Live Report: Warpaint @ Hammersmith Apollo, Londra, 26/03/2015

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Warpaint 1

Di Stefania Ianne

Di ritorno da un viaggio lunghissimo, sono indecisa fino all’ultimo minuto se ho voglia di vedere le Warpaint questa sera. Le Warpaint sono un gruppo molto in voga. Californiane, quattro ragazze in formazione tradizionale: basso, batteria, due chitarre, due voci principali ma i contributi vocali sono spesso collettivi. La formula sembra rock ma l’apparenza inganna. La musica non è mai dura, i ritmi non sono mai elevati. Le voci sono armoniche, più Cocteau Twins piuttosto che Courtney Love. Al secondo disco, l’omonimo Warpaint è stato recensito in maniera contrastante dalla stampa musicale. Le componenti individuali sono di alto livello, sotto la direzione di Flood. Il risultato finale forse delude le attese. Voglio verificare, sono curiosa. Le Warpaint sono a Londra a conclusione del tour mondiale. Il concerto originale si sarebbe dovuto tenere a novembre. La location è l’Apollo di Hammersmith: la scelta del locale è ambiziosa. Una sala art déco dall’aspetto molto teatrale. Una delle sale storiche di Londra, meno merlettata rispetto alle altre, ma più spaziosa. Anzi enorme. Acquisto il biglietto a due ore dal concerto. Il parterre non è disponibile, ma non ci sono problemi per la balconata. Non ci sono mai stata. Il ricordo che ho dell’Hammersmith Apollo è buio e appiccicoso. Sono sorpresa di trovare un elegante bar architettonico mentre salgo le scale. A Londra gli spazi sono sempre ristretti, claustrofobici, qui è tutto il contrario. I soffitti sono enormi, lo spazio è colorato, in netto contrasto con la facciata e i bassorilievi piuttosto austeri che ci guardano dalle pareti. L’enormità dello spazio è ancora più evidente quando raggiungo la balconata infinita, in altezza e in grandezza.

Warpaint 2

Sono in perfetto orario, il gruppo di spalla inizia dopo pochi minuti. Batteria e basso suonati dai gemelli Fletcher e Wyatt Shears ovvero The Garden. Iniziano con un approccio rockabilly piuttosto sorprendente, piuttosto datato. Il batterista tiene il ritmo elevato, il bassista alla voce ha una atteggiamento piuttosto sfrontato. Inizio a fare attenzione alle parole, non hanno senso, sembrano rime per bambini, tendenzialmente demenziali. “I’m so happy I’m in my place, look at the rainbow across his face”, il cantante declama prima di attaccare con il basso. I movimenti sono esagerati. Inizio a chiedermi se facciano sul serio. “Have you ever seen an apple walking about?” Il cantante ci chiede e inizia a dimostrare la camminata demenziale di una mela sul palco enorme. Mentre annoto queste parole mi accorgo che sul palco i due sono diventati isterici. Hanno abbandonato gli strumenti. Il batterista corre forsennato mentre il cantante si contorce al suolo. Iniziano a declamare in stile rap. La musica veloce continua prodotta artificialmente. Wow. Mi cade la mascella. Quando i due ritornano alla batteria e al basso, non ci credo più che il suono sia prodotto dagli strumenti, “I wanna drink his soul tonight” il cantante ripete ossessivamente. Finiscono il loro set punk/cabarettistico ringraziando Warpaint per aver dato loro l’opportunità di aprire i loro concerti durante il tour mondiale.

“What did you make of that?” mi chiede il ragazzo seduto alla mia destra. Che cosa ne penso? Mi chiedo cosa centrino con Warpaint. L’atmosfera che hanno creato è sconcertante. Sicuramente hanno un gran seguito a giudicare dagli applausi. Scopro in seguito che il loro punk concettuale è molto alla moda, letteralmente. Forse non colgo l’umore demenziale della reincarnazione di John Cleese al basso nel ministero delle camminate demenziali.

L’intervallo mi sembra più in linea con la serata che ci attende. Classici della musica inglese vengono urlati dagli altoparlanti mentre il palco viene preparato. I Cure con Close to Me, gli Smiths con Big Mouth Strikes Again. Funnel of Love dalla colonna sonora di Only Lovers Left Alive, con la voce graffiante di Madeline Follin, creano l’atmosfera.

warpaint 3

I preparativi sono lunghi ma finalmente le Warpaint sono sul palco. Alle spalle una gigantografia della copertina dell’omonimo Warpaint. Un serpente di luci led blu evidenzia la presenza delle musiciste. La batteria è elevata ma in quasi totale oscurità mentre la silhouette di Stella Mozgawa si muove sensuale, immaginata piuttosto che vista. Al centro il basso di Jenny Lee Lindberg, il sorriso stampato sulle labbra, capelli rosa, jeans e scarpe da tennis. Una maglietta scintillante l’unica vistosa concessione allo show business. Alla sua sinistra la chitarra di Theresa Wayman maglietta scollata a righe, mini e anfibi. A destra l’altra chitarra intermittente di Emily Kokal. Sin dall’inizio del concerto l’atmosfera è rilassata. La Lindberg suona il basso come un bassista reggae e si muove leggera nella propria posizione centrale. Il pubblico è giovane, educato, si balla a stento nell’atmosfera ovattata. L’impressione che ne ricavo è monotona, le due voci principali sono piuttosto simili, la Wayman suona la chitarra come se fosse un sintentizzatore. La Kokal abbandona la propria chitarra troppo spesso, preferisce vocalizzare. L’inizio del concerto è troppo piatto, troppo ripetitivo. All’inizio l’emozione più forte viene data da una caduta improvvisa di Theresa Wayman. Durante Love is to Die abbandona la chitarra per cantare e salta nel pit per raggiungere e toccare il pubblico dalle barriere. Il ritorno sul palco è poco lusinghiero. In corsa verso il microfono inciampa per un movimento improvviso del roadie intento a recuperare il cavo del microfono. La Wayman inizia a volare. Rimbalza in piedi e raggiunge il microfono veloce. “There I was trying to look cool” ride come un’adolescente imbarazzata al microfono. Le Warpaint sembrano felicissime di essere sul palco, di essere le Warpaint. È evidente che si stanno divertendo, forse ancora sorprese della fama improvvisa. L’unica componente del gruppo a sembrare distaccata e pensierosa è Emily Kokal. Il concerto non sembra mai decollare ma sicuramente migliora con l’attacco di Elephants seguita da Disco//Very. Ma la Kokal continua ad apparire piuttosto assente. Persa nella melodia. Si lamenta delle luci intrusive. La Wayman è l’unica a mantenere il dialogo con il pubblico.

Il momento dell’encore arriva fin troppo veloce. Una tastiera viene portata sul palco per l’anteprima dal vivo di Son armonizzata a cappella dalle voci in ginocchio sul palco, il resto degli strumenti dimenticati. Il resto dell’encore continua ancora piatto nella formazione tradizionale. Concludono con una versione irrilevante di Krimson. Mi trovo nel traffico dei lavori notturni di Hammersmith quasi senza rendermene conto.

Setlist:

Warpaint
Undertow
No Way Out
Composure
Love is to Die
Intro
Keep it Healthy
Teese
Elephants
Disco//Very
Bees
Biggy

Encore:

Son
I’ll Start Believing
Burgundy
Krimson

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