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Sónar Festival 2023 – Radicale e popolare. L’intervista ai fondatori

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Sonar 2023

In occasione del trentennale, Giorgio Valletta ha incontrato Ricard Robles, Enric Palau e Sergi Caballero, fondatori e direttori del Sónar Festival

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di Giorgio Valletta

Dopo aver scontato i due anni di pandemia e aver celebrato il ritorno alla piena attività nell’edizione 2022 (premiata da un forte successo di pubblico: 122mila presenze, il suo secondo miglior risultato di sempre) il Sónar Festival di Barcellona festeggia il suo 30° anniversario con oltre 150 performance musicali, installazioni, spettacoli audiovisivi, dibattiti e attività aggiuntive, nelle giornate e serate del 15, 16 e 17 giugno 2023. Qui (https://sonar.es) il programma completo.

Per ripercorrere la storia di quello che è uno dei principali e più consolidati festival europei e descrivere le principali caratteristiche della nuova edizione, hanno accettato di rispondere alle mie domande Ricard Robles, Enric Palau e Sergi Caballero, che hanno fondato e diretto il Sónar per tutte le 30 edizioni, affiancati in seguito da Ventura Barba come CEO.

Com’è nata l’idea di organizzare un festival nel 1994, e perché avete scelto fin da subito sedi “istituzionali” della cultura come il Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona e il museo di arte contemporanea MACBA?

“L’idea principale era quella di creare uno spazio comune per presentare la musica e le arti legate alle tecnologie emergenti, abbracciando tutti gli stili che stavano emergendo all’epoca, per quanto disparati potessero essere, e di celebrare in qualche modo i pionieri. Ci abbiamo lavorato dal 1992 fino al primo Sónar del 1994: non esisteva un evento che riunisse la cultura elettronica, dai rave alla musica elettroacustica, e che allo stesso tempo guardasse alla creazione audiovisiva o multimediale. All’epoca l’intera scena musicale era molto segmentata, il pubblico si mischiava raramente, sia qui che nel resto d’Europa. Inoltre, la distanza culturale tra Barcellona e l’Europa era enorme a quel tempo. Il Sónar è nato con la volontà di essere un esperimento culturale sotto il profilo formale e sostanziale, perché proponevamo ai cittadini qualcosa che non era mai stato fatto prima: sensibilità artistiche diverse, un contesto urbano, diurno e notturno, e un luogo – il CCCB – che nel 1994 non era nemmeno stato progettato per ospitare le attività artistiche dal vivo. È stato probabilmente uno dei primi eventi di musica elettronica a svolgersi in uno spazio culturale pubblico, cosa molto insolita all’epoca”.

Credo che uno dei punti di forza del Sónar sia la sua capacità di combinare il lato più sperimentale e (in teoria) “di nicchia” della musica elettronica con quel che invece rappresenta la contemporaneità del suono e i suoi aspetti “dance” per un pubblico più vasto, facendo però sempre attenzione alla qualità. So che questo è stato il vostro proposito sin dall’inizio, e vorrei chiedervi quanto è stato difficile raggiungere tale equilibrio, e coltivare un pubblico sempre più vasto che si riconoscesse in questa formula.

Il punto di partenza è sempre stato quello di voler lavorare con proposte più o meno radicali e armonizzarle con linguaggi più popolari per raggiungere un pubblico ampio. Ci entusiasma fare in modo che questa vocazione per la scoperta sia condivisa anche dal pubblico, che prenda fiducia e reclami queste scoperte. Non abbiamo mai basato il nostro lavoro sul fatto che l’artista che presentiamo sia più o meno grande o abbia un pubblico più esteso. Essere “grandi” non significa sempre essere culturalmente e artisticamente rilevanti. È piuttosto l’innovazione nel lavoro degli artisti quello che ci è sempre interessato”.

Già dalla fine degli anni ’90 il pubblico del Sónar è divenuto sempre più internazionale, con una cospicua presenza di spettatori da altri Paesi europei e non soltanto. Quando avete iniziato a prendere consapevolezza che questo festival si stava avviando ad essere uno degli eventi musicali principali nel panorama europeo?

“Ne abbiamo preso consapevolezza tra il ’97 e il ’99. Ma è importante ricordare che il festival è nato con questa vocazione europeista di punto d’incontro internazionale fin dall’inizio”.

Poco dopo, Sónar ha iniziato a realizzare altre edizioni parallele in varie parti del mondo, fra cui il Giappone per ben 7 volte. Quali sono state per voi le esperienze più soddisfacenti finora, e quanto è stato difficile entrare “in sintonia” con gli spettatori delle città che ospitavano i vostri eventi?

Sono state tutte esperienze di lavoro soddisfacenti e di grande arricchimento per il team. Ciò include anche gli artisti che abbiamo potuto scoprire in queste città e poi invitare a Barcellona o in altre città. È importante ricordare che Sónar non è un franchising. È fondamentale essere in sintonia con i partner delle edizioni internazionali che ci permettono di entrare realmente in contatto con il pubblico e la scena artistica locale. I partner locali sono persone che hanno vissuto il festival a Barcellona, che hanno colto una dimensione culturale e che hanno lavorato per trasmetterla nel proprio territorio. Inizia così il difficile lavoro di due team, quello di Barcellona e quello della città che invita, per progettare un’esperienza culturale rappresentativa, variegata e di qualità, radicata nella dimensione culturale locale, sia essa Bogotà, Tokyo o Johannesburg”.

Da alcuni anni a questa parte, il Sónar divide il suo programma in tre assi principali: Sónar by Day, che oltre a presentare le performance musicali più all’avanguardia ha allargato il ventaglio a scene musicali ibride e solo apparentemente marginali, il Sónar by Night, che ospita i nomi di maggior richiamo, gli showcase, e alcune “scommesse” per il futuro, e Sónar+D, dedicato ai dibattiti e all’innovazione nelle tecnologie digitali culturali e creative: è una conformazione che vi soddisfa o pensate che possa esserci qualche ulteriore evoluzione a breve? E come valutate la crescita di pubblico che ha registrato il Sonar by Day nelle più recenti edizioni?

“Il Sónar è un festival che in 30 anni non ha smesso di mutare senza perdere la sua essenza. E naturalmente, se i contesti mutano, anche i formati devono cambiare. Quindi il formato del Sónar che vediamo oggi non sarà necessariamente lo stesso tra qualche anno. Per quanto riguarda la crescita del pubblico del Sónar by Day, lasciare la sede del CCCB, con tutte le sue caratteristiche, non è stata una decisione facile, ma è stata una necessità impellente perché non potevamo accogliere tutte le persone che volevano venire in quei 3 giorni. Né potevamo presentare lì determinati tipi di spettacoli e format. In particolare, per quanto riguarda il Sónar+D, nato quando il Sónar by Day si è trasferito alla Fira Montjuic nel 2013, abbiamo dovuto tenere conto della velocità con cui la scena artistica digitale e multimediale stava cambiando – e sta ancora cambiando. Questo richiedeva altri spazi e formati in cui esporre e discutere. Parallelamente a questa crescita del pubblico, è emersa un’intera classe professionale dedicata alla cultura digitale e alle tecnologie creative, che costituiva un pubblico naturale per il festival e a cui abbiamo deciso di offrire altri approcci per vivere questi 3 giorni. Oltre alla parte dedicata alle performance, al networking e all’apprendimento, Sónar+D ha risposto alla necessità di offrire nuove attività pertinenti a questo pubblico naturale del festival.

Veniamo all’edizione 2023, che celebra il 30° anniversario con un programma ricco di nomi importanti dell’ultima generazione ma anche di artisti altrettanto importanti per la storia del Sónar stesso. Ad esempio Richie Hawtin, Oneohtrix Point Never, Kode9 e ovviamente Aphex Twin. So che era stato annunciato anche Laurent Garnier, che non potrà esserci a causa dei motivi di salute che l’hanno costretto a cancellare i suoi impegni per i prossimi mesi. Come si fa a costruire nel tempo una credibilità così solida da far sì che si crei un rapporto durevole negli anni con artisti così importanti?

“Abbiamo creato una circostanza in cui gli artisti possono sempre esprimere pienamente e liberamente le loro idee artistiche. Sono una parte fondamentale di una proposta culturale ampia e diversificata e cerchiamo di integrarli in senso ampio, non solo attraverso le loro performance. Cerchiamo di offrire agli artisti complicità, ospitalità e i mezzi per creare affinità con il progetto generale del festival”.

Insieme a nomi consolidati come Fever Ray, Bicep, Peggy Gou, Max Cooper, Solomun, Amelie Lens, Black Coffee, The Blessed Madonna e a una produzione importante quale lo spettacolo immersivo “HOLO” di Eric Prydz, mi pare che anche questa edizione del Sónar presenti un ampio ventaglio di quel che di più interessante si sta muovendo nel panorama musicale. Ad esempio nella rappresentanza femminile forse mai così rilevante: penso a Little Simz, Moor Mother, Shygirl, Honey Dijon, Eliza Rose, SHERELLE, Anz, Charlotte Adigéry nel suo progetto con Bolis Pupul. E un’attenzione forte ai talenti della nuova generazione africana, da Deena Abdelwahed a Omagoqa fino al collettivo Jokkoo, oltre alla presenza di un ormai chiacchieratissimo dj/produttore di origine latino-americana quale Nick León. Mi pare che il programma del Sónar stia rispecchiando l’evoluzione della scena musicale internazionale, e stia continuando ad anticiparne le tendenze.

“Per questo 30° anniversario abbiamo pensato a un programma eterogeneo, che rappresenta epoche e stili diversi, con momenti salienti come gli spettacoli immersivi di Aphex Twin o HOLO di Eric Prydz, o lo speciale party finale preparato da Ángel Molina, uno dei DJ più stimati della scena house. La pluralità dei nuovi talenti spagnoli sarà al centro della scena del Sónar by Night di quest’anno. Ad esempio, Bad Gyal si esibirà per la prima volta al Sónar by Night sul palcoscenico del SonarPub, e il programma speciale del palcoscenico circolare del SonarCar, che sarà interamente dedicato ad artisti spagnoli: lo show di Samantha Hudson “AOVE Black Label”, il nuovo show di La Zowi “La Reina del Sur”, il live show di Orslok e i DJ set di Mareo: Chico Blanco b2b 8kitoo, Rusowsky e Parkineos”.

Qual è invece il vostro punto di vista sulla scena musicale italiana? L’anno scorso mi pare che i Nu Genea siano stati accolti molto calorosamente dal pubblico del Sonar By Day, e quest’anno torna in cartellone un prestigioso “habitué” del festival, ovvero Lorenzo Senni…

“Ci manca una conoscenza più approfondita della scena italiana, quindi è difficile valutarla da qui con tutto il dovuto rigore. Se parliamo del rapporto tra il Sónar e gli artisti italiani che abbiamo invitato nelle ultime edizioni, possiamo segnalare Anfisa, Dj Tennis, Liberato, Bawrut… e naturalmente Lorenzo Senni, che si è esibito più volte. Tutti molto interessanti e diversi tra loro”.

Nel corso di questi 30 anni, il Sónar ha captato e ospitato artisti che sono successivamente entrati a far parte dell’immaginario “pop” mainstream: per esempio penso a Daft Punk, Lana Del Rey, Bad Bunny, Rosalia e Bad Gyal. Si tratta di qualcosa che non vi aspettavate o di qualcosa che vi rende ulteriormente fieri (soprattutto per quanto riguarda gli artisti spagnoli)?

“Tutti gli artisti che citi sono assolutamente rilevanti nella musica pop degli ultimi decenni e, chiaramente, difendiamo la scelta di averli avuti al Sónar in un determinato momento. Come Bad Bunny o Lana del Rey, per fare due esempi molto diversi. Sono artisti che hanno saputo ritrarre un momento storico e che siamo contenti di aver intercettati poco prima che entrassero nell’immaginario mainstream. Per quanto riguarda gli artisti spagnoli, conoscere a fondo la scena attuale e presentarla al pubblico è una delle nostre missioni e passioni, e speriamo di farlo nel miglior modo possibile”.

Durante varie edizioni consecutive del festival, a partire dal 1998 con i Kraftwerk, si sono esibiti al Sónar artisti che hanno fatto la storia del suono elettronico (e dance), alcuni di questi rappresentandone anche la sua dimensione più popolare: fra gli altri, Devo, Pet Shop Boys, Yazoo, New Order, Grace Jones, Chic, Suicide, Roxy Music, Suzanne Ciani e persino Karlheinz Stockhausen. Quale di queste performance ricordate con maggior affetto? Ed è una “serie” che riprenderà?

“Consideriamo un grande dono la possibilità di lavorare con questi artisti. Per esempio, tra i momenti più belli da ricordare ci sono state le opportunità in cui ci siamo trovati negli studi dei Devo in California o dei Beastie Boys a New York e di passare del tempo con loro per conoscerli personalmente. Tra le performance che ricordiamo con grande affetto c’è quella dei Chic al Sónar 2006. Quell’esibizione è stata una grande sfida stilistica per il festival e un grande piacere vedere il pubblico più giovane scoprire quante canzoni di Chic non conosceva. Questo avveniva molti anni prima del boom che il lavoro di Nile Rodgers con i Daft Punk e Pharrell Williams avrebbe portato in seguito”.

Con l’apparizione dei Sonic Youth nel 2001, e successivamente con le performance di artisti come Linton Kwesi Johnson & Dennis Bovell, Mulatu Astatke, o giganti della scena hip hop quali Guru, De La Soul, Beastie Boys fino al caso di Nathy Peluso nel 2022, credo che il Sónar sia riuscito a comunicare a un vasto pubblico la sua natura di festival musicalmente “aperto” a diversi generi musicali anche al di fuori dell’elettronica intesa in senso stretto. Quanto è importante per voi questo elemento? 

“È sempre stato molto importante per noi spiegare la connessione della musica elettronica con tutti i diversi stili e generi di altre radici e quelli che nomini ne sono chiari esempi. Questo ci ha portato a entrare in connessione con il jazz con la Big Band di Matthew Herbert, o con il jazz scandinavo di Jaga Jazzist, o con il neoclassicismo di Ólafur Arnalds o Max Richter. Questo è un aspetto che fa parte dell’essenza del festival, con il suo spirito globale, e che continueremo a esplorare in futuro.

Alcune settimane fa abbiamo appreso la triste notizia della scomparsa di Ryuichi Sakamoto, che era stato uno degli ospiti più prestigiosi e affezionati del Sónar a partire dalla sua partecipazione nel 2004, e in occasione dei tre concerti con Alva Noto. Come lo ricordate?

“È uno degli artisti più generosi con cui abbiamo lavorato, generoso con noi come professionisti e generoso con il pubblico stesso e anche con altri artisti più giovani. Era una personalità e un talento straordinario, con un’enorme sensibilità come persona e come artista”.