Live Report: Baths + Machweo @ Mattatoio, Carpi, 30/10/2013

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baths

di Elia Alovisi

Non ero mai stato al Mattatoio di Carpi. A Milano, nella stragrande maggioranza, gli ARCI più “concertistici” sono ben lontani dal centro. Qua, invece, siamo praticamente nella piazza principale della città, in uno stanzone in muratura scandito da finestroni ad arco con un cortile esterno pieno di sediole e divanetti. Decisamente suggestivo e piacevole. Mi accolgono nel locale le note di Home di Machweo, che ha appena iniziato il suo live set. Il giovane produttore italiano ha all’attivo un ottimo disco d’esordio, Leaving Home, di cui snocciola diversi estratti contribuendo non poco a mettere nel mood giusto i presenti. Non dico che abbiamo di fronte il Four Tet di Rounds e There Is Love in You – la maturità è alla fine del viaggio – ma l’impressione generale è quella. Beat rilassati, sample avvolgenti, molta giocosità. Esaltazione massima, da parte mia, per il riff principale di U Stronger.

Will Wiesenfield, aka Baths, è invece il classico americanone simpaticone paffutello. Braghine corte, magliettina scollata, barba, occhiali con la montatura trasparente e si vola. Sul palco sono in due, di fronte hanno una quantità indefinita di tastiere, PC, mixer, microfoni e aggeggi vari. Ah, e una chitarra. Il primo pezzo è Miasma Sky, ed è subito muro di suono. Ma quello che porta Baths ad un livello superiore – personalissima opinione – sono la versatilità della sua voce e dei suoni che produce. Mi spiego: nonostante tra una canzone e l’altra il suo timbro sia – diciamolo – normale, con un microfono davanti Wiesenfield sclera. Va in altissimo senza (quasi mai) stonare, ogni tanto grida (soprattutto sul COME AND FUCK ME di No Eyes, tanto per sottolineare il tutto), pigia tasti e alza levette modificando tutto ciò che gli esce dalle corde vocali. Intanto, il suo compagno Morgan Greenwood gli fa i cori, suona la chitarra e smanetta tra mixer, pad e synth vari. La scaletta è centrata principalmente attorno ai brani di Obsidian, accolti caldamente da un pubblico fortunatamente non nostalgico (se non per Lovely Bloodflow, ma d’altronde i primi pezzi del primo disco di chiunque di solito sono quelli che han sentito tutti).

Essendo quello che abbiamo di fronte un live show, vanno citati gli intermezzi tra un pezzo e l’altro e le modifiche che Wiesenfield esegue sui suoi pezzi. A un certo punto, scatta un vocoder che neanche i Daft Punk. Dieci secondi dopo, come se nulla fosse, si scatena un caos che fa fischiare le orecchie a Merzbow. I volumi vengono alzati e abbassati in modo molto originale, dando un feel stranamente danzereccio al tutto. E ci si lascia trasportare fino a No Eyes, a cui è affidata la chiusura dello show (non prima di un mini-intermezzo che riprende quel colpo al cuore che è la melodia di piano di Palatial Disappointment/Iniuria Palace).

Il pensiero che mi è venuto, guardando Wiesenfield e Greenwood sul palco del Mattatoio, è stato che la teoria per cui chi fa elettronica e/o il DJ non sia un musicista in quanto non suona strumenti “veri” è quanto di più lontano dalla realtà possa esserci. Dato che io, che suono la chitarra e basta, manco saprei dove sbattere la testa per iniziare a produrre suoni come quelli di Baths. E, da ieri sera, è come se avessi una certa voglia di scaricare Ableton.

A breve, l’intervista di RUMORE con Baths. Nel frattempo, qua sotto, il video di una sua performance live per la stazione radio americana NPR.

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