Berlino: Un’intervista a Paula Temple

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paula temple

di Ercole Gentile – foto di Tania Gualeni

Recentemente è passata da grandi manifestazioni come Amsterdam Dance Event e I Love Techno. Il suo nome sta diventando sempre più d’interesse nel mondo techno, grazie anche ad una label che la sta spingendo a dovere come R&S. Paula Temple, da Leeds e residente ormai da un paio d’anni a Berlino, a vederla sembra la donna più semplice e tranquilla della terra; poi senti le sue produzioni o i suoi dj set ed è un carrarmato scuro e deciso che conquista il dancefloor senza farsi troppe remore. Ci incontriamo in un freddo pomeriggio di dicembre in quel di Kreuzberg. Non è passato molto tempo dalla sua performance al festival belga I Love Techno e quindi le chiedo subito un feedback al riguardo: “È stata una bellissima esperienza. Mi ha impressionato moltissimo il pubblico, carichissimo, e la location. Ci sono alcuni pezzi che suono solo in venue così grandi perchè solo in queste situazioni possono fare davvero il loro effetto. Sicuramente è stato uno dei festival più belli in cui mi sono trovata a suonare”.

In questo ultimo anno hai girato parecchio. Ci sono altre situazioni che ti hanno impressionato?

“Indubbiamente il Volt Festival in Svezia, una location bellissima, line-up perfetta ed un’atmosfera molto rilassata anche tra noi artisti, molto coinvolgente”.

È da poco uscito il tuo nuovo EP Deathvox su R&S, così come il precedente Colonized. Ho sentito un sound ancora più scuro, tribale e quasi spirituale rispetto al suo predecessore.

“Il lato che definisci tribale è indubbiamente presente, anche perchè sto continuando il mio lavoro sulle percussioni (nasco come batterista). Penso che soprattutto Ful rappresenti un mio viaggio personale nel mondo della techno, un percorso che associa parti più melodiche ad altre più decise”.

Berlino ha avuto un’influenza nelle tue ultime produzioni?

“Assolutamente si. Ad esempio quando suoni al Berghain e poi ti metti in studio, pensi sempre come possa suonare quel pezzo in un posto del genere e con un impianto come quello. È quasi inevitabile. Però Berlino non è solo questo, è una città molto attiva politicamente e su temi sociali per esempio e questo è un aspetto che mi piace molto. E’ una città dove è facile avere scambi con altri artisti, insomma in questo momento è il posto ideale per me dove vivere”.

Che differenza fa avere alle spalle una label come R&S e come è nato il contatto con loro?

“Forse al giorno d’oggi sono poche le etichette che possono davvero fare la differenza e R&S è una di queste. Ha una sua storia ed un seguito di appassionati che si fidano delle scelte artistiche. Inoltre Renaat (il fondatore della label, ndr) è una persona incredibile, molto impulsiva, uno che fa le cose col cuore. Ricordo che a dicembre 2012 inviai loro del materiale e dopo neanche un mese ricevetti una proposta di contratto. Fu davvero eccitante ricominciare nel mondo della musica da una label così importante”.

Già, ricominciare. Perchè Paula Temple è stata ferma per oltre cinque anni.

“Dovevo preparare il mio primo album e mi presi del tempo. Poi iniziai a lavorare in una comunità sociale in Inghilterra e quel lavoro mi assorbì completamente sia a livello fisico che mentale e non avevo tempo per fare altro. Finchè ho sentito il bisogno di tornare alla musica e di farlo nel modo giusto”.

Un giorno vedremo finalmente il primo album di Paula Temple?

“Si, è il mio obbiettivo per il 2015. Non è semplice lavorare ad un disco, è molto diverso che fare dei singoli, ma sento che stavolta andrà per il verso giusto. Inoltre ho alle spalle R&S interessata a produrlo e quindi questo è uno stimolo altissimo. Nel 2015 avrò anche un altro progetto con Noise Manifesto, ma al momento non posso aggiungere nulla”.

Sei una producer che spesso si è messa all’opera per remix. Come scegli un brano da remixare?

“Normalmente vengo contattata. Io valuto il pezzo e se mi piace ed ho tempo (purtroppo sono davvero lenta in certe cose) allora mi metto all’opera. Di solito è più stimolante se devo remixare un pezzo non techno, posso metterci maggiormente il mio tocco”.

Ci sono degli artisti con cui vorresti collaborare un giorno?

“Bé, se devo sparare alto, direi gente come Kate Bush, M.I.A. o Nine Inch Nails, tutti artisti che mi hanno ispirata molto. Però mi piacerebbe anche lavorare nuovamente con produttori berlinesi come Sascha Perera o Ancient Methods, con cui abbiamo fatto alcune sessioni in studio e chissà…”

Siamo verso la fine dell’anno ed è per tutti tempo di classifiche e sondaggi. Se dovessi scegliere un disco ed un singolo per il 2014?

“Concedimene due: Planningtorock e Clark come album; Aisha Devi – Throat Dub (su Danse Noire) e Karen Gwyer – New Roof (su No Pain in Pop) come singoli.”

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