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Intervista: Death From Above 1979

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death from above 1979

di Luca Minutolo

Attivi dagli albori del 2000 in sella al cavallo pazzo del punk/funk, e forti di una formula tanto semplice quanto efficace, i Death From Above 1979 (il cui acronimo scatena beghe legali contro l’omonima etichetta newyorkese, e la conseguente aggiunta dell’anno 1979 in calce alla propria ragione sociale) sporcano le acque torbide d’inizio decennio con la loro miscela punk-noise ripetitiva e ammiccante alle ritmiche danzerecce, che convogliano nell’EP d’esordio Heads Up. Con You’re a Woman, I’m a Machine (del 2004) il duo canadese irrompe sulla scena senza bussare armato di un disco fresco e maledettamente trascinante, grazie alla sua formula basilare basso/batteria che mette subito in chiaro la faccenda: la priorità è divertirsi e far casino fino allo sfinimento. Dopo quasi due anni di concerti incessanti e un inaspettato successo, la band decide di scendere dal folle carrozzone dello stardom e sciogliersi per apparenti “divergenze musicali”.

Il power duo composto da Jesse F. Keeler (basso) e Sebastien Grainger (batteria) torna assieme nel 2010 per una serie di concerti, trovando di nuovo il gusto di un tempo nel suonare assieme, e sfornando solo oggi il nuovo The Physical World dopo otto anni di silenzio discografico. Una prova più muscolosa ed elaborata rispetto alla trascinante formula del passato, che apre nuovi scenari per la band. Approfittando della loro sortita italiana il 17 ottobre scorso al Covo Club di Bologna, abbiamo intercettato Sebastien per scoprire cosa è successo durante questa lunga pausa, e per sviscerare la gestazione del loro terzo parto discografico, ripercorrendo brevemente la folle iperbole che in questo lasso di tempo ha mischiato le carte in tavola di un panorama in continuo mutamento.

Prima di tutto, che cosa avete fatto in questi otto anni di pausa dalla band e qual è la spinta che vi ha portati a tornare assieme per registrare un nuovo disco?

Abbiamo deciso di sciogliere la band nel 2005, ma già dal 2010 io e Jesse abbiamo cominciato di nuovo a suonare assieme per alcuni concerti. Ci siamo presi quasi tre anni per pensare e registrare il nuovo disco, ritrovando la nostra alchimia attraverso una serie di concerti e realizzando un disco che ci convincesse a pieno. In questi anni di sosta dalla band siamo rimasti coinvolti comunque nella musica, come DJ e produttori [Ricordate i MSTRKRFT? ndr].

Cosa vi ha spinto davvero a riformare la band e realizzare un nuovo disco?
Inizialmente abbiamo riformato la band semplicemente perché avevamo voglia genuina e disinteressata di suonare. Avevamo ancora la coscienza di essere una rock band che piaceva e faceva presa diretta sul nostro pubblico. Fondamentalmente non ci siamo mai separati davvero, e sentivamo ancora l’affetto del nostro pubblico. Io e Jesse siamo prima di tutto amici, quindi è stato molto semplice e spontaneo tornare assieme per suonare di nuovo la nostra musica, dato che la nostra amicizia trascende dalla storia e dalle sorti della band. Abbiamo deciso di ricominciare con calma, attraverso alcuni live in Canada per tastare direttamente se il nostro contatto con il pubblico era ancora forte e capire in quale direzione dirigere il nostro progetto. Ma fin dal primo momento in cui siamo tornati assieme per suonare, abbiamo capito che il nostro entusiasmo e quello del pubblico era rimasto intatto. Quindi non è stato poi così difficile convincerci a tornare sulle scene.

Qualcosa è sicuramente cambiato nel vostro approccio alla musica. In The Physical World viene meno la vostra attitudine noise, lasciando spazio per un sound più muscoloso e pesante rispetto al passato, anche grazie ad un lavoro di studio più accurato.
In passato i nostri dischi sono stati tutti autoprodotti da noi. Ad esempio Heads Up, il nostro disco a cui sono più affezionato, è stato registrato interamente da noi nel nostro scantinato. Amavo e amo tutt’oggi quel sound così diretto e punk. Per The Physical World invece abbiamo deciso di entrare per la prima volta in un vero e proprio studio, approcciandoci alle registrazioni in maniera del tutto nuova per noi, e affidandoci alle mani del produttore Dave Sardy.Anche al livello di strumentazione abbiamo curato ogni scelta nella fase di registrazione e produzione rispetto al passato. Sentivamo la necessità di avere nuovi stimoli e dare una rinfrescata ad una formula musicale così basilare come la nostra, ed è stato allo stesso tempo strano ed eccitante. Insomma, la spinta giusta che ci serviva per tornare.

Possiamo dire che qualcosa sta cambiando nel vostro sound?
In sostanza usiamo la stessa formula di sempre. Onestamente non credo sia così differente dal nostro sound originale, se non più curato nei dettagli e quindi più potente ed elaborato. Non abbiamo voluto cambiare molto, dato che la band nasce dal piacere mio e di Jesse nel suonare assieme, e ciò che ne esce fuori è la stessa formula punk di sempre. Diciamo che The Physical World rappresenta ciò che i Death From Above 1979 sono oggi, e vogliamo rappresentarlo nel miglior modo possibile.

Per quanto riguarda l’assetto live?
Suoneremo più o meno tutto il nostro repertorio, inserendo alcuni samples ed effetti in più, ma l’assetto rimarrà invariato: saremo sempre io e Jesse a far casino sul palco come prima. Indubbiamente dal vivo, qualsiasi orpello finito su disco lascia posto a un sound più asciutto e potente.

Siete stati lontani dai riflettori per quasi dieci anni, ovvero un’eternità per quest’epoca così veloce, immediata e tutta in divenire. Come avete trovato il panorama una volta tornati sulle scene?
Nonostante la band fosse rimasta ferma per tutto questo tempo, entrambe siamo rimasti coinvolti nell’industria musicale. Siamo stati trascinati anche noi da questa fretta e velocità che la nostra epoca ci impone. Abbiamo cominciato come punk band senza alcuna pretesa o ambizione particolare e abbiamo lottato per portare avanti il nostro progetto. Al nostro ritorno, relativamente alla band, abbiamo trovato quasi tutto come quando l’avevamo lasciato, e probabilmente adesso è molto più semplice per noi. Facendo un confronto dai nostri esordi, oggi trovare opportunità è più facile che in passato. Creare e far crescere una band con i mezzi a disposizione ai giorni nostri rende la faccenda più immediata e meno faticosa. E per me va decisamente meglio così.