.
Alberto: “Chaise Longue si presta perché è un po’ lo-fi come pezzo, anche a livello di composizione… facilona, e anche allegra. A questo non ci avevo pensato però mi piace che la prima cosa uscita sia un pezzo allegro”.

Il disco è molto vario ed è difficile trovare un solo brano che lo racchiuda in sé…

Alberto: “Non c’è un pezzo…”.

Certi Magazine mi ha colpito particolarmente più di altri.

Alberto: “Forse è il più immediato”.

Mi ha riportato, perlomeno come atmosfere, a Trovami Un Modo Semplice Per Uscirne.


Alberto: “Sì? È un pezzo strano… la struttura è veramente folle. Cioè: non è folle, in realtà è che si ripete tantissime volte [apre il vinile e indica il testo al suo interno, ndr] qua è uguale, qua è uguale, qua è uguale, qua è uguale… qua cambia, qua ritorna uguale. È una specie di lagna [ride] però ho cercato di cantarla il più serio possibile per ‘delagnalizzarla’. Mi piace, soprattutto in italiano ha preso il suo perché”.
Luca: “È migliorata”.
Alberto: “Diciamo che è un pezzo che senza quegli arrangiamenti sotto è un po’ un disastro, perché è tutta piatta. È piattume. È un pezzo piatto, così: ‘Tac!’. Ed è anche quello che mi piace del pezzo: è stranamente piatto…”
Luca: “L’abbiamo volutamente fatto senza fil [passaggio di batteria, ndr]
Alberto: “Senza dinamiche, e anche la voce sta giù…”

Entra un po’ sottopelle…

Luca: “Fa quella roba lì, bravo!”
Alberto: “Ed è una jam che ho fatto io con me stesso, a casa. Infatti la batteria fa tun-tun-cha perché è una batteria elettronica. Ed è uguale identica al momento in cui l’ho scritta, non è cambiato niente a parte il testo. Mi capita spesso di fare queste cose, anche se nel disco non così tanto… o sì? Anche Super Acceso è scritta così”.
Luca: “E anche Sui Ghiacciai“.

Certi Magazine e Sui Ghiacciai hanno un qualcosa in comune come atmosfere?

Alberto: “Sono stati scritti durante la stessa session: Chaise Longue, Certi Magazine e Sui Ghiacciai. Avevo fatto tutto in una settimana”.
Luca: “Sì, è una roba fatta da lui”.

Il pezzo più vecchio qual è?

Alberto: “Chaise Longue“.

Volevo Magia è un brano con delle dinamiche molto spinte: parte con un ritmo punk, poi in mezzo c’è un cambio…

[Alberto inizia a canticchiarmi il giro chitarra, ndr]

Poi c’è una parte più stoner tipo Queens of the Stone Age. È un pezzo che forse non ci saremmo più aspettati dai Verdena…

Alberto: “La Roby è quella che in questi casi fa capire se un pezzo è diverso quando dice ‘No, cazzo non possiamo mettere un pezzo così'”.

È una battaglia di equilibri quando dovete decidere quali canzoni tenere?

Alberto: “Una battaglia corta, proprio veloce [Alberto imita Roberta, ndr] ‘Spacca! Fi..! Cosa stai dicendo!?'” [ride, ndr]…
Luca: “Ok, va bene…” [ride, ndr]
Alberto: “Ce n’era un’altra che non doveva andare su disco, forse Certi Magazine non era nelle prime scelte”.

Leggendo la scaletta delle tracce continuavo a trovare scritto Dialobik e ho pensato fosse un errore, invece non lo è…

Luca: “Non volevamo intitolarla proprio Diabolik per via del film, però noi ce l’abbiamo da tanto, è uno dei pezzi più vecchi”.
Alberto: “Il bello è che dopo un po’ che lo leggi non riesci più a dire ‘Diabolik’, è incredibile: Dialobik ma che cazzo!”.

Ogni volta che deve uscire un disco dei Verdena venite visti il più delle volte come i salvatori dell’alternative rock italiano.

Alberto: “Ah sì? Che storia!”

La sensazione è un po’ quella…

Alberto: “Sei pazzo!”

Voi non vi sovraesponete troppo, si crea sempre attesa quando esce qualcosa di vostro…

[Nel frattempo ci raggiunge Roberta che era impegnata in un’altra intervista, ndr]

Alberto: “Eccola!”.
Roberta: “La rompicoglioni è arrivata” [ride, ndr]
Alberto: “Stavamo proprio parlando…”.
Roberta: “…di me, male!”.

Come vivete questa situazione di salvatori del rock alternativo italiano?

Luca: “Non la sapevo questa cosa. Siamo naturalmente gratificati e accresce un po’ l’ansia”.

Non volevo mettervi ansia…

Alberto: “Ecco, potresti evitare” (ride)
Luca: “È una cosa strana: è comunque quello che vorresti perché tutti vogliono andar bene…”
Alberto: “Piacere… [intona un pezzo inventato, ndr] ‘Piacere! Sai! Sai!…”
Luca: “È strano ma fa piacere”.
Alberto: “Gratifica… [canta un altro pezzo inventato] ‘Gratiiiifica!’… sembra un testo dei Laana”.

Verdena Foto Stampa (Credit: Paolo De Francesco) 3
(Credit: Paolo De Francesco)

Passano gli anni e arrivano la famiglia e i figli. Come è cambiata negli anni la vostra routine di band a livello di prove in saletta e di riuscire a trovarvi per scrivere?

Luca: “Cerchiamo di trovarci quando si può”.
Alberto: “Ovviamente coi figli cambia un po’…”
Luca: “Non è che alle sette e mezza di sera dici ‘Ok andiamo avanti fino alle dieci e mezza’”
Alberto: “Io andavo avanti anche fino alle cinque del mattino, però ora lo faccio a casa, fondamentalmente””.

C’è un lavoro più personale fatto in solitaria sui brani?

Alberto: “Soltanto in quei casi di cui abbiamo parlato prima, sennò è sempre tutto molto jammato”.
Luca: “Si scrive insieme”.

C’è mai stato un momento di crisi e di incertezza per i Verdena?

Alberto: “Adesso!” (ride)
Luca: “Forse dopo il covid quando ci siamo ritrovati per scrivere robe nuove. Quel momento era un bel punto interrogativo su quello che sarebbe uscito”.
Alberto: “Io sono sicuro che escano delle robe nuove, figurati se non escono”.
Roberta: “In linea di massima non è che parliamo molto: ci troviamo e suoniamo”.
Alberto: “L’importante è buttare giù più roba possibile ogni giorno”.
Luca: “E poi sei felice”.

Avete fatto una bella scrematura di tracce su questo disco. Su quante avete lavorato?

Alberto: “Erano trenta i pezzi in ballo”.
Roberta: “Con i testi erano diciotto”.
Alberto: “Le altre sono state arrangiate, ma senza testo, e poi vabbè ce ne sono una caterva. Un’altra ventina le abbiamo provate ma sono state abbandonate subito”.

Mi pare ci sia stato un percorso di scelta diverso rispetto a Wow che era un doppio disco e a Endkadenz che era in uscito in due volumi. Volevo Magia è un lavoro più asciutto…

Luca: “È un’idea che abbiamo avuto da subito quando abbiamo iniziato scrivere. Ci eravamo detti che avremmo fatto un disco singolo… poi il doppio te lo fanno uscire un due momenti diversi e non va più bene”.
Alberto: “E poi basta, troppa roba. Secondo me era troppo, avevamo un po’ pisciato fuori dalla tazza”.

Dici?

Alberto: “Con Endkadenz sì, solo che eravamo affezionati ed è dura”.
Luca: “Magari due o tre pezzi potevano rimanere fuori dal quel disco”.

Oggi lo fareste in modo diverso?

Alberto: “Un disco solo”.
Luca: “Uno lungo”.
Alberto: “Sedici o diciassette canzoni. Ne avrei tolte di più perché adesso sono trenta… anzi no, sono ventisei, tredici a disco. Wow ne ha ventisette”.

C’è un brano che sembra più esplicito degli altri, poi magari non lo è. Parlo di Nei Rami

Alberto: “Lo è di brutto, è l’unica veramente esplicita. Però non hanno scritto ‘Explicit lyrics’ quindi non la capirà nessuno ah ah ah…”. [sghignazza ridendo, ndr]

Ti fa un po’ paura quando devi esplicitare qualcosa?

Alberto: “Sì, però lì avevo bisogno di esplicitare ed è stato un po’ strano metterla su disco ‘un’esplicitata’, tanto comunque non capisce un cazzo nessuno, diranno tutti che non vuol dire una sega quindi è perfetto”.

Sulle interpretazioni delle canzoni ormai ci sguazzate così vi evitate tutte le domande sui significati.

[annuiscono e ridono]

Alberto: “Gli altri gruppi rispondono tutti ai significati delle proprie canzoni?”.

Sono domande che non faccio più da un po’.

Alberto: “Io non ho mai visto interviste con uno che chiede il significato di una canzone…”.

Ci sono, ci sono. Poi capisci che l’artista non ti deve raccontare tutto e ognuno trova il valore della canzone e la propria chiave d’interpretazione nel testo.

Alberto: “Direi che è super importante il testo, cazzo, non si può non prenderlo seriamente. Adesso ci metto quasi di più a scrivere un testo che a suonarlo. Più o meno lo stesso tempo: se ci vuole una settimana per il pezzo, ci vuole una settimana per il testo”.

Verdena Foto Stampa Paolo De Francesco 1
(Credit: Paolo De Francesco)

Come l’avete vissuto e come è cresciuto questo lavoro?

Alberto: “Diverso dagli altri. Tanta roba l’abbiamo scritta negli ultimi due anni, forse anche di meno”.

E il titolo del disco Volevo Magia da cosa arriva?

Alberto: “Io. Passato. Magia”.
Luca: “Ha un suo perché più che con la musica, con i testi. Ci sta”.
Alberto: “Mi piace, non è un titolo normalissimo. E poi è bello avere per la prima volta un pezzo che si chiama come il disco, tipo Let It Be“.
Luca: “Ci piaceva anche perché è una canzone che non c’entra molto col resto. Se fosse stato X Sempre Assente non avremmo potuto titolarlo così”.
Alberto: “Esatto, proprio per sottolinearlo. In qualche modo funziona. E poi c’era anche il VII: settimo disco, sette anni”.

Torna spesso il sette nei Verdena. C’è un significato?

Alberto: “Ha che fare con Syd Barrett…”
Luca: “E i Velvet Underground”
Alberto: “E l’I-ching o I king o come cazzo si pronuncia. È bello leggere quelle frasi tipo ‘7 è il numero della giovane luce…’. Ce ne sono un casino di 7 nell’I-ching”.


Poi nella chiacchierata extra alla round table escono ancora due cose interessanti alle domande che gli pongo. L’ultima domanda scoperchia un divertente vaso di Pandora di ciò che è successo a Venezia, nel 2021, in occasione della presentazione del film dei fratelli D’Innocenzo, America Latina, la cui colonna sonora è stata scritta dai Verdena che hanno anche pubblicato in formato fisico nel 2021.


C’è un brano che ha richiesto più tempo degli altri per essere concluso e trovare la quadratura?

Alberto: “Di base abbiamo voluto mettere i pezzi che ci riuscivano subito e scartare quelli che ci riuscivano difficili. Doveva essere molto immediato. Sino A Notte ha avuto un po’ di problemi perché è strana, ma perché era difficile ricrearla in sala come la volevamo, quindi abbiamo aggiunto un loop per riuscire a farlo”.
Roberta: “Volevo Magia aveva tutt’altra veste fino a pochi mesi prima di chiudere il disco, ma probabilmente nella versione in cui l’avevamo scritta l’avremmo tenuta fuori. Così, per gioco, è saltato fuori di farla in questa versione hardcore e poi da lì ci siamo detti ‘Perché non la registriamo seriamente in questa versione più veloce?’ Così è entrata nel disco. Abbiamo la versione a casa, originale e senza testo. Anche Dialobik per un bel periodo è rimasta a metà perché non riuscivamo a concluderla”.
Alberto: “Semplicemente in Dialobik abbiamo tolto un bel pezzo e a quel punto funzionava. Abbiamo tolto una strofa intera. È il disco più spontaneo, che doveva venire fuori è basta. Tranquillo”.

Come è andata l’esperienza al Festival di Venezia lo scorso anno?

Alberto: “Bella, sì: preso un appartamentino, fatto il giro ma che stanchezza alla sera, cazzo. Poi sempre ‘sto sole”.
Roberta: “Un’esperienza abbastanza disastrosa…”
Alberto: “Io e Luca non siamo riusciti a entrare”

In che senso non siete riusciti a entrare?

Alberto: “Lei è passata easy easy perché è donna, bellissima, vestita da dio…Non dovevo dirlo? No dai, poi ci vengono a cercare?”.
Roberta: “Stavano fumando una sigaretta sul red carpet, la security li ha ripresi, si sono battibeccati e la sicurezza gli ha detto ‘voi non entrate’”.
Alberto: “Hanno fatto tutto loro, almeno che tu non abbia fatto qualcosa con la security” [rivolgendosi a Luca, ndr]
Luca: “Io ho fatto il dito medio quando si erano già spinti oltre”.
Alberto: “Ah, lui ha fatto il medio. A me hanno spinto perché cercavo di difendere te…”.
Roberta: “Alla fine l’ho visto solo io il film perché volevo sentire ‘sta cavolo di colonna sonora e in e definitiva c’è un minuto di musica”.
Alberto: “Poi noi siamo andati a bere all’hotel 5mila stelle…”.
Luca: “Abbiamo speso diecimila euro”. (ride)
Roberta: “Anche Manuel Agnelli non era riuscito a entrare e anche lui ha litigato con la security”.

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