Musica per prati bagnati e spazi aperti: Francesco Messina e Marta Salogni a Inner_Spaces per Linecheck

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Francesco Messina Marta Salogni
(Credit: Inner_Spaces – Riccardo Trudi Diotallevi)

Marta Salogni e Francesco Messina sono stati protagonisti dell’evento di apertura di Linecheck 2023 all’interno della rassegna autunnale di Inner_Spaces, all’Auditorium San Fedele di Milano

RUMORE COVER FB NATALE 2023

di Alessandro Besselva Averame

La prima assoluta dell’album di culto Prati Bagnati Del Monte Analogo di Francesco Messina e l’esibizione di Marta Salogni hanno inaugurato l’edizione 2023 di Linecheck all’interno del folto programma autunnale della rassegna di Inner_Spaces.

Al direttivo del Linecheck e a Inner_Spaces ci sono voluti un po’ di anni, a quanto pare, per convincere Francesco Messina a eseguire dal vivo per la prima volta Prati Bagnati Del Monte Analogo, composizione ispirata allo scrittore mistico/surrealista francese René Daumal, autore appunto del romanzo incompiuto Il Monte Analogo, la quale occupa la prima facciata dell’omonimo album condiviso con Raul Lovisoni e pubblicato dalla Cramps nel 1979 con la produzione di Franco Battiato. Una “prima” c’era già stata in realtà, all’epoca, ma con Roberto Cacciapaglia nel ruolo di esecutore, e dunque quello dello scorso 21 novembre è a tutti gli effetti un esordio assoluto per Messina, che ha sempre frequentato la musica da una angolazione molto particolare, volutamente dietro le quinte: grafico per molte storiche copertine dell’amico Franco Battiato, co-produttore e coautore ricorrente nella discografia della moglie Alice, e, mantenendo un profilo che definire schivo sarebbe un eufemismo, compositore dalla produzione assai ridotta, per quanto, anche e forse soprattutto retrospettivamente, significativa.

Registrato senza alcuna ambizione particolare che non fosse una personalissima forma di autoterapia musicale, Prati Bagnati Del Monte Analogo si è scavato nei decenni un carsico percorso di disco di culto, percorso di cui l’autore stesso per lungo tempo non ha sospettato l’esistenza. A spiegare sinteticamente in quali ambienti questo peculiare culto abbia attecchito, basti sapere che, per poter assistere alla data milanese, sold out da un paio di mesi, Floating Points (il cui recente Promises, con il compianto Pharoah Sanders, non fa nulla per nascondere i ripetuti ascolti del disco di Messina incastonati nel suo DNA) ha preso appositamente un aereo da Londra.

Marta Salogni 2
(Credit: Inner_Spaces – Riccardo Trudi Diotallevi)

Marta Salogni, il cui stellare curriculum di sound engineer non ha ormai più bisogno di presentazioni, nelle vesti di compositrice fa anch’essa parte della schiera dei cultori ormai non più così carbonari dei Prati Bagnati. L’apertura della serata affidata all’esecuzione del suo Music For Open Spaces, l’album inciso con il compagno Tom Relleen prima della prematura scomparsa di quest’ultimo nel 2020 e pubblicato alcuni mesi fa, rappresenta qualcosa di più di un azzeccato abbinamento di nomi sul palco accogliente e acusticamente impeccabile dell’Auditorium San Fedele, a due passi dal Duomo di Milano: i due, ha raccontato in varie occasioni Salogni, avevano preso l’abitudine di ascoltare l’album di Messina e Lovisoni la mattina, facendo colazione. La sua attrezzatura, quattro registratori a bobina appoggiati su un paio di lunghi tavoli e un mixer destinato a gestirne il flusso e le stratificazioni sonore, è la prima cosa che si vede prendendo posto nell’auditorium. Al di là dell’inevitabile portato emotivo della musica e della sua origine, così intima e personale, colpisce immediatamente, fin dal primo suono emesso, l’aspetto quasi sacrale dell’esperienza: Salogni, dopo averli fatti partire, osserva e ascolta i quattro registratori come se fossero organismi viventi, intervenendo di tanto in tanto manualmente sui nastri e sull’apparecchiatura, assicurandosi che tutto funzioni. La musica che ne scaturisce è difficile da descrivere: ha un che di meditativo, di sospeso, una dimensione opaca e insieme onirica che ricorda il lavoro materico sul suono del BBC Radiophonic Workshop e di Delia Derbyshire. Una musica che brilla tra le coltri di quel velo, con pulsazioni che paiono residui di lontane galassie e il cullante, ipnotico, amniotico e rassicurante fruscio del nastro magnetico a dare alla poeticissima performance un carattere profondamente altro.

Marta Salogni
(Credit: Inner_Spaces – Riccardo Trudi Diotallevi)

Dopo i meritatissimi applausi e una breve pausa, e il disvelamento del set che i tavoli e i registratori avevano nascosto fino a quel momento, ovvero un pianoforte a coda, un piano elettrico, un tavolo con tastiera e annesso l’ampio schermo di un computer e una sedia per il violoncello, ecco arrivare il momento di quei venti minuti abbondanti per i quali quasi tutti si trovano in quel luogo in quel momento. L’esecuzione di Prati Bagnati Del Monte Analogo è sostanzialmente filologica, ma l’esperienza live chiarisce qualcosa che all’ascolto distratto dell’originale rischia di sfuggire: la complessità della partitura, la presenza di musica scritta e accuratamente annotata la cui grandezza risiede, ovviamente, nel porsi come eterea, spontanea, effortless, rassicurante ma in modo mai scontato né banale. Michele Fedrigotti, unico esecutore presente, insieme a Messina, nella registrazione originale, appoggia delicatamente gli accordi sul pianoforte, a scandire il tempo apparentemente immobile della musica, mentre i synth analogici di Messina disegnano traiettorie sottili e costruiscono ambienti sonori in continuo movimento, con il violoncello di Chiara Trentin che, senza mai essere ingombrante, dà ulteriore corpo e spessore alla musica. Al mixer, la gestione dei suoni è affidata a Pino Pinaxa Pischetola, storico sound engineer di Battiato e collaboratore di lunga data di Messina.

Francesco Messina
(Credit: Inner_Spaces – Riccardo Trudi Diotallevi)

C’è molta curiosità anche per i tre brani composti per l’occasione. Il primo, Interrogation Mark, è un breve intermezzo cameristico, con pianoforte e violoncello in evidenza. Il secondo, Le Chemin Contraire, è interamente costruito su un malinconico arpeggio di synth che parte volutamente “monco”, con un suono che è qualcosa a metà strada tra la nota muta e il glitch, e che funziona perfettamente nel dare il tempo al brano, sul quale si innestano i liquidi interventi di Fedrigotti al piano elettrico. In chiusura, Peradam (titolo che fa ancora riferimento all’opera di Daumal) e un brano dagli accenti e dai colori più tenui, che percorre terreni non troppo distanti – questa l’impressione immediata del sottoscritto – da certe pagine di Harold Budd, quello di Pavillion Of Dreams in particolare. Si tratta ovviamente di impressioni a caldo, non mediate dagli ascolti ripetuti di un supporto sonoro, ma quel che conta è che la nuova musica sembra davvero entrare nel “canone” inaugurato da Prati Bagnati in maniera del tutto naturale. Un debutto che è al tempo stesso un ritorno e che mantiene le promesse/premesse iniziali. Non sappiamo ancora se, con quali modalità e quando la nuova musica presentata questa sera troverà una forma discografica, ma per il momento siamo contenti che Francesco Messina sia tornato, dopo molto tempo, a fare musica. Non sappiamo quale sia stata la reazione di Floating Points, ma a giudicare dal sorriso stampato sul suo volto in alcune foto apparse sui social che documentano l’incontro post concerto con Francesco Messina sembra che salire su quell’aereo sia stata una buona idea.

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