Intervista a Julia Holter: “Strati di voci, parole, suoni e qualsiasi cosa: è così che lavora il mio modo di pensare”

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di Fernando Rennis

Euripide scriveva: «Il tempo è breve; chi insegue l’immenso perde l’attimo presente». Ebbene, non è sempre così. Anzi, ci sono persone che si prefiggono di raggiungere l’infinito e sono calate perfettamente nella contemporaneità. Appartiene a questa categoria Julia Holter, classe 1984 e talento da vendere, ampiamente riconosciuto dalla critica. Laureatasi in composizione, l’artista losangelina ha piazzato una serie di dischi che hanno ammaliato sin dalle prime note. Tragedy, debutto del 2011 su Leaving Records, è ispirato proprio all’Ippolito di Euripide e rende ben presto familiare quel groviglio di art pop, Laurie Anderson e Kraftwerk, geometrizzato in un equilibrio ambizioso ma per nulla lezioso. Si parlava prima di talento, e infatti già l’anno successivo la Holter pubblica uno dei dischi del 2012. Ekstasis bagna gli avanguardismi del debutto in un liquido oscuro esoterico e allo stesso tempo pop.

Loud City Song e Have You In My Wilderness consacrano definitivamente la giovane Julia, tornata lo scorso novembre con Aviary, ennesima testimonianza della capacità creativa e pesata di unire lo-fi, trame medievali e tematiche tutt’altro che superficiali.

Julia Holter il 24 giugno sarà tra i protagonisti della ventiquattresima edizione del Ferrara Sotto le Stelle (che vede in line up Soap & Skin, Teenage Fanclub, Thom Yorke e Tash Sultana) mentre il 23 giugno sarà a Milano al Circolo Magnolia. L’abbiamo raggiunta al telefono in un pomeriggio primaverile piuttosto caotico. Lei, voce dolce e pensieri chiari, si lascia andare, perché «poter parlare della propria arte è sempre utile». Non posso non iniziare chiedendole del suo ultimo disco. Aviary è “challenging”, l’ennesimo viaggio temerario di un’artista che questa volta prende spunto “dalla “voliera”, che è quel luogo in cui gli uccelli starnazzano ed è presa in prestito da una frase di Etel Adnan”, poetessa e saggista di origine libanese. Julia suonerà al cortile del Castello Estense lunedì 24 giugno, lì, sospesa tra presente ed eternità, riproporrà questa dicotomia in una vera e propria sospensione del tempo; ecco perché sarebbe opportuno non farsela sfuggire.

Bene, in primis come stai?

“Sono molto positiva, il disco e il tour stanno andando bene e ci tenevo particolarmente”.

A proposito del tuo ultimo album, i critici sembrano aver capito perfettamente la caratura dell’opera.

“Sono euforica perché è qualcosa che volevo fare da tanto tempo e suonandolo dal vivo percepisco una sensazione di profondo appagamento, tanto che non mi stanco mai di portarlo in tour! (Ride) Per certi versi è molto spensierato e caldo, per quanto mi riguarda”.

Devo dire che il calore di cui parli è facilmente rintracciabile, già dal primo ascolto. Cosa mi dici invece delle influenze letterarie? Sono presenti in ogni tuo disco.

“Sì, be’ è una domanda che non mi sorprende”.

Diciamo che è una cosa che salta all’occhio!

(Ride) “Assolutamente! Dunque, ricevo molte domande su questo argomento, in una maniera che probabilmente distrae dalla mia musica. La verità è che tutto quello che sto leggendo, ascoltando o guardando mentre scrivo ci finisce dentro. Ovviamente, sono cosciente delle citazioni presenti nelle mie canzoni. C’è una canzone in Aviary, s’intitola Colligere. Questa parola significa ‘accumulare’, ‘raccogliere’ e penso all’accumulo o raccolta di strati: strati di voci, parole, suoni. Qualsiasi cosa. È così che lavora il mio modo di pensare”.

A proposito di distrazione dai contenuti, come ci si sente a essere una delle voci femminili più apprezzate nell’era del #MeToo, della questione del gender gap nei festival e negli ambienti di lavoro in ambito musicale?

“Sono felice del fatto che, in quanto artista, possa ispirare altre persone a fare arte. Credo che sia questo il senso stesso dell’arte e se lo fai bene, meglio ancora. È il mio scopo e se sono un modello anche per le donne, soprattutto se posso incoraggiarle proprio come alcune eroine hanno fatto con me, è meraviglioso!”

Tornando ad argomenti più leggeri, dato che suonerai qui in Italia volevo chiederti del rapporto tra te e il nostro paese.

“So che in molti lo dicono, ma adoro l’Italia. Pensa che era tale la mia voglia di andare a vedere le rovine classiche a Roma, che anni fa feci una maglietta per il merch con la scritta “Julia in Rome” e delle improbabili colonne disegnate! A Roma fu fantastico e non vedo l’ora di suonare e conoscere Bologna”.

Be’, grazie…

“Aspetta! Sai, stasera incontrerò Simone Forti!”

Intendi l’artista italo americana?

“Sì, non vedo l’ora! Ne sarò molto ispirata e le farò sicuramente qualche domanda sull’Italia”.

Io pensavo di fartene qualcuna su Nite Jewel e Ariel Pink, a questo punto.

“Be’, sono eccezionali e la loro musica rispecchia le loro personalità”.

Possiamo dire lo stesso di te, no?

“Assolutamente”.

Redazione Rumore
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