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TOdays 2021, la prima cosa grande

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Dry Cleaning, Shame, Iosonouncane, The Comet Is Coming, sono stati fra i protagonisti dell’edizione della ripartenza del TOdays festival

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di Letizia Bognanni

Per raccontare cosa è stata l’edizione 2021 del TOdays bisogna per forza partire dalla fine, da Charlie Steen che dal palco ripete emozionato che quello del 29 agosto è il primo concerto dei suoi Shame fuori dal Regno Unito dopo due anni. La sua emozione è la stessa di tanti di noi sotto il palco, che non partecipavamo a un festival “vero” dallo stesso lasso di tempo. Il live degli Shame è la chiusura perfetta e catartica di quattro giorni che sanno di ritorno alla vita (più o meno) normale. Quattro giorni che iniziano comunque con tutte le preoccupazioni di questo assurdo periodo, visto che uno dopo l’altro vengono cancellati causa covid i concerti di Arlo Parks, Working Men’s Club e Black Country, New Road – prontamente sostituiti da Erlend Øye, Ásgeir e Shout Out Louds, ma il timore di altre cancellazioni last minute proprio spensierati non ci fa stare.

Giorno 1
Ad ogni modo fra ansiette, misurazioni di temperatura, controllo del green pass, l’obbligo di stare seduti a cui non vogliamo abituarci (e speriamo di non doverlo fare) finalmente si (ri)comincia. Si parte in morbidezza, con le melodie tenui dell’etereo Ásgeir. L’islandese si fa voler bene, anche se eravamo curiosi di vedere all’opera i giovani e promettenti Working Men’s Club. Ma a proposito di promesse, una mantenuta alla grande sono i Dry Cleaning: i londinesi ci avevano già ben impressionato con un album di debutto di rara forza, e dal vivo non ci deludono, per merito soprattutto della personalità di Florence Shaw, che passa alternativamente dalla timida nonchalance di una che passa di lì per caso quando non “canta” al carisma fra Patti Smith e Kim Gordon che la illumina – insieme ai pantaloni verde fluo – mentre è immersa negli spoken words post punk/noise caratteristici della band. Da un’esibizione a suo modo minimalista a un ensemble di 12 elementi: è l’Immensità Orchestra, portata sul palco da Andrea Laszlo De Simone per il primo dei tre show che anticipano la pausa “a tempo indeterminato” annunciata nei giorni scorsi dal cantautore torinese. De Simone sceglie di salutare il suo pubblico con uno spettacolo che mette l’accento sui toni più epici, rétro e cinematografici della sua musica, lasciando molti nella speranza che non si tratti di un addio.

Giorno 2
Il sottotitolo della seconda serata potrebbe essere Gente che suona quello che gli pare come gli pare e si diverte, e il pubblico di conseguenza. In particolare, il sottotitolo si adatta agli I Hate My Village e ai Black Midi: il supergruppo di Adriano Viterbini, Fabio Rondanini, Alberto Ferrari e Marco Fasolo porta sul palco lo spirito anarchico delle jam improvvisate e tutta l’esuberanza psichedelica del loro groove afroblues. È chiaro che si divertono come solo un gruppo di amici veri che ha trovato la sua dimensione dopolavoristica ideale, e il pubblico non può che venire contagiato. Inizia a diventare difficile rimanere seduti, e anche i Black Midi forse ci piacerebbero di più se avessimo più libertà di movimento: così infatti l’impressione è un po’ quella di assistere al saggio della scuola di musica, con i tre che ci danno dentro a dimostrare che sono bravi, zero interazione col pubblico e tanta voglia di suonare tanto, tutto, troppo. Astenersi allergici al prog. Non ha niente da dimostrare Teho Teardo, che arriva col suo aplomb quasi teutonico a far sconfinare il festival dalla musica all’arte: accompagnato da Laura Bisceglia al violoncello e Ambra Chiara Michelangeli alla viola, porta allo Spazio 211 la sua sonorizzazione de La jetée, il film di Chris Marker del 1962 e della sua reinterpretazione con Michele Riondino nella parte che fu di Davos Hanich, che con la trama postapocalittica e le riflessioni sul tempo e la memoria sembra sinistramente intonato a questi anni di paura – ma c’è la musica a salvarci, finalmente, anche quella più oscura è un lampo di speranza.

Giorno 3
La giornata di sabato del TOdays inizia sotto al residuato industriale del Parco Peccei, uno dei luoghi più emblematici del festival per guardare un concerto. La Torino industriale si mescola con la forte multiculturalità del quartiere Barriera di Milano e ne viene fuori la perfetta simbiosi urbano post industriale. Sul palco Tutti Fenomeni, artista romano prodotto da Niccolò Contessa per il suo disco d’esordio Merce Funebre (2020). It pop e synth pop che hanno un loro senso nell’universo di Giorgio Quarzo Guarascio, anche se troppe volte emergono quei richiami che riportano a I Cani e tu pensi solo a loro dimenticandoti di lui.
Sul palco principale invece a sostituire i Black Country, New Road, altro doloroso forfait dell’ultimo minuto, ci sono gli Shout Out Louds, e anche qui come sopra: i BCNR sono uno dei gruppi in lizza per il trofeo di miglior esordio del 2021, perciò la curiosità di vederli dal vivo era tanta, ma si sa, quest’anno va così, e alla fine gli svedesi fanno il loro onesto lavoro, il loro bravo indie rock ci proietta dritti negli anni zero, Adam Olenius si concede anche una passeggiata in mezzo al pubblico sprezzante delle restrizioni, e va bene così. A proposito di sicuri piazzamenti fra i dischi dell’anno, ecco Iosonouncane, che propone un set tanto ostico per l’assenza delle “hit” quanto ipnotico, che conferma l’intenzione già ben espressa in Ira, ossia infrangere i canoni del cantautorato e alzare l’asticella degli standard della musica “italiana”. Se Jacopo Incani è l’uomo che destruttura il pop italiano, Shabaka Hutchings è quello che smonta e rimonta il jazz, britannico e non solo, contaminandolo nei modi più intelligenti possibili per portarlo a farsi amare da tutti senza involgarirlo. Qui porta i The Comet Is Coming, una stella danzante di pura energia, di nuovo non potersi mischiare sudori è una sofferenza, e questa è davvero l’unica cosa negativa che si può dire di questo TOdays.

Giorno 4
Domenica pomeriggio il caldo è più forte degli altri giorni, qua e là nel parco Peccei ci sono dj set improvvisati dalle famiglie di origine africana del quartiere. D’altra parte è domenica e si fa festa, perché la musica è soprattutto quello. Sul palco ci sono Les Amazones d’Afrique, il collettivo femminile africano che si batte per i diritti delle donne attraverso il loro messaggio musicale. Sono magnetiche: scuotono tutto e tutti, smuovono la gente incollata alle sedie come da normativa. L’afro funk rimodernizzato e il blues sahariano è liberatorio, quasi una rinascita dei sensi e piano piano tutto il parco ne è coinvolto.
Dalla passione al relax: quanto è simpatico Erlend Øye? Quanto è rinfrescante la musica che suona con La Comitiva (nomen omen davvero)? Certo, vedi sopra pt.3: il buon Erlend è stato chiamato a sostituire la terza defezione causa variante Delta ovvero Arlo Parks, anche lei non vedevamo l’ora di godercela alla prova del live dopo averla amata su disco, e vabbè, sarà per la prossima volta. Erlend e la sua musica leggera anzi leggerissima ci bendispongono per il resto della serata, avvolgendoci già nella dolce nostalgia che prevediamo ci porteremo dietro per un bel po’ da domani. L’atmosfera si fa più adrenalinica con Motta, che quest’anno non ha pubblicato il disco migliore della sua carriera ma dal vivo resta una certezza, con la sua capacità di rendere rock anche i brani che rock non sono. Poi arriva anche l’amico Appino a riscaldare ulteriormente l’atmosfera. Che si fa rovente per il gran finale con degli Shame on fire, come direbbero i loro connazionali. Un concerto scatenato, serratissimo, tocca ripeterci: impossibile stare seduti. E infatti sono tutti in piedi (no assembramenti, tranquilli) per un gran finale che ha il gusto di un rito liberatorio, per la band – visibilmente felice di aver potuto finalmente varcare i confini, con Charlie Steen che si lancia anche a parlare italiano e piemontese – ma soprattutto per il pubblico, che per la prima volta dopo due anni ha rivissuto tutto quello che significano i festival e la musica live. Il TOdays ci ha fatto capire che si può fare, anche se dobbiamo stare attenti, stare seduti, fare la fila ordinata per la birra. Si può fare, non arrendiamoci. Grazie TOdays, per avercelo ricordato.