Live report: Maria Antonietta @ Rockhouse, Forlì, 07/03/2014

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maria antonietta live

di Antonella Garro / foto di Silvia Cerri

La cosiddetta Festa della Donna l’ho sempre vista come un’offesa personale, uno sfregio. Io mi considero un essere umano, un animale da salotto come gli altri della mia specie e non mi piace l’idea di essere valutata in base al sesso dei miei genitali.
Nonostante questo accetto di buongrado l’invito di alcuni amici, e decido di trascorrere la festa della donna in quel di Forlì per assistere alla prima data del tour di Sassi, il nuovo disco de’ la portentosa, dell’enfante prodige, di hoicapellirossi-parlodiscopate-Mariaantonietta.

Si sospetta che molte persone abbiano la sindrome della tripla x, anche detta sindrome della Superfemmina: tale malattia è tristemente nota per la sua storia, poiché alla nascita delle scienze criminologiche, sull’onda delle boiate Lombrosiane, si vollero ricercare cause genetiche del comportamento criminale di alcune femmine di umano. In verità, è dimostrato che questa sindrome non procura effetti fisici degni di nota ne handicap cognitivi, tuttalpiù a volte si riscontra, nei soggetti affetti, un statura più alta della media e una magrezza maggiore.

Maria Antonietta non è una SuperFemmina.

Le cose che abbiamo in comune io e Maria Antonietta sono tre: l’amore per i soprannomi, per Bob Corn e per i Dadamatto.

Ho avuto modo di parlare un po’ con lei dopo il concerto, registrando una breve intervista. Da questa è trapelato che Letizia non ascolta musica contemporanea, che le piace il punk, l’hardcore, ma che “non ho mai sentito parlare dei Fine Before You Came“ (evidentemente Jacopo non è più ‘Er ghepardo de na volta’), ne’ tantomeno dei Laquiete, che “volevo essere come Carmen Consoli” senza però rendersi conto di essere l’erede naturale, per indole e prestazione vocale,  di Cristina Donà.
Il live di stasera, sarà anche per la sbronza colossale che mi attanaglia dalle sette, mi colpisce a tal punto che già al terzo pezzo decido di comprare il disco.

Si comincia con due canzoni “christian folk”, Galassie e Abbracci, per poi arrivare a pezzi più “spinti” che ravvivano un po’ il pubblico, come Ossa, Santa da Caterina e Tu sei la verità non io, dal gusto un po’ naif e che colpiscono più per l’approccio che per il contenuto.

Si parla di storie d’amore finite bene, di inquietudini sentimentali e autocelebrazioni emotive. In un’epoca in cui l’umanità è prigioniera di sistemi di controllo coercitivi, dalla famiglia alla politica, e dei comandamenti di una qualsiasi religione, 2500 anni dopo la nascita del Buddismo e 20 anni dopo la Material Girl, Maria Antonietta “introduce” nelle sue canzonette l’idea straordinaria che lei è, si responsabile in prima persona di quello che è, ma che “non ha niente da dimostrare e che continuerà a fare quello che vuole”, al di là dei nostri giudizi.

La critica musicale non è basata sul rigore, è basata sull’osservazione esattamente come la scienza; senza volere andare troppo oltre con questo paragone. La scienza si pone l’obiettivo di spiegare le leggi fisiche dell’universo, per esempio le regole dell’elettromagnetismo o della gravità. Pur non conoscendone la formula o non comprendendola, se decidessimo di saltare fuori dalla finestra del quinto piano, senza dubbio la legge di gravità avrebbe una fortissima ripercussione sulla nostra vita.

E così Maria Antonietta, pur non conoscendo le regole ferree del giudizio punk, si cimenta con canzoni che richiamano direttamente gli Zen Circus, le armonie interrotte de Le Luci Della Centrale Elettrica, ma con l’impeto delle Motorama e dei Dada Swing.
Pur attingendo da quei cliché, definire un live come questo anche solo un minimo rock, risulta a mio avviso una sovrapposizione del tutto fuorviante, un overlapping magisteria.
Maria Antonietta interpreta semplicemente se stessa, con coraggio e ambizione; è una cantante pop che non pretende di essere nemmeno vagamente punk, eppure nel suo approccio con la musica lo è.
Nel disco sono presenti registrazioni fatte in casa (Molto presto) e canzoni acustiche scarne e ossa che strizzano l’occhio alle performance in solitaria di Pedro The Lion e di Bonnie Prince Billy.
La nostra mente non riesce a distinguere tra la realtà e ciò che immagina vividamente.
Copernico è stato il primo esempio registrato a cimentarsi personalmente con questo problema. All’epoca ebbe bisogno di calcoli matematici molto accurati per dimostrare che quello che i suoi “antagonisti” vedevano, e che noi stessi vediamo tutti i giorni, è solo un’illusione. Ovviamente oggi non abbiamo più bisogno di essere persuasi sul fatto che sia la terra a muoversi intorno al sole, ci limitiamo a fidarci di quello che ci dicono gli esperti.

Il concerto di stasera di Maria Antonietta si pone all’interno di un evento organizzato dal Rockhouse di Forlì che è riuscito nell’ardua impresa di richiamare un po’ di gente proponendo due concerti femminili intervallati da uno spettacolo di Lap Dance, veramente di ottimo gusto.

Alleghiamo i video per i più curiosi, con tanto di commenti degli astanti.

Si prosegue con il live di Mara, cantautrice ravennate. Non mi reputo una super esperta di musica, ma la mia opinione è che Mara sia una super femmina. Penso che sia un gran peccato avere tanti problemi di relazione con le donne, ed emotività condita con olio al naturale spirito di competitività, che mi rende sempre tanto diffidente.

Detto ciò, io con la Mara ci vorrei fare una passeggiata in macchina (sua) una notte d’estate e coi finestrini aperti. Per le strade di campagna intorno a Ravenna, illuminate da mezzebanane di luna faccia da stregatto, pali della luce neri che stuzzicadentano il blu del cielo. Ascoltare un disco delle Go Go’s, canticchiare un motivetto di Lykke Li, mangiare biscotti con polimeri di cioccolata, ballare a piedi nudi nell’erba fresca di umidità senza spini.

Mara ha un timbro chiaro, fraseggio dalle idee intelligenti e una spinta stupenda. Se fosse un uomo sarebbe Johnny Cash e nei negozi di dischi potrebbero tranquillamente classificare la sua musica tra quel genere di cose che fa la differenza tre il jazz e lo swing.
Per scrivere (musica, racconti, teoremi…), come per esistere bisogna essere vuoti.
Stare in ascolto per poter accogliere.
La Mara dal vivo è calda, eccitata, vivace, esplosiva. Questa sera la sua performance è stata accompagnata da basso e chitarra senza batteria ed è riuscita a creare atmosfere allo stesso tempo intime e deliziose.
Dal suo disco d’esordio trapela chiaramente: Mara è una volpe.
Il suo fascino legato non solo alla sua bellezza, ma soprattutto ai suoi modi-modo di muoversi di un’ingenuità un po’ perversa, trapela anche nelle sue canzoni. Gli arrangiamenti di Dots, il suo album, curato da due Sacri Cuori, danno un gusto crepuscolare e folk apocalittico alle melodie pop: cosa c’è di più leggero di una piuma in fondo se non la cenere.

La musica è un fenomeno evolutivo e la serata di stasera ne ripercorre le tracce concludendosi con un DJ-set wave curato da Federica Molinari. Oltre ad essere una DJ, Federica si occupa di serate di chiara matrice DIY gestite nell’ambito del Lughè, un piccolo e gettonatissimo centro sociale della provincia romagnola.

Questa serata è stata assemblata come in un gran calderone per attirare gente dai gusti più disparati e con la testa di chi crede nei camei delle quote rosa. È un’idea fastidiosa quella alla base di serate di questo tipo, un concetto inaccettabile e che innervosisce. Al di la del nostro credo personale e della genetica che definisce la porta del bagno che scegliamo per andare a pisciare, siamo fatti tutti di atomi e contraddizioni. Di contenuti che danno forza alle nostre azioni, che si esplicano in mille modi diversi, tradendo le teorie del proiettile d’oro: tutto viene interpretato. Quando ci si mette su un palco bisognerebbe essere ossessionati da quale senso possano avere le nostre canzoni per gli altri e da quale sia il motivo reale che spinge le persone a venirci a vedere. Bisognerebbe tentare di produrre qualcosa che giustifichi la presenza e l’ascolto di un pubblico critico e intelligente. Sassi, per quel che mi riguarda, è un disco sotto la soglia della rilevanza clinica, un disco che avrei fatto bene a non comprare. Resta il fatto che dal vivo lo spettacolo che offre Maria Antonietta è gradevole sotto molti aspetti.

Dobbiamo armarci di cornici più morbide, cercare di essere vuoti come il principio d’indeterminatezza di Heisenberg, non duri come i sassi, per non lasciare spazio all’illusione delle categorie.

Redazione Rumore
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