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Intervista a Carlo Zollo ed Enrico Gabrielli. “Gli strumenti musicali non sono priorità dei teenager” (Gabrielli). “La tecnologia per creare musica va sempre di più verso la semplicità”(Zollo)

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Di Matteo Da Fermo

In occasione dell’Anniversario della Liberazione d’Italia, il Teatro alla Scala di Milano ha commissionato a Enrico Gabrielli una suite per orchestra da camera dal titolo Variazioni su Bella ciao. L’esibizione, più unica che rara nel suo genere, ha raccolto stupore e complimenti un po’ da tutte le parti: al di là di qualsiasi valutazione, è stata l’ennesima testimonianza del rispetto musicale che in tanti hanno nei confronti del membro dei Calibro 35. Nella storia recente della musica italiana la band milanese, anche grazie a Gabrielli, è riuscita a inserirsi in una dimensione totalmente unica, apprezzata sempre più anno dopo anno, grazie alle loro produzioni, alle performance dal vivo e alla capacità di collaborare con universi distanti senza mai snaturarsi. Dietro il loro successo, oltre a Enrico Gabrielli (membro fondatore) c’è stato anche Carlo Zollo, che per dieci anni ha accompagnato il gruppo in veste di fonico. Oggi le strade dei due artisti sono distanti ma recentemente si sono riavvicinate con il singolo Data Crime, una collaborazione tra Zollo, i Calibro 35 e Xenboi (ex Delay In The Universal Loop), facente parte di Spermatozollo, il nuovo progetto del produttore di origini campane. Il disco, che è stato snocciolato nei mesi passati da diversi singoli ora riuniti nel disco, è disponibile in digitale e in uno splendido vinile numerato in tiratura limitatissima. La storia di Carlo (Zollo) ed Enrico è fatta di tantissimi palchi e moltissima musica, con un approccio che ha sempre visto la voglia di sperimentare al primo posto, come testimoniano peraltro le collaborazioni all’interno dell’album. Abbiamo scambiato due chiacchiere con questa eccentrica coppia, tra presente, passato e futuro di un’industria musicale sempre più ibrida.

Come vi siete conosciuti? C’è qualche aneddoto che volete raccontare accaduto negli anni in cui avete collaborato?

Enrico Gabrielli: “Ci siamo intercettati un sacco di anni fa (non ricordo l’anno ma Carlo sicuramente se lo rammenta) a un concerto dei Calibro 35 a Benevento. Suonavamo nell’esterno dello storico Morgana, un posto che già dai tempi in cui suonavo con i Mariposa era tappa fissa. Carlo ci fece da fonico e poi, non avendo noi un fonico fisso, entrò a far parte della baracca. E così è stato per tantissimi anni”.

Zollo: “Era il 2008 e vivevo ancora a Benevento. In quel periodo desideravo tantissimo iniziare a confrontarmi con il mondo della musica che seguivo e i Calibro35, da poco formati, erano il progetto che più mi stava appassionando. Un locale di amici di Benevento, il Morgana, stava organizzano una loro tappa del tour e colsi l’occasione per propormi di aiutarli con il sound in quell’occasione e poi di continuare a seguirli per qualche data. Il concerto fu pazzesco e accettarono di portarmi in tour. Ricordo perfettamente che, alla terza data, in viaggio in furgone tra Bologna e Torino, mi fecero una proposta per continuare. Da qui sono seguiti quasi un migliaio di concerti insieme. Con Enrico in particolare, dopo essermi trasferito a Milano, eravamo anche vicini di casa e quindi, tra una cena e l’altra, negli anni, ci siamo ritrovati a collaborare a tantissimi progetti”.

Entrambi avete sempre lavorato a diversi progetti, più o meno contemporaneamente. Quanto è difficile riuscire a trovare l’ispirazione per fare qualcosa di proprio quando la vostra quotidianità musicale è presa da altri progetti in cui si è turnisti o comunque complementari?

E.G.: “Non ho la concezione del progetto principale o parallelo, ogni cosa che si fa è principale nel momento in cui si fa: l’ispirazione è cosa facilissima da trovare. È il tempo che ‘ammanca’! E quando le cose si incastrano, il più è fatto”.

Z.: “Il mio rapporto con tutti i progetti è sempre stato complementare. Con tantissime variabili, la cosa su cui mi accorgo di essere da sempre più concentrato è conoscere e capire bene l’ispirazione, il background e le caratteristiche dei collaboratori o protagonisti del progetto. Per poi lavorare sul tentativo di potenziare l’insieme immedesimandomi e filtrando il tutto con altre esperienze collegabili. Le idee sono sempre tantissime, ‘il collo di bottiglia’ (l’elemento vincolante, insomma) di solito sono i mezzi a disposizione”.

Veniamo al presente: come è nata la vostra collaborazione nel singolo Data Crime presente in Spermatozollo?

E.G.: “Carlo ha sempre avuto talento e gusto, a mio avviso. Negli anni ha iniziato un percorso personale che ho sempre sponsorizzato e, quando mi ha chiamato per fare un po’ di cose e lavorare con le mie band sul suo primo grosso progetto solista, è stato naturale e automatico. Tra l’altro eravamo pure vicini di casa (e spero di tornare a esserlo), quindi ero super comodo”.

Z.: “Erano un paio di anni che fantasticavo di provare a far suonare una mia composizione ai Calibro35. Enrico aveva già collaborato ad altri due brani di Spermatozollo e il progetto stava prendendo una bella forma. Quindi decisi di inviargli una mia bozza su cui registrare la band e, coordinati da Tommaso Colliva, in un paio di giorni, avevamo la strumentale. Solo dopo qualche mese, grazie alla voce di Xenboi, Data Crime ha preso la sua forma finale”.

Enrico, come avete vissuto all’inizio della carriera il fatto che i primi riconoscimenti importanti arrivavano dall’estero? Vi aspettavate il successivo riconoscimento avvenuto in Italia?

E.G.: “Non ci siamo mai aspettati nulla con Calibro 35. E forse questa condizione di low profile iniziale è stata la nostra grande fortuna. Tutto quello che facevamo e che stiamo facendo è  in sintonia con le nostre indoli musicali. Restando naturali per così tanti anni possiamo dire di aver trovato la migliore quadra possibile. E questa cosa, in qualche modo, ha dato risultati sia fuori che dentro il territorio nazionale”.


Enrico, c’è stato un momento preciso nella storia dei Calibro35 in cui avete deciso di aprirvi ad altri generi con collaborazioni mirate o è stato frutto di incontri e amicizie casuali?

E.G.:”Tra tutti e cinque ne facciamo mille per cui sì: mai smesso di collaborare e mai pensato di restare chiusi nel nostro alveo. Anche con i Calibro35″.

Enrico: due anni fa siete stati a Sanremo: secondo te cosa va e cosa non va di quella kermesse? Ci torneresti? Pensi faccia bene a generi considerati più di nicchia rispetto il nazionalpopolare?

E.G.:”Sanremo è una gara sportiva. La musica c’entra molto poco, anzi è un pretesto. In quanto tifoso però lo vedo e spesso mi diverto. Quest’anno però, a dirla tutta, non mi son divertito. Anno troppo strano…”

Enrico, come è nata la collaborazione con gli Ottone Pesante?

E.G.:”Li abbiamo conosciuti on the road nel periodo in cui spesso suonavamo in formazione allargata. Il link è stato il gruppo del fratello di Luca Cavina, Simone, che si chiama Junk Food. E avendo bisogno di due baldi giovini che suonassero ottoni in modo gagliardo li beccammo dalla Romagna metallara”.

Zollo, cosa c’è dietro Spermatozollo? Cosa ti ha spinto a dare vita a questo progetto e in che modo hai scelto gli ospiti?

Z.: “Spermatozollo non ha avuto una forte pianificazione. Collaborando a tanti progetti, da qualche anno, un bel po’ di materiale, nato in particolare da una mia idea o spinta, è finito nel mio hard disk. Mi sono solo reso conto che questo materiale mi piaceva e rappresentava, e ho capito che mi faceva piacere pubblicarlo. Ed è per questo che ho deciso di dedicare un piccolo spazio a ogni traccia facendole uscire sotto forma di collana discografica”.

Zollo, l’idea grafica del progetto come è nata?

Z.: “Ecco, un’altra cosa che condivido con Enrico è la passione per i videogame. Volendo rappresentare un’atmosfera per ogni traccia con un immaginario che legasse le grafiche, la primissima idea è stata quella di realizzare tutto con l’estetica del limite di quantità di pixel che aveva il GameBoy Nintendo. Dopo un bel po’ di ricerca sulla programmazione e pixel art, fortunatamente ho conosciuto Silvia Governa, che è stata impeccabile nel realizzare quello che avevo in mente”.

Zollo, qual è la più grande differenza che hai notato nell’approccio alla musica tra gli artisti urban con i quali hai lavorato e l’universo più alternativo-indie?

Zollo: “La cosa che spesso mi colpisce è che l’approccio, per tantissimi aspetti, è molto simile. L’aspetto che crea più differenza è quello tecnologico e dei mezzi. La tecnologia messa in commercio per creare musica va sempre di più nella direzione della semplicità. Questo influenza molto di più gli artisti urban che sono in tantissimi a scrivere e produrre musica con un laptop da casa. Per quello che posso, provo spesso a far incontrare i due mondi ed è sempre interessante quello che succede”.

Ricordo che anni fa la critica madre che veniva rivolta al mondo urban italiano, da parte dei musicisti “veri”, fosse quella di non fare musica con gli strumenti, né in studio né dal vivo. Oggi gli strumenti sono praticamente la normalità e le critiche sembrano essersi spostate sulla frivolezza dei testi e sull’immaginario di alcuni artisti, ignorando totalmente altri aspetti. Arriverà mai secondo voi una piena approvazione del rap e delle sue derivazioni in Italia?

E.G.: “Non ne ho idea. Io vedo che gli strumenti ‘veri’ sono comunque meno una priorità tra i teenager. Soprattutto in questi due anni di merda dove suonare assieme è stato praticamente vietato. Per cui tra un po’ analizzeremo lo status quo della popular music con i parametri dei divieti. E ci vorrà tempo prima di capirci qualcosa. Il fatto di non poter stare liberamente con la propria “cumpa” e i propri amici sega le gambe a un sacco di musica “aggregativa”. Ascoltare rap da sballo solo a casa in camera dalla mattina alla sera dopo un po’ temo che non tenga il colpo del tempo. E cambierà forse il gusto e l’immaginario. Chissà. Lo capiremo a scoppio ritardato”.

Z.: “Da quello che mi sembra di percepire, da entrambe le parti si è arrivati alla piena approvazione reciproca. Ci sono ancora dei forti limiti nel capirsi completamente ma, soprattutto negli ultimi mesi, mi ritrovo spesso a fare da tramite di richieste di collaborazioni tra i due mondi”.

Entrambi avete lavorato ad una quantità di concerti enorme. Credete che finalmente, dopo un anno, si potrà lentamente tornare alla normalità in questo mondo? Al netto della pandemia, cosa manca all’Italia per essere alla pari di altri Paesi in cui l’industria dei concerti è più solida?

E.G.: “Ho passato fasi che andavano dall’incazzatura all’indignazione, alla frustrazione e alla rassegnazione. Finché ora sono al punto in cui non ho più sentimenti in relazione a questa cosa. Sono pronto all’idea che non torneremo mai più dal vivo. Il che significa che sono impazzito e totalmente inattendibile. E credo che l’estero (e ciò mi provoca ancora più disfunzioni mentali) sia nella stessa identica situazione italiana. Un anno zero worldwide”.

Z.: “Il mondo si è fermato proprio dopo le prime date del tour di Ketama126 in cui, oltre alla direzione artistica, suonavo la chitarra (cosa che non succedeva da quasi una quindicina di anni), e mi devo ancora riprendere dal vedere gli strumenti riconsegnati a casa dalla produzione che deve sgomberare il magazzino. Nonostante questo, non riesco a sperare che tutto torni alla normalità. L’industria dei concerti era spietata, prevalentemente mossa dal profitto e da logiche individualiste. Una continua guerra tra poveri in cui i peggiori personaggi privi di scrupoli diventano spesso realtà importanti”.

Qualche artista emergente – o non – su cui puntare per il futuro?

E.G.: “Ho un secondo bimbo di un mese e mezzo di vita. Purtroppo non mi dà tempo per fare scouting in questo periodo. Potrei dire però che lui ha una bella voce. Soprattutto di notte quando non dorme…”

Z.: “Un artista emergente “o non” su cui puntare è quello del progetto a cui ora sto dedicando molte attenzioni, ed è Xenboi, il nuovo progetto di The Delay in the Universal Loop, ossia Dylan Iuliano. Nasce dall’aver immaginato insieme una sua nuova forma…

Progetti in cantiere?

E.G.: “Almeno cinquanta e non riesco a elencarli. ‘Mai chiedere al millepiedi di muovere la gamba 517, potrebbe bloccarsi…”

Z.: “Siamo a lavoro su tanto materiale che presto proporremo insieme”.

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