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Editoriale 261: Noi, voi e le edicole

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Se dalla stazione dei treni di Bologna prendi via Indipendenza, tira dritto e arriverai in Piazza Maggiore. La prima copia del nuovo corso di “Rumore”, primi di settembre 2013, l’ho vista nell’edicola giusto all’incrocio. Come mi ha detto poi qualche giorno dopo Luca Frazzi durante la presentazione a Modena: in edicola spicca.

Le edicole. Un posto il cui fascino – e sia detto senza giudizi morali vintage – rischia di venire travolto dal digitale. Se già non è avvenuto mentre ne parliamo. Qualche mese fa lo studioso e giornalista inglese Dorian Lynskey (lui è l’autore del saggio 33 Revolutions Per Minute, il pezzo stava sul mensile “Q”) scriveva qualcosa di simile a proposito del formato album. Il senso era più o meno: muore la discografia, nessuno compra più dischi, tutti su Spotify o iTunes. Eppure: il formato album in sé resiste. Non è il modello disco a essere entrato in crisi. Il suo format per così dire narrativo rimane centrale rispetto alle discussioni musicali e ai flussi produttivi. Nessuno è in grado di prevedere con certezza cosa succederà alle edicole. Il modello giornale è in crisi da un pezzo. Si spilucca articoli spesso copiaincollati dal web. Intanto però i giornali continuano a stare nelle edicole. Sempre meno (giornali ed edicole). Ma stazionano lì. E non solo. Nel mondo della musica (a parte le celeberrime eccezioni del caso) occupano ancora un ruolo di autorevolezza non del tutto riconosciuto alla rete. Forse alla lunga si mostrerà una battaglia persa. Ma noi ci credevamo e ci crediamo molto, in quello stare lì. Nel miglior modo possibile.

Nel giro di pochi giorni, in settembre, sono successe un sacco di cose. Abbiamo lanciato un sito nuovo, con tanto di sponde social. Abbiamo finalmente reso disponibile la versione digitale di “Rumore”, gemella della cartacea. Senza nessuna forma di marketing virale o di effetto speciale. E abbiamo ricevuto nelle passate settimane un feedback incredibile. Le meritate critiche del caso. E tanti, tantissimi complimenti. Vi leggo da 20 anni. Ho tutti i numeri dal primo a oggi. Eccetera. L’affetto e l’attaccamento al giornale da voi dimostrato è andato oltre l’immaginabile. Uno tsunami emotivo. Manifestatosi tramite e-mail private, messaggi in bacheca, commenti, incontri casuali per strada e alle presentazioni. Il che, oltre a galvanizzarci ci ha anche ulteriormente responsabilizzato. Stiamo lavorando a qualcosa che – come il rock’n’roll – pur essendo un gioco, viene preso molto ma molto sul serio. Per questo – dopo aver detto di “noi” nello scorso editoriale – ora ringrazio “voi” per la vicinanza mostrata.

Quell’edicola in Piazza Maggiore ha da tempo un cartello appiccicato alla vetrina principale. Sopra c’è scritto “cercasi clienti”. Noi invece cerchiamo lettori: nuovi, passati, basta che siano curiosi. Come tutti voi che già da tempo ci leggete, comprate, criticate, sostenete.

Grazie.

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