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Intervista: Casino Royale

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di Maria Simona Ventrella

Venerdì 18 maggio il Circolo Magnolia apre la stagione estiva con un gran opening party che ospiterà il live dei Casino Royale, che festeggiano nell’unica data milanese il ventennale di CRX. Insieme a loro sul palco del Magnolia ci sarà Lele Sacchi, dj e radiofonico milanese, icona della scena elettronica house italiana, e Mall Grab, giovane e famoso producer australiano. Raccontare la storia dei Casino Royale e di CRX è come ripercorrere a ritroso vent’anni di musica italiana. Alioscia e soci sono stati sempre, non solo una una band, ma un vero e proprio collettore di innovatività e originalità, capace di portare, in un’Italia ancorata ad un immaginario rock tradizionale, un po’ orfana del grunge e del brit pop, una sferzata di modernità. Un coraggio ed una sfrontatezza che non sente il passare del tempo, come dimostra l’ottima salute di CRX, in occasione del suo compleanno. Un album che ha rappresentato, senza ombra di dubbio, un vero spartiacque all’interno del panorama musicale del bel paese del 1997, capace di proiettare un nuovo modello sonoro che andava a mescolare crossover, trip hop e drum & bass. Un modello all’epoca avanguardista che proponeva di abbattere, in un territorio quasi del tutto inesplorato, le rigide barriere preconfezionate tra generi e interpretando gli umori del rap, i sentori oscuri dell’underground, per  poi mescolarli alla vocazione melodica della black music. All’epoca l’etichetta Polygram decise di investire su questo progetto affiancando alla band il produttore Tim Holmes, raggiungendo in questo modo, una qualità e una minuzia nei suoni davvero elevata. La critica lo accolse con grande entusiasmo, il pubblico non lo capì a pieno, intrappolando la band in un limbo dimensionale che scatenò un momento di forte crisi che si concretizzò poi con l’uscita dalla band di Giuliano Palma. Un disco che trascese i suoi tempi e che merita la giusta celebrazione, per questo abbiamo deciso di chiedere direttamente ad Alioscia Bisceglia di raccontarci la sua versione”.

CRX è stato per molti musicisti un disco seminale. Quali sono stati i fattori secondo te che hanno determinato questo successo nel lungo periodo?

Alioscia Bisceglia: “Raccontava un’identità, una voglia di emanciparsi da un suono “italiano” come era successo per altre scene italiane nei decenni precedenti. Era pensato come un progetto che non guardava all’Italia e agli schemi dominanti, quindi alle radio, ai media, alla stampa, non cercava di fare proseliti ma cercava gente che condividesse una tensione… credo che sia stato un disco, come altri, non molti, che abbia trasmesso un certo tipo di attitudine a chi poi ha cominciato a lavorare con la musica ma non solo con la musica, con la comunicazione, con un certo tipo di moda”.

Un album importante che però ha segnato anche un momento critico per voi…

“Ha segnato la fine di un ciclo, il secondo ciclo dei Casino Royale, quello iniziato con Dainamaita nel ’92, proseguito con Sempre più vicini nel ’96 e chiuso come band con quell’assetto con CRX. Poi e’ arrivato “Royalize”, il progetto Drum and Bass e la sperimentazione dell’utilizzo del web come “casa” dei Casino Royale… e dall’altra parte l’inizio dell’avventura Bluebeaters per Giuliano ed alcuni di noi. Se pensi a questi due mondi capisci subito le diverse intenzioni ed aspettative all’interno della band”.

CRX è un flusso di suoni ricco di influenze che vanno dalla black music al trip hop e al drum & bass, se dovessi pensare alla musica contemporanea in chi rivedi il fervore e la voglia di ricerca dei Casino Royale degli anni novanta e di CRX?

Alioscia Bisceglia: “Parecchia gente che fa musica, dei generi più diversi ha ascoltato in un certo periodo della sua vita Casino Royale e molti CRX. Gente che si è spostata all’estero, che lavora con l’elettronica o che ora invece produce rap italiano o ha etichette che producono artisti che hanno un suono trasversale. Sono andato a Londra a sentire Dj Tennis che portava dal vivo un progetto con dei musicisti cubani e in alcuni brani ho sentito qualcosa che riconoscevo come nostro. Comunque anche noi non abbiamo inventato nulla, abbiamo, come tutti, ascoltato, memorizzato, digerito, rielaborato e risputato qualcosa che rifletteva quello che eravamo nella nostra complessità. Un po’ di anni fa abbiamo fatto un concerto al teatro Parenti ed erano stati sul palco con noi: Salmo, i Ministri ed Esperanza, una band pazzesca… in quelle band a prescindere dal genere riconoscevamo un’attitudine simile alla nostra”.

La versione rimasterizzata per il ventennale, uscita il 17 novembre scorso, contiene un secondo album con le cover di Levante ed Edda e alcuni inediti registrati appositamente per questa pubblicazione insieme ad artisti come Fabrizio Mammarella, Tommaso Colliva, Max Casacci & Ninja, Opus 3000, Ralf, Mass Prod e Paolo Baldini. Come è nata la collaborazione con tutti questi artisti, è stato facile farli interagire con il vostro lavoro?

A.B.: “Non doveva nemmeno essere una release discografica, volevamo raccontare tutta una serie di legami che questo disco a creato con artisti diversi tra loro per età, percorso e identità, era una testimonianza di trasversalità di quel lavoro e di come per molte persone sia stato un disco ascoltato e a volte importante. Questo chiaramente non vale per il lavoro con Levante che non credo sia cresciuta con Casino Royale, ma in quel caso era la voglia di far cantare ad un figura femminile del pop italiano un dei nostri brani più autoriali. Edda è un compagno di viaggio dagli anni ottanta, Ralf una anomalia apparentemente assurda, comunque non c’è un concept particolare dietro a quella produzione, ti ripeto i remix sono stati strumenti per raccontare una rete di legami”.

Come abbiamo detto all’inizio CRX è un disco generazionale che parla apertamente di società, di senso di inadeguatezza, di individualità che faticano ad emergere, temi forti e impegnati, cosa vuol dire suonare quei pezzi dopo vent’anni di esperienza?

“Il problema è che spesso quando mi rimetto a scrivere penso di aver già raccontato molto e che spesso quei racconti sono ancora attuali, nel contenuto e nella forma. A volte mi sale il nodo in gola ed ho il terrore che mi possa accadere anche sul palco, perché’ ricantando quei pezzi rivedo un percorso fatto nei decenni, Milano, problemi e drammi simili che si ripropongono in tempi diversi, l’umanità che ha bisogno di stare insieme e che fa così fatica a farlo. Comunque per farla breve mi piacciono ancora, me li sento ancora vicini”.

Un giovane di oggi, se dovesse ascoltarlo per la prima volta cosa potrebbe comprendere di questo disco e del mondo che racconta?

“Dipende dal giovane, questa variabile era in essere anche vent’anni fa… certo non è un disco per la massa. Il contesto e la scena musicale oggi sono molto diversi rispetto agli anni novanta, mentre i giovani non credo, certe tensioni sono generazionali. Credo resti un disco “attuale” per suono e narrazione. Ho una figlia di diciotto anni ed una di dieci mesi alla prima credo possa piacere, alla più piccola vedremo… (ride)!”

Il 18 maggio sarà la seconda data dal vivo dopo quella al JazzRe Found di Torino. State pensando ad un tour più esteso oppure Milano, città a cui siete sempre stati molto legati, meritava la sua data celebrativa?

“Non volevamo fare una reunion e nemmeno una celebrazione di CRX, la formazione è diversa e di CRX suoniamo solo qualche brano, ma avevamo dei pezzi nuovi e per noi la data di Torino è stata l’occasione e la prova che non siamo diventati la cover band di noi stessi. Abbiamo chiesto a Daze, l’agenzia che ci segue il booking, di farci suonare a Milano il più in là possibile e come vedi ci hanno accontentato. La prima data dopo Torino a dicembre è Milano. Comunque ai ragazzi del Magnolia non potevamo dire di no, si sono sempre dimostrati vicini a Casino Royale negli anni e la data di inizio della loro stagione estiva è un evento speciale”.

E soprattutto cosa dobbiamo aspettarci sul palco del Magnolia?

“Al solito non sentirete un pezzo suonato nella stessa maniera in cui l’avete ascoltato l’ultima volta che siete venuti a vederci dal vivo. Questo ci dà la possibilità di continuare a suonare pezzi vecchi di vent’anni senza ammorbarci e senza sembrare appunto una cover band dei Casino Royale. Poi facciamo alcuni brani nuovi”.

Concludendo, se dovessi fare un bilancio tra passato e futuro cosa terresti e cosa cambieresti della vostra storia.  Come, e se, li vedi i Casino Royale tra altri vent’anni?

“Non cambierei nulla, anche i momenti duri e di sofferenza ci hanno arricchito la vita ti pone davanti a delle prove e tu devi saperle affrontare e soprattutto rileggerle per capire se stai facendo passi avanti o sei li fermo. Con il senno di poi son contento del nostro percorso, siamo piaciuti e abbiamo accompagnato bella gente, questo vale in termini di successo a prescindere dalle vendite e dagli stadi riempiti dalla massa. Detto questo, stiamo ricominciando a suonare dal vivo, stiamo lavorando a dei pezzi nuovi e stiamo progettando un nuovo tipo di spettacolo live dove noi siamo giù con il pubblico a goderci il nostro concerto e facciamo da bere, da mangiare e rolliamo per noi e per gli altri. Che te ne sembra?”.

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