Intervista: Samaris

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di Antonella Frezza

Si aiutano a vicenda Jófríður e Áslaug durante l’intervista, quando a una delle due non viene in mente una parola in inglese la chiede all’amica nella loro splendida lingua islandese. Sono rispettivamente la cantante e la clarinettista dei Samaris, giovanissimo trio di Reykjavík che ha esordito con un album omonimo lo scorso anno e che a breve pubblicherà il seguito Silkidrangar: un singolare connubio tra beat elettronici, melodie al clarinetto e vecchie poesie islandesi che ricreano paesaggi sonori oscuri ed atmosfere ipnotiche. All’appello manca il terzo Samaris, Þórður detto “Doddi”, che ha lasciato il passaporto non si sa bene dove: «Si dimentica sempre tutto, è un disastro» mi spiegano divertite le compagne di band.

Durante la chiacchierata con le ragazze si parla ovviamente del nuovo lavoro, ma anche ed inevitabilmente della loro terra d’origine e della loro bella quanto difficile lingua, e io finisco per confessare di aver provato ad imparare qualche parola con delle lezioni su internet ma con scarsissimi risultati, facendo balenare in Áslaug un’idea brillante: «Potremmo scrivere una canzone per aiutare la gente ad imparare l’islandese, si chiamerà “Learn Icelandic in one song”!». Chissà che non diventi una hit da classifica…

Partiamo dall’inizio: vi siete formati ufficialmente nel 2011, raccontatemi un po’ com’è andata.

Jófríður: Esatto, è stata un’idea mia e di Áslaug quella di formare la band. Ci annoiavamo e volevamo fare qualcosa che ci permettesse di ballare e indossare costumi e vestiti strani, divertirci insomma. Allora abbiamo contattato Doddi che faceva musica tecno ed elettronica, generi che noi ascoltavamo ma che non sapevamo suonare. Lui è stato molto positivo e quindi abbiamo iniziato a sperimentare insieme. Da queste prime prove sono poi nati i Samaris.

Voi due invece che background musicale avete?

Áslaug: Abbiamo studiato entrambe musica classica per circa dieci anni, abbiamo terminato la nostra formazione la scorsa primavera. Io ho sempre suonato il clarinetto, Jófríður all’inizio suonava musica folk alla chitarra e il piano mentre a Doddi piace soprattutto lavorare al computer.

Quali sono le differenze principali tra il vostro album di debutto, che in realtà era una collezione di due vecchi ep usciti per il mercato islandese, e il nuovo Silkidrangar?

Jófríður: Come hai detto tu il primo album in realtà comprendeva due ep già precedentemente pubblicati, Silkidrangar invece è unalbum nel vero senso della parola, pensato dall’inizio alla fine come un’opera unica. È più oscuro e anche più variegato e dettagliato nella ricerca dei suoni, rappresenta l’evoluzione naturale della nostra musica rispetto ai primi lavori.

Per le liriche avete usato di nuovo vecchi poemi della tradizione islandese come nel precedente?

Áslaug: Sì, ci piace usare le poesie islandesi per i testi invece che scriverceli noi!

Le tenete così come sono o dovete adattarle alla musica?

Jófríður: A volte capita di doverle adattare, invertire i versi o saltare delle parti. Ci sono molte poesie che parlano di religione, quelle parti preferiamo tagliarle. Ci prendiamo qualche libertà insomma, alla fine i poemi sono di dominio pubblico, appartengono al popolo, non credo che qualcuno se la prenderà!

Quindi non vi preoccupa il fatto che a parte i vostri connazionali nessuno capirà quello che dite!

Jófríður: No, le nostre canzoni ci piacciono così, ci piace come suonano le parole. Una canzone pop non deve essere per forza cantata in inglese, le persone possono semplicemente ascoltare, divertirsi e godere della musica come preferiscono anche se non capiscono i testi. Oppure possono sempre imparare l’islandese!

Come no! È una lingua stupenda ma difficilissima la vostra. A proposito, Samaris è per caso una parola islandese?

Jófríður: No, non credo abbia un significato preciso, è il nome di un personaggio femminile di un fumetto che si chiama Phantom, penso sia molto vecchio ma non ne sappiamo molto. Ci piaceva la parola.

samaris Silkidrangar

Invece la cover del disco come l’avete scelta?

Jófríður: L’abbiamo scelta perché racchiude delle forme particolari, potrebbero sembrare dei visi oppure un leone dorato, ma in realtà non si riesce bene a capire di cosa di tratta. Non è direttamente relazionata alle canzoni dell’album. Penso sia un’immagine che trasmette al tempo stesso un senso di grazia e potenza.

Come le scrivete le vostre canzoni?

Áslaug: Di solito lo facciamo tutti insieme ed è una cosa semplice, veloce e naturale per noi. Il problema non è scrivere ma riuscire ad incontrarci per farlo! Siamo molto impegnati: abbiamo la scuola, suoniamo in altre band…

Jófríður: Partiamo da un’idea o da un suono e poi da quello sviluppiamo la canzone, un po’ alla volta tiriamo fuori gli accordi, le linee di basso, io cerco la melodia vocale e le parole e Áslaug aggiunge le parti col clarinetto. Quando abbiamo una sorta di idea generale schiacciamo “play” e iniziamo a registrare tutto fin quando la canzone assume la forma che ci soddisfa di più. Spesso prima di registrare la versione definitiva ci piace provare un brano dal vivo e vedere la reazione del pubblico.

Di recente avete aperto i concerti di John Grant in UK. Com’è andata?

Áslaug: Benissimo! Abbiamo suonato in posti molto più grandi di quelli a cui siamo abituati. Ci siamo divertiti molto perché non era una situazione “seria” come suonare in un tour dei Samaris, il nostro set durava circa mezz’ora e poi potevamo divertirci e spassarcela. È stato bello.

Che generi musicali ascoltate a parte l’elettronica?

Áslaug: Classica, folk, musica minimalista, non abbiamo dei generi ben definiti, ci piace ascoltare di tutto. Forse l’unica cosa che ancora non riusciamo proprio ad apprezzare è il jazz. Non voglio dire che non ci piaccia, è solo che ancora non ci siamo prese del tempo per avvicinarci e capire davvero questo tipo di musica.

samaris 1

Tu Jófríður suoni anche in un duo folk insieme a tua sorella…

Jófríður: Sì, ci chiamiamo Pascal Pinion, abbiamo pubblicato un album nel 2012 e poi siamo andate in tour, ma non ci prendiamo molto sul serio. È un progetto che abbiamo iniziato quando eravamo piccole per puro divertimento, avevamo un sacco di canzoni e ci sembrava un peccato non pubblicarle. La prossima estate uscirà un nuovo disco, vediamo come va.

Chi sono i vostri musicisti islandesi preferiti?

Áslaug: al momento ci piace tantissimo una musicista molto divertente e creativa che si chiama Dj Airplane and Spacecraft, è una ragazza con computer e luci da discoteca che racconta storie tra un brano e l’altro. È molto popolare in Islanda.

Di Ásgeir che mi dite? È giovane e islandese come voi e siete anche sotto la stessa etichetta.

Áslaug: Certo, anche lui ci piace molto. È un nome molto chiacchierato in questo momento, solo che non l’abbiamo ancora incontrato di persona.

Ma com’è la vita su da voi in Islanda? Me lo immagino un posto tutto tranquillità e quiete…

Áslaug: Noi viviamo a Reykjavík che al momento è presa d’assalto dai turisti. Sono un po’ spaventata per quello che potrà succedere in estate!

Jófríður: È un po’ triste pensare che stanno costruendo tutti questi hotel e strutture in centro per accogliere i turisti e contemporaneamente stanno chiudendo locali e centri culturali. Siamo preoccupati del fatto che la città possa perdere quella tranquillità e quel fascino che la contraddistinguono e diventare una meta in un certo senso “commerciale”. È un periodo particolare per l’Islanda, stiamo entrando in una nuova fase per il nostro paese. Ma alla fine Reykjavík è la nostra casa, abbiamo sempre vissuto lì e la ameremo sempre, è come vivere in un paesino ma avere comunque tutti i confort e le possibilità che ti offre una capitale.

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