Live Report: Andrew Bird @ Roundhouse, Londra, 4/5/2016

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SI Andrew Bird band

di Stefania Ianne

Andrew Bird, figura insolita nel mondo della musica statunitense, non è stanco di sorprendere e affascinare il mondo. Innanzitutto è troppo elegante e sofisticato per la media, fisicamente e mentalmente. La musica che ha offerto nel corso degli anni è un meandro intricato di note e tempi impossibili, conditi da una buona dose di un fischiettio singolare, peculiare. Bird non è più giovanissimo. Nato nel 1973, ha candidamente dichiarato che quando aveva 22 anni trovava la musica in voga noiosa da morire. Nel ’95, l’anno noioso a cui si riferisce, Kurt Cobain era appena morto, grunge e crossover dominavano. Tempi esaltanti direbbe qualcuno, ma non Bird.

Sarcastico, singolare, Bird è un talento naturale. Il suo strumento preferito è il violino, lo strumento classico per antonomasia – e più nella musica popolare che nel rock. E tra l’altro lo ha imparato a suonare con il metodo Suzuki, un approccio che tratta la musica come un linguaggio e, come tale, più semplice da assimilare in età giovanissima. Non si vede molto spesso in tour, Bird, ancora di meno in Italia. Nonostante Are You Serious?, la sua ultima produzione e il motivo per cui la troviamo a Londra per una delle poche tappe europee del suo ultimo tour.

Bird arriva sul palco del Roundhouse con una sciarpa pesante al collo, probabilmente per preservare le corde vocali. È lui a salire sul palco per primo, seguito da un gruppo di musicisti di qualità eccezionale che lo ha accompagnato anche nella registrazione del suo ultimo LP. Immagino i colloqui per entrare a far parte del gruppo: solo i professori di conservatorio sopravvivono alla selezione. Bird ha il viso sofferente. È l’espressione insoddisfatta di chi si aspetta sempre il meglio, anche e soprattutto da sé stesso – magrissimo ed elegante nella giacca classica, leggermente scintillante. Un’eleganza stanca, da intellettuale sofferto e in conflitto con sé stesso, da esistenzialista. Dopo una breve introduzione strumentale, la band inizia con la sicura Capsized, storia di una rottura di una relazione.

SI Bird Poor2

Bird ha rivisitato e sperimentato su questa canzone a lungo durante i suoi concerti soprattutto da solo, quando sembrava dipendente forse in maniera eccessiva dal loop pedal, da moderno one-man-band. È la prima volta che lo vedo dal vivo accompagnato da un gruppo e funziona bene. Lo vedo nervoso come al solito, ma rilassato dalla presenza della band. Addolcisce bene i continui passaggi dal violino alla chitarra, dalla chitarra al violino alla voce. È molto teatrale nella resa: la gestualità ci comunica che ci crede molto in queste nuove canzoni. Anche la voce è maturata, ricca nei timbri e nelle sfumature. Ha un problema con il tempo, con il ritmo, stasera: si ferma e riprende un paio di canzoni perché i suoi ritmi insoliti, fatti di contrattempi continui, stasera sono complessi anche per lui. La band è preparatissima e pazientissima, asseconda ogni suo intoppo e ne amplifica la musicalità. Il gruppo è inarrestabile persino quando un amplificatore esplode nel mezzo di una canzone. Tutta la sala trattiene il fiato. Alla fine della canzone Bird dà voce alle paure di tutti, anche lui per un millesimo di secondo aveva pensato: “È finita, l’incubo peggiore per un musicista dopo il Bataclan si sta effettivamente avverando anche per me”. “Ho chiuso gli occhi”, ci ha detto.

Ted Poor alla batteria, non esito a dirlo, mi ha lasciata senza parole eseguendo con naturalezza un’infinità di ritmi, spesso jazzistici. Una rivelazione. All’altro lato del palco la presenza della chitarra di Blake Mills è all’apparenza timida e cortese, ma fondamentale. Bird ha detto di lui che è l’unico chitarrista che riesce a capire i suoi tempi, che esce fuori dallo stereotipo musicale, che parla la sua stessa lingua. Per non dimenticare il basso fondamentale di Alan Hampton, tra l’altro accompagnatore vocale d’eccezione.

SI Bird band acoustic

Attendevo con trepidazione la litigata musicale che su Are You Serious? Bird interpreta magistralmente insieme a Fiona AppleLeft Handed Kisses. La scelta scontata sarebbe stata un’ospite femminile in sala stasera a sostituire la Apple. Invece Bird ci sorprende e si divide in due. Un caso ovvio di personalità doppia, ci dice: da un lato del microfono sarebbe stato sé stesso, dall’altro invece ci saremmo dovuti immaginare la Apple. La seconda voce nella sua testa si era formata in maniera preponderante durante la composizione e la cantante gli era sembrata la scelta ovvia per un litigio di coppia magicamente reso in un video lubrificato da tantissimo whisky. Tutto il concerto è, in una parola, perfetto. Studiato, poco improvvisato. Bird sembra prendersela in continuazione con la scarpa destra che continua a volare dal suo piede per poi essere infilata con nonchalance per la canzone successiva.

Pulaski at Night potrebbe essere la conclusione ovvia della prima parte del concerto. Bird ci racconta che è effettivamente un omaggio alla sua città, Chicago, ed è nata dalla richiesta di un amico musicista tailandese. Erano in giro in macchina, e l’ospite ha colto tutti di sorpresa dicendo, semplicemente: “voglio vedere la Pulaski di notte”. Una strada non eccezionale per un personaggio storico molto importante per Chicago, uno scherzo privato ormai reso molto pubblico. Le note orientaleggianti del violino ci conquistano mentre Bird sussurra: “starting over”. Il ritorno sul palco per il bis è ancora più sorprendente: i musicisti si raccolgono intorno ad un microfono solitario, gli strumenti sono tutti acustici. Siamo proiettati nell’intimità di una performance familiare, il tempo tenuto dal battere degli stivali sul pavimento di legno. Una cover di Neil Young, Harvest, prende una forma familiare ma migliorata dal tempo, invecchiata come una bottiglia di whisky, la voce di Bird superiore al falsetto debole seppure affascinante di Young. La versione acustica di Give It Away e la conclusiva The New Saint Jude sono recitate in una serie di pause strategiche da artista consumato. Iil pubblico è nelle sue mani. Non può non finire senza una canzone pensata per un pubblico infantile per una storia televisiva da lui creata: la storia del distratto Professor Socks.

Mentre usciamo dalla sala non siamo sicuri se ridere o fischiare, per esprimere la nostra sarcastica voglia di vivere. Una ragazza sviene sulle scale: evidentemente l’esperienza Bird accompagnata da troppa birra è stata devastante.

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