Intervista a Max Casacci: “Mi ha sempre affascinato la possibilità di rendere sexy il trasporto pubblico”.

Date:

MaxCasacci PhPaoloRanzaniDSC8416ok

Francesco Vignani ha incontrato Max Casacci per parlare di Urban Groovescapes, l’album con cui reinventa il suono della città

RUMORE COVER FB NATALE 2023

di Francesco Vignani

Due anni fa – incidentalmente in un periodo in cui nessuno poteva muoversi di casa, faccenda che involontariamente ne aumentava il fascino – era stato il turno di Earthphonia, album costruito da cima a fondo con i soli suoni della terra, che fossero torrenti e oceani o i vulcani delle Eolie e le api. Un atlante sonoro vero e proprio, tanto per potere usare finalmente in senso proprio una definizione cara alla stampa musicale, a cui mancava semmai un contraltare per essere completo, ovvero tutto quel resto di mondo che ronza dentro e attorno alle città. Ritratto a dicembre del 2022 in un secondo volume intitolato non a caso Urban Groovescapes, al cui interno sono le metropoli a venire reinventate come corpi non solo vivi, ma soprattutto sonori, in una scaletta che vede Max Casacci recuperare i rumori dei mezzi pubblici (dai nostrani fino allo metropolitana londinese), dei cocktail bar o dei campi da tennis come omaggiarne il lato più glamour in una Anita totalmente costruita sulle parti vocali di una Monica Bellucci che si racconta essersi calata con grande divertimento nelle registrazioni. A spiegare un lavoro coerentemente in espansione proprio come le metropoli (alle dieci tracce dell’uscita si sono per ora aggiunte Ghost Rail e The Sound Of Balatelle, registrata nell’omonimo rione catanese, mentre di là a venire è un brano fatto di suoni urbani inviatigli dagli ascoltatori) è il suo autore, collegato via Zoom da Andromeda, suo studio di registrazione nel pieno centro torinese.

I due Earthphonia hanno fisionomie estremamente definite: un primo volume in senso lato ambient e ora un Urban Groovescapes che nel suo guardare ai dancefloor più illuminati di questi anni finisce per diventarne quasi il fratello nevrotico. Quanto c’è di pianificato dietro un progetto simile?

“Se ritenessi di avere una tale capacità strategica da pensare di articolare a tavolino un progetto prima con i soli suoni della natura e poi con quelli della città avrei probabilmente maturato una grande opinione di me stesso. In realtà il bello di partire da partire da due presupposti dalla comune caratteristica di essere spiazzanti è che solo a un certo punto del percorso, dopo avere anche navigato a vista, riesci a darti un obiettivo preciso. È una cosa che capita anche quando fai musica con gli strumenti: molti dischi che finiscono per essere dei concept in realtà diventano tali solo a un certo punto della loro gestazione. Tanto più se la modalità creativa è una che non hai mai sperimentato prima, che ti costringe a stare un passo indietro nella scrittura proprio perché non sei tu a determinare quasi nulla: quando catturi un suono è lui che ti porta dove vuole”.

I suoni magari scapperanno pure, però alcuni brani non faticano a ricreare quello che è l’umore dell’ambiente in cui – letteralmente – nascono. Penso a Mixology, ad esempio, catturata in un noto cocktail bar torinese.

“La mixologia, l’arte di creare dei cocktail, era adatta a una veste sonora abbastanza solare: nasce attorno ad alcolici di una certa qualità, oltre che gustati in un certo modo. Rimanda a qualcosa di estremamente positivo, la declinazione del pezzo in chiave latina e solare, per quanto sperimentale, è venuta naturalmente. Un po’ per il contesto e un po’ per quanto i suoni stessi suggerivano, ma ogni traccia ha una sua peculiarità e una sua storia legata indissolubilmente al suo luogo di nascita”.

Che in un’occasione non è neanche la classica metropoli che uno si aspetta, vedasi una A Mountain City Song dedicata a Courmayeur.

“Il pezzo nasce proprio lì, ascoltando prima la ritmica degli uccellini del bosco e poi intercettando delle balle di fieno che, una volta percosse, hanno iniziato a creare dei beat. L’idea mi è piaciuta subito perché non ti verrebbe mai in mente di sonorizzare un bosco usando una cassa dritta, ma interpretare una città di montagna con una ritmica di quel tipo è anche un modo per scardinare quell’idea preconcetta – soprattutto per noi piemontesi – di un luogo di silenzi, di ascesi, dal carattere drammatico e moralista”.

Logicamente altre le suggestioni dei due brani che nel disco sono legati ai suoni del trasporto pubblico. In Messaggio di gioia a un certo punto usi come elemento melodico il jingle della metropolitana torinese e questo, in un brano di elettronica tutto meno che immediato, finisce per regalare un notevole gancio pop al pezzo. Quasi a renderne trasversale l’ascolto, un po’ come trasversali sono di fatto i mezzi pubblici: effetto voluto?

“L’idea di giocare con dei riff che nascono dal quotidiano mi è sempre piaciuta molto, così come mi ha sempre affascinato la possibilità di rendere sexy il trasporto pubblico per il tramite di un brano pop. Io ho sempre adorato i tram, fin da piccolo: erano vascelli che attraversavano la città, ne apprezzavo persino l’odore. Quando mi hanno messo a disposizione un intero deposito ero felice come un bambino, mi facevano toccare tutto e lasciavano fare quello che volevo. Il rimshot in Messaggio di gioia altro non è che lo scambio dei binari che riverbera sotto la cupola della struttura, ad esempio: ero insieme a Daniele Mana (musicista e produttore torinese, ndr), quando l’abbiamo sentito avevamo le lacrime agli occhi, sembrava uscisse dalla Giamaica degli anni Sessanta, una roba da Studio One. Solo che a quel punto il responsabile del deposito era stanco morto, iniziava a guardarci come se fossimo due idioti!”

Fascinosa è l’idea di non considerare il disco come un qualcosa di finito una volta dato alle stampe. Tu lo stai arricchendo di tracce anche a settimane dall’uscita ed è un’idea che si apre a spunti anche più estremi, visto che a quel punto potresti anche pensare di aggiornare i brani editi, magari proprio reagendo alle mutazioni dei posti che hai campionato. Qualcosa che in altri campi capita, fra director’s cut nel cinema, remaster nei videogiochi o gente come Kanye West che – anni fa e prima di impazzire definitivamente – cambiava nottetempo elementi dei dischi appena pubblicati. Mai avuto la tentazione?

“Sì, per forza di cose sì. Ma lì deve entrare in gioco l’esperienza di chi sa che certe frenesie a un certo punto vanno pure placate. Ci dev’essere una parola fine, nel nostro mestiere in genere coincide con la consegna del master dell’album, anche perché il rischio è che troppi rimaneggiamenti alla fine diventino un cortocircuito: tu come artista perdi la spontaneità senza magari nemmeno accorgertene, ma un orecchio esterno lo percepisce eccome. Però, come dicevamo prima, i concept prendono forma a metà del cammino e, a patto di non snaturare quella che è la fotografia emotiva di un momento, può aver senso arricchirli. Il digitale ha tolto tanto alla musica, possiamo anche piangere sui bei tempi andati, ma vediamo anche le possibilità che offre, questa come tante altre”.

Ghost Rail, la prima delle tracce pubblicate dopo l’uscita dell’album, ha coordinate più astratte rispetto a quelle di quante la hanno preceduto.

“L’idea a un certo punto è stata quella di proseguire il discorso rimanendo magari meno legati a una singola situazione per prendere invece tutta la tavolozza che ho – e ormai di questi suoni ne ho tantissimi – e lavorare su quelle che sono le suggestioni delle città. Anche se magari non la presenterei mai così in pubblico, Ghost Railè una sorta di jam session fra Gtt e l’Amiat, cioè fra il trasporto pubblico e la raccolta differenziata torinese. Ma vuole svelare anche una sorta di misticismo contemporaneo, una suggestione della metropoli come luogo che accoglie tutta una serie di aspetti spirituali, religiosi e scaramantici delle varie culture che al suo interno entrano in contatto”.

Due dischi usciti in 24 mesi restano un dato: l’impressione è che, anche considerando i ritmi e le esigenze inevitabilmente più complesse dai Subsonica, tu stia iniziando a apprezzare molto i tempi più liberi degli album registrati in proprio. Corretto?

“Assolutamente sì, per quanto non ci sia esattamente la coda per pubblicare gli album di uno che campiona le mucche. Ed è un percorso in cui devi davvero considerare tutto, a partire da un tasso di attenzione per la musica nettamente più basso di un tempo proprio in anni in cui la proposta si fa all’opposto molto più disordinatamente affollata. Per dire: volevo che Earthphonia funzionasse già dal primo capitolo e questo ovviamente ha richiesto del tempo, una messa a terra fatta anche di esperimenti. Io sono ad esempio sempre stato legato all’aspetto del live e bisognava capire come strutturare sul palco il disco, come veicolarlo in certi spazi o arricchirlo di pulsazioni ritmiche più ricche di quelle dei brani originali. Oltre che trovare un modo per raccontare un concerto fatto di suoni della natura: alcuni avranno pensato a una roba new age e si saran fatti venire i capelli dritti, ci sta. E ora che ha finalmente acquisito una sua fisionomia live la questione si è riaperta perché sono tornato con un disco totalmente diverso nella sua fruizione proprio per il suo essere un lavoro da dancefloor, tanto che ora in alcune date li sto presentando entrambi, in due parti separati. Ma per risponderti meglio: è tutto una carta bianca, un programma da scrivere. Non ci sono obblighi o pressioni”.

Lo hai presentato alle manifestazioni di Fridays For Future, ma anche in festival scientifici e altre rassegne legate in modo periferico se non nullo al rock e al pop: com’è stato visto lì il fatto di arrivare invece proprio da quella dimensione?

“Io per molti sono quello che arriva dalla musica pop, dai Subsonica, quindi vuoi mica sia interessante andare a sentire la sperimentazione di uno che potrebbe risultare un petomane fuori contesto? E quindi vai a misurarti con ambienti in cui c’è una sorta di pregiudizio, paradossalmente se al posto mio ci fosse un ventenne sconosciuto le cose avrebbero un’accelerazione ancora più rapida di quella che già stanno avendo. Per alcuni è come se fosse un avatar a portare avanti Earthphonia, mentre io credo di essere sempre lo stesso musicista. Banalmente non è considerato normale per uno che viene dalla canzoni avere una credibilità in altri contesti. Anche qua: è tutto da costruire, ci vuole tempo, per quanto poi io noti che sono proprio i più giovani – ben più onnivori e molto meno legati alle classificazioni dei generi di quelli della mia generazione – a stare particolarmente apprezzando il secondo volume”.

Urban Groovescapes immagina le città come dei dancefloor inconsapevoli nello stesso momento in cui altri, molto più consapevoli, sono sotto scacco: come vedi il decreto sui rave, anche considerando il peso che quella scena ha avuto nella genesi dei Subsonica?

“A me sembra che fondamentalmente verranno colpiti tutti i luoghi del dissenso. Un rave d’altronde è un posto dove si pratica, attraverso la musica, la socialità. Dopo di che è anche ovvio che parliamo di bersagli che non restituiscono conflittualità politica: colpire quel mondo permette di fare la figura degli uomini d’ordine senza rischiare nulla, un po’ come prendersela con i migranti. Sono cose di grosso incasso dal punto di vista dell’identità politica, ma che vanno però a nascondere tutta un’altra serie di assenze di credibilità. Farei molta attenzione agli spazi occupati, però. Nella mia città c’è un forte legame fra la musica e certi luoghi e spero che questo possa evitare a evitare passi scellerati, anche se a sinistra c’è una corsa a seguire la destra su certi terreni che andrebbe attenzionata”.

PIÙ LETTI

More like this
Related

Fra i riverberi gelidi del nuovo video Grandine dei Neraneve, in anteprima

Il nuovo video estratto dall'EP dei Neraneve è Grandine, e lo potete guardare in anteprima su Rumore

Nick Cave & The Bad Seeds: la data italiana e il tour europeo

In occasione dell'uscita di Wild God, il nuovo album di Nick Cave & The Bad Seeds arriva anche il tour autunnale

Il tour estivo dei CCCP in Italia

Ora ci sono le date ufficiali del tour italiano dei CCCP

Good Track è il nuovo video di Charlie Risso, in anteprima

Il nuovo singolo della cantautrice Charlie risso si intitola Good Track e ci guardiamo il video in anteprima