Vari tipi di ferite e modi di esorcizzare la sofferenza nel nuovo disco dei Monoscopes, Painkiller and Wine, in anteprima
I Monoscopes sono la band guidata da Paolo Mioni (voce, chitarre, organo), polistrumentista di Padova, in passato per un paio di anni nei Jennifer Gentle e già fondatore della band alt-blues Nicotine Alley.Attorno al 2015, Mioni ha cominciato a scrivere canzoni maggiormente orientate a psichedelia, power pop e shoegaze, tanto da avvertire la necessità nel 2016 di dar vita a un nuovo progetto. A lui poi si aggiungono Francesco Sicchieri (Nu Bohémien) alla batteria e alle percussioni, Francesco Pagliarin (SlowMotionLove, Hinamuri, Replace The Battery) al basso, ai cori e all’occorrenza alla chitarra, Marco Degli Esposti (Cranchi, Art of Wind, The Great Northern X, La Notte Delle Streghe) alla chitarra, alle tastiere e ai cori. La lavorazione dell’album d’esordio è stata lunga e l’ingresso in formazione dei nuovi musicisti ha spesso condotto le canzoni verso nuove direzioni rispetto alle versioni originarie.
Painkillers And Wine è stato infine registrato e mixato da Mioni, che ha anche prodotto il tutto, a eccezione di un paio di pezzi registrati e mixati in precedenza da Marco Fasolo al T.U.P. Studio di Brescia.
Quasi tutte le canzoni della band veneta hanno a che fare con ferite di vario tipo e sono un tentativo di esorcizzarne la sofferenza:
Il dolore è la condizione fondante dell’esistenza e, alla pari del piacere, è una delle cose che ci fanno sentire vivi. Painkillers And Wine è un viaggio nelle varie forme della percezione del dolore e della sua sublimazione in musica. Del resto, lo cantava anche il grande Johnny Cash nella cover di Hurt dei Nine Inch Nails, facendo proprio il testo di Trent Reznor: «I hurt myself today, to see if I still feel
Le tematiche delle altre canzoni in scaletta vanno dalla morte di una persona cara fino alle droghe, dalla commiserazione e dai comportamenti autodistruttivi alla paura del palcoscenico, sino ad amori presenti e passati. Un bagaglio denso di tormenti che può alleggerirsi grazie al senso di libertà trasmesso da un veicolo a quattro ruote, in salvifico procinto di lanciarsi nel nulla di una strada polverosa, preferibilmente a stelle e strisce, magari dopo aver fatto il pieno a una gas station.
La copertina dell’album, realizzata da Antonio Campanella, si collega non a caso a un classico immaginario automobilistico e guarda tra le altre cose agli scatti di William Eggleston, fotografo statunitense degli anni ‘70.
Il disco sarà disponibile dal 28 gennaio ma qua sotto potete ascoltarlo in anteprima: