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Editoriale 339: la resa dichiarata

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(Credit: Benfante)

Di Rossano Lo Mele

Che fine fanno le anatre di Central Park in inverno? Era quanto si chiedeva in una frase ormai leggendaria quanto abusata Jerome Dave Salinger ne Il Giovane Holden. Parafrasando lo schivo scrittore statunitense potremmo chiederci: che fine fanno i giornali, quando scade il loro periodo in edicola? In una circolare di metà febbraio 2020, il distributore di questo e tantissimi altri giornali ci scrive: l’associazione nazionale dei Distributori Locali segnala un’impennata al ribasso del valore della carta da macero. Tanto che le imprese che si occupano del ritiro e della macerazione della carta chiedono ora un compenso per il ritiro e lo smaltimento. Di più: la Camera di Commercio di Milano, da sempre punto di riferimento obbligato sul tema, non quota neanche più il prodotto. Il che significa che gli editori dovranno pagare di tasca propria per il ritiro della carta. Prima volta nella storia dell’editoria. Ma facciamo un passo indietro. 

Quando i giornali vengono distribuiti, nelle varie edicole vengono lasciate tutte le copie stampate. Ma non tutte le copie stampate vengono certo vendute. La tiratura distribuita è sempre superiore al venduto. L’indomani (per i quotidiani), la settimana successiva (per i settimanali) o il mese dopo (per i mensili) il vecchio prodotto viene ritirato e sostituto dal numero nuovo. A questo punto scatta la domanda sulle anatre a Central Park: che fine fanno le copie invendute? Qui si pone una doppia opzione. Questo è il momento della cosiddetta resa. La restituzione del prodotto, cioè dell’invenduto. La resa viene chiamata in gergo in due modi: dichiarata oppure fisica (quest’ultima nota anche come accertata). Ecco spiegate le due modalità: la resa fisica/accertata prevede che l’editore si faccia appunto fisicamente carico dell’invenduto. Ossia che prenda un mezzo – dal carico sufficiente – che gli permetta di andare a recuperare presso la sede centrale del distributore tutte le copie invendute. Dipende dai giornali, possono essere anche decine di migliaia (centinaia di migliaia nel caso dei quotidiani) di copie avanzate: immaginate il peso e il volume. Oltre alla disponibilità di qualcuno che si occupi, appunto, di questo recupero materiale. Poi, una volta recuperate, sarà cura dell’editore capire cosa farne: macerarle? Rivenderle? Archiviarle? 

Chi (come noi, ma siamo la maggior parte) non opta per la resa fisica/accertata, aderisce invece alla resa dichiarata. Dichiarata significa che il distributore si fa carico delle copie invendute e le gestisce (mandandole al macero, cioè distruggendole) senza coinvolgere l’editore. Ma quali sono le ulteriori differenze? E perché uno dovrebbe optare per una soluzione invece di scegliere l’altra? La resa dichiarata implica un patto di fiducia tra chi produce e vende il giornale e chi lo distribuisce. Se chi lo distribuisce, in base ai suoi sistemi di controllo e rendicontazione ti dice che tu hai venduto tot copie mentre tot altre sono avanzate, non hai altro modo di verificare se non quello di fidarti (i moderni sistemi di controllo, se adoperati correttamente, sono assai efficaci). Un patto di fiducia. Io ti affido il giornale e sono così certo della bontà del tuo lavoro che quando mi fornirai i dati sulle copie effettivamente vendute, io mi fiderò di te. Le altre copie avanzate saranno di fatto considerate copie “morte”: con conseguente spreco di carta e inquinamento, certo, ma per essere distribuiti su tutto il territorio nazionale – che conta poco meno di 20mila punti vendita a oggi – va messo in preventivo che è difficile eludere questo meccanismo. La resa fisica/accertata potremmo invece definirla come l’opzione dei diffidenti: ossia di quelli che vogliono controllare di persona (legittimo diritto peraltro, ci mancherebbe). Esempio: io ti ho affidato 2mila copie del mio giornale da distribuire dopo un mese, tu, distributore, mi dici che ne ho vendute mille. Benissimo, vengo a prendermi le mille copie in esubero, verificando di persona. 

Proviamo a unire questi elementi per trarne un senso: il valore della carta crollato. Le copie invendute che viaggiano spedite in migliaia verso l’autodistruzione. Metaforicamente il significato pare chiaro: i giornali non ci servono più. Eppure mai come in questo periodo funesto verrebbe da dire il contrario. Le edicole aperte hanno un ruolo simbolico altissimo. Molte sopravvivono – è la verità, bella o brutta che sia – vendendo giocattoli che sono allegati di varie testate. Prodotti che arrivano dalla Cina. La chiusura forzata delle fabbriche a Wuhan e dintorni ha bloccato la produzione, fenomeno che colpirà le forniture alle edicole dalla metà di aprile alla metà di maggio. Fino ad adesso nessun problema, nonostante il Coronavirus, perché si trattava di stock già inviati dalla Cina tra fine 2019 e inizio 2020. Proviamo a dare tutti una mano alle edicole e ai giornali indipendenti: entrambi presidio di civiltà, pluralismo e democrazia. Sarebbe davvero una ferita culturale irricucibile l’estinzione delle anatre.  

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