Il messaggio di Frank Ocean dopo la sparatoria di Orlando del 12 giugno

Date:

frank ocean

Una delle notizie più drammatiche degli ultimi mesi è arrivata poco più di una settimana fa, domenica 12 giugno, giorno in cui il ventinovenne statunitense di origine afgana Omar Mateen ha ucciso 49 persone ferendone altre 53 all’interno del Pulse di Orlando. Quella che è già passata alla storia come la più grande sparatoria della storia degli Stati Uniti ad essere causata da un solo individuo, ha riacceso il dibattito sull’uso delle armi nella nazione e sull’intolleranza nei confronti della comunità LGBT. Proprio su quest’ultimo argomento è intervenuto Frank Ocean, uno dei primi artisti provenienti dalla scena hip hop/R&B a fare coming out. Qui sotto trovate la traduzione dell’intero messaggio pubblicato dal cantautore sulla sua pagina Tumblr:

Ho letto nei giornali che i miei fratelli son stati gettati dai tetti, bendati e con le mani legate dietro la schiena, per aver violato la legge della Shari’a. Ho sentito che le folle lapidano questi uomini caduti se si muovono ancora dopo aver toccato il suolo. Ho sentito che è in nome di Dio. Ho sentito anche il mio pastore parlare per Dio, citando le sacre scritture del suo libro. Parole come “abominio” hanno iniziato a bruciarmi la pelle come olio bollente, quando è andato avanti a descrivere il lago di fuoco in cui Dio mi vorrebbe. Ho sentito dai notiziari che le conseguenze di un crimine d’odio hanno lasciato pile di corpi su una pista da ballo questo mese. Ho sentito che l’assalitore si è finto morto tra tutte le persone che ha ucciso. Ho sentito notizie che affermavano fosse uno di noi. Avevo sei anni quando ho sentito mio padre chiamare “frocio” la cameriera transgender che ci stava servendo, mentre mi trascinava fuori da un ristorante del quartiere dicendomi che non saremmo stati serviti perché lei era sporca. Quello è stato l’ultimo pomeriggio in cui ho visto mio padre e la prima volta che ho sentito quella parola, credo, anche se non mi scioccherebbe se non fosse così. Molti ci odiano e vorrebbero che non esistessimo. Molti sono infastiditi dal nostro volerci sposare come chiunque altro o voler utilizzare la corretta toilette come chiunque altro. Molti non ci vedono nulla di sbagliato nel tramandare gli stessi vecchi valori che hanno portato migliaia di ragazzi alla depressione suicida ogni anno. Così diciamo “pride” (orgolgio, ndr) ed esprimiamo l’amore per chi siamo e per ciò che siamo. Perché, onestamente, chi lo farà altrimenti? Fantastico sull’idea che magari tutte queste barbarie e tutte queste trasgressioni contro di noi siano reazioni uguali ed opposte a qualcosa di migliore che sta succedendo in questo mondo, qualche forte ondata di apertura e risveglio da queste parti. La realtà in confronto appare grigia, cioè né nera né bianca, e anche triste. Siamo tutti figli di Dio, ho sentito. Ho lasciato i miei fratelli fuori da tutto questo e ho parlato direttamente con il mio creatore, e credo che mi somigli molto. Se io, essendo me stesso, fossi più bravo a rimanere distaccato dalla mia storia in un modo in cui io, essendo me stesso, non riuscirei mai. Voglio sapere cosa sentono gli altri, ho paura di saperlo, ma voglio sapere cosa sentono tutti quanti quando parlano con Dio. I pazzi sentono la sua voce in modo distorto? Gli indottrinati sentono tutta un’altra voce?

PIÙ LETTI

More like this
Related

I Gastr Del Sol tornano dopo 26 anni con un nuovo album

We Have Dozens Of Titles è la raccolta di inediti e live che segna il ritorno dei Gastr Del Sol a 26 anni dall'ultimo album

Ascolta in anteprima l’EP di Simone Bertanza, Jammin’ On The River

L'esordio del chitarrista e cantautore Simone Bertanza si intitola Jammin’ On The River

In arrivo un nuovo documentario e un libro sui Beach Boys

The Beach Boys è il documentario sulla storica band californiana che si potrà vedere su Disney+

Yard Act, leggi un estratto dell’intervista e ascolta l’album

Where's My Utopia? è il secondo album degli Yard Act, protagonisti della copertina di Rumore di marzo