di Francesco Bommartini / foto di Sonia “Nietta” Cadavero
Classe 1977, nata a Montepulciano, cantautrice conosciuta soprattutto (solo) per la sua militanza nei Baustelle. Rachele Bastreghi è questo, ma pure collaborazioni con Virginiana Miller e Dellera. Considerata affascinante da miriadi di indie-fan, si concede con parsimonia, specie ai media. Fedele scudiera in tal senso Gibilterra Management. Ma, con l’ok della Latteria Molloy, sono andato ad indagare sul luogo del delitto. Il primo di una breve serie, in cui presenterà le armi costruite da sé.
Rachele non fa surf. Piuttosto si adagia, con maestria, su ondate che riportano alla mente la canzone d’autore italiana più chic degli anni ’70. È una Patty Pravo d’antan seduta dietro ad una tastiera. Sicura di sé fin da subito. Da quando sale sul palchetto della Latteria Molloy di Brescia in camicetta bianca. Tanti i sorrisi, timidi come data zero comanda, regalati ai circa 150 presenti. Il suo ep d’esordio Marie sembra essere piaciuto parecchio. Il dischetto è composto da cinque inediti e due cover, poco per coprire uno spettacolo. Ma la Bastreghi è conscia di avere altre frecce al suo arco, tra cui quelle – infuocate – contenute nella faretra dei Baustelle. Di cui, invero, non abusa. Preferisce rendere omaggio alla Divina Pravo con una versione riuscitissima di All’inferno insieme a te, che live perde un po’ della dolcezza riscontrabile su platter ma vince comunque. Tanto che la stessa Bastreghi ammette sul palco: “Peccato non l’abbia scritta io”. Ma va altrettanto bene con la riproposizione di quelle perle, quelle sì a sua firma, che rispondono al nome di Senza essere, Folle tempesta, Mon petit ami du passè.
Risalta immediatamente all’orecchio la maestria compositiva. I brani funzionano e, pur legati a retaggi ben riconoscibili, convincono. Quanti possono dire altrettanto oggi? Quanti nascondono dietro fuffate mancanze d’idee? La grandezza però sta anche nel saper comunicare bene. E Rachele Bastreghi si è circondata di strumentisti di livello. Primo tra tutti l’eccellente Giovanni Ferrari, chitarrista di pregio in continuo equilibrio tra gli effetti. La sua Jaguar illumina le canzoni senza sfocarle, lasciandogli anche la libertà di poggiare le mani sulla tastiera. Altrettanto bene gli altri musicisti, tra cui l’ex batterista de Le Vibrazioni Alessandro Deidda. I suoni giungono chiari, definiti, belli. Il pubblico apprezza, attento. I baristi preparano birrette, cocktail e riscaldano pizze. Il concerto fila liscio, fino al ritorno sul palco per i bis. Un tris, in questo caso. La Bastreghi propone anche Mi trovo nuovo degli Afterhours, che la stessa lungocrinita voce dei Baustelle ha interpretato nella versione 2.0 del classicone Hai paura del buio?. Riuscita, ma mai quanto Revolver, traccia della band madre che Rachele suona tra l’entusiasmo della folla.