Live Report: James Lavelle’s Meltdown Festival @ London Southbank Centre 13-22/06/2014

Date:

Homme-Lanegan-Troy

di Stefania Ianne

Mark Lanegan 14/06 and Joshua Homme 16/06.

Siamo quasi in estate, la stagione dei festival all’aperto è cominciata. Fin troppi festival dappertutto e un numero sempre più alto di nonentities diventano headliners, senza un motivo particolare, per calcolo commerciale piuttosto che per merito artistico. Il Meltdown Festival di Londra si dimostra ancora una volta un’eccezione per i pochi fortunati che riescono ad aggiudicarsi i biglietti. Ogni anno il Meltdown viene organizzato dal Southbank Centre, sulla riva sud del fiume a pochi passi da quello che è diventato il triangolo turistico per eccellenza: le case del parlamento, il London Eye e il Dungeon. Il Southbank è un’oasi culturale vicinissima ma allo stesso tempo lontanissima dall’incubo turistico.

A differenza degli altri festival, gli artisti che prendono parte al Meltdown sono scelti da uno di loro. Storicamente Nick Cave, Morrisey e Patti Smith si annoverano tra gli organizzatori, per un rituale che si ripete da 21 anni. Quest’anno è la volta di James Lavelle: una forza innovativa nel panorama musicale mondiale a partire dagli anni novanta, parte degli UNKLE, DJ, creatore dell’etichetta Mo’Wax, collaboratore per eccellenza. Descritto sulla stampa nazionale popolare come il curator più oscuro che abbia mai organizzato il Meltdown festival, quest’anno fatto in maggioranza da una serie di oscuri DJ sets di musica elettronica e Chrissie Hynde come il top act del festival.

Insomma una delusione mortale, right? Wrong, totally wrong.

Il Southbank pulsa di creatività con installazioni artistiche e la musica degli UNKLE in sottofondo. La mostra/celebrazione dell’etichetta Mo’Wax Urban Archeology è un po’ povera in contenuti, ma dappertutto nel centro culturale ci si può unire a DJ sets gratuiti o a delle discussioni informali mirate alle future generazione di artisti. L’atmosfera è anticonformista e vitale. E poi la musica…

Scelgo due serate uniche e indimenticabili. Due set acustici. La prima serata, sabato 14 giugno, un set intenso di Mark Lanegan accompagnato da Jeff Fielder alla chitarra. La seconda serata, lunedì 16 giugno, un altro set acustico e altrettanto intenso di un inedito Josh Homme. Durante la prima serata tra il pubblico sono sorpresa di vedere l’arrivo di PJ Harvey. Inaspettatamente prende posto nella fila davanti alla mia. Spero si unisca a Lanegan sul palco durante il concerto, invece rimane seduta ad ascoltare religiosamente la performance sul palco. Bellissima e minuscola al limite dell’anoressia. Il pubblico è in subbuglio, ma nessuno la disturba. Notoriamente PJ è lontana dalla vita sociale e diffidente della tecnologia mobile. Divertente vederla controllare un telefonino antiquato circondata da un mare di smart phones. Durante la seconda serata invece riconosco le onnipresenti Savages nelle persone di Jehnny Beth e Gemma Thompson mentre si collocano al centro della sala circondate da un clan di amici, artisti, musicisti.

Indietro con la memoria a sabato sera. Lanegan fisicamente sembra in pessima forma, fa fatica a camminare, ma musicalmente è al top. L’acustica incredibile della sala fa il resto. Lanegan ci incanta con un killer mix di pezzi degli Screaming Trees (Where the Twain…), classici del blues (On Jesus’ Program), e coraggiose cover di classici (Nancy Sinatra!) rese rivoluzionarie dal suo approccio minimalista e avverso alle mode, stasera totalmente incentrato sull’unicità della propria voce. Lanegan raggiunge livelli di profondità inaudita in un panorama dominato da voci isteriche che sembrano in competizione alla ricerca della nota più alta. E Jeff Fielder è perfetto alla chitarra, precisissimo in un’alternanza di altissimi e pianissimi. Pochissimo feedback stasera. Solo per pochi minuti Duke Garwood si unisce al duo sul palco per un inedito in anteprima mondiale, l’atmosferico I am the Wolf. La serata è magica. Immancabile One hundred years provoca un brivido collettivo nella sala. Goose pimples.  E nell’encore durante Wildflowers il pubblico quasi tenta l’accompagnamento vocale. Arghhh! Halo of Ashes la logica conclusione di una serata speciale con la chitarra di Fielder in grande evidenza e Lanegan stanco seduto ai limiti del palco in silenzio rispettoso. Stasera Lanegan ha persino rotto il silenzio che contraddistingue le sue performances per ringraziare Lavelle per l’invito. Unprecedented.

Josh guitar

Josh Homme è preceduto sul palco dalla proiezione del video dei Cramps live al Napa Mental Institute nel 1978. Un video surreale, in bianco e nero, girato con una telecamera portatile. Ideale per illustrare lo spirito della serata e del festival. E surreale è l’introduzione al microfono di Lavelle che descrive Homme come un clown nonché uno dei migliori musicisti della loro generazione. Homme appare serio in completo con giacca e camicia bianca immacolata. Capelli rasati da hooligan. Ci dice chiaramente che non aveva nessuna intenzione di suonare un set acustico a questo festival. Ci dice che lo sa che non è esattamente quello che ci aspettavamo. Nasconde il nervosismo sorseggiando da un bicchiere il vino rosso che versa in continuazione tra una canzone acustica e l’altra. Scambia battute amare con il pubblico. Homme è l’antitesi estrema al personaggio Lanegan. Esuberante, estroverso, in continuo dialogo con il pubblico opposto alla solitudine al microfono di Lanegan. Il concerto perde d’intensità musicale ma il pubblico si diverte. Homme alla chitarra acustica non appare a proprio agio. Ci dice di essere stato costretto ad accettare la serata perché deve un sacco di soldi a Lavelle a causa di un ristorante orientale con danza del ventre che aveva cercato di lanciare. Il tutto è semplicemente frutto della fantasia selvaggia di Homme, ovvio. Il set inizia con molta calma. Josh intona Long Slow Goodbye e una cover di Dean Martin accompagnato dalla sola chitarra acustica.  Le atmosfere romantiche rovinate dalle urla estemporanee di un gruppo di ragazze alla sua destra – “give that woman a drink so she shuts up” ci dice. È distratto dal pubblico che in continuazione esce per comprare infiniti bicchieri di birra. Ma Homme si riscalda con ogni nuovo pezzo. Dopo un’ultima imbarazzata solitaria versione di Dark as a Dungeon di Johnny Cash “I was looking for something that was relevant” ci dice, visto che parla di minatori – anche se le lotte dei minatori in Inghilterra sono finite negli anni 80… “I fucked it up” ripete quasi alla fine di ogni canzone. Finalmente, come da programma, Troy Van Leeuwen lo raggiunge sul palco elegantissimo in un completo rosso con cravatta. Imbracciano entrambi le chitarre elettriche e il ritmo cambia totalmente: Mosquito Song inizia la serata vera e propria e da questo momento in poi è un continuo crescendo. Prevedibilmente Mark Lanegan raggiunge i due QOTSA sul palco – Homme: “Thank you for acknowledging that I do not sing as good as Mark” – per One Hundred Years, ancora una volta, introdotta come la canzone che Homme vorrebbe fosse suonata al suo funerale, ci dice, talmente è bella… “No pressure Mark”. La approcciano in una tonalità un po’ troppo alta per Lanegan per accomodare l’accompagnamento alla voce di Homme o semplicemente Lanegan non si è ancora ripreso dalla sforzo che ora appare inumano di due sere fa. Ma resiste fino alla fine di Hangin’ Tree prima di guadagnare l’uscita in sordina, nel buio tra gli applausi entusiasti. Anche Homme ci delizia con un inedito stasera, Villains of Circumstance, e per il resto della serata si basa sul repertorio QOTSA e in particolare 2 estratti dall’ultimo Like Clockwork per i sicuri applausi del pubblico “that’s what you are here for”.

Setlist Mark Lanegan 14 June 2014
Queen Elizabeth Hall

One Way Street
The Cherry Tree Carol ([traditional] cover)
Don’t Forget Me
Where the Twain Shall Meet (Screaming Trees song)
The Gravedigger’s Song
Phantasmagoria Blues
Can’t Catch the Train (Soulsavers cover)
Mack the Knife (Bertolt Brecht cover)
You Only Live Twice (Nancy Sinatra cover)
I am the Wolf (first performance ever) with Duke Garwood
One Hundred Days
Judgement Time (first performance ever)
On Jesus’ Program (O.V. Wright cover)

Encore

Wild Flowers
Bombed
Halo of Ashes (Screaming Trees song)

Setlist Joshua Homme 16 June 2014
Royal Festival Hall

Long Slow Goodbye (Queens of the Stone Age)
Memories Are Made of This (Dean Martin cover)
Villains of Circumstance (New Song, first time played live)
Dark as a Dungeon (Johnny Cash cover)
Mosquito Song (QOTSA) (with Troy Van Leeuwen)
I Never Came (QOTSA) (with Troy Van Leeuwen)
One Hundred Days (Mark Lanegan cover)
Hangin’ Tree (QOTSA) (with Mark Lanegan)
Bad Boy (Marty Wilde cover) (with Troy Van Leeuwen)
The Vampyre of Time and Memory (QOTSA) (with Troy Van Leeuwen)
Kalopsia (QOTSA) (with Troy Van Leeuwen)
Into the Hollow (QOTSA) (with Troy Van Leeuwen)

Nota: ”Like A Drug” era sulla setlist ma non è stata suonata

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