L’Ypsigrock è una comunità musicale felice

Date:

ypsigrock 2023
(Credit: Roberto Panucci)

Di Nicholas David Altea / foto di Roberto Panucci

Alla 26esima edizione non ci si stupisce più del festival siciliano, in provincia di Palermo. Avere un pubblico felice, oggi, conta più di tutto il resto

Si può ancora cercare di stabilire un rapporto di fiducia tra festival e spettatori? La risposta è qua dentro. Sicuramente non l’unica opzione in Italia, ma una delle più durature. Un rito annuale più che un festival. Una comunità di appassionati più che spettatori. No code, no token, no pit. Questo è l’Ypsigrock che compie il 26esimo di attività e di crescita controllata. Arrivare a Castelbuono non è sempre facilissimo ma anche questo fa parte del viaggio. Alla stazione di Cefalù il pullman dell’una e mezza che serve a raggiungere il paese non c’è mai ma è segnato ovunque. Non passa. Forse è un rito. Poco male, c’è quello dopo alle due e un quarto.

ypsigrock 2023
(Credit: Roberto Panucci)

La prima cosa che salta all’occhio a chi non è mai stato all’Ypsigrock è l’umanità che si crea e le relazioni che si intrecciano. Basta guardarsi attorno quando finisce l’ultima canzone dell’ultima band della serata conclusiva in piazza Castello. Iniziano gli abbracci, i saluti e gli occhi lucidi. Qualcuno è pronto per fare le sette di mattino all’Ypsicamping, qualcun altro alle sette riparte per tornare a casa, ma ridurre solo a questo il festival è una mancanza visto tutto il lavoro che c’è dietro a livello organizzativo, logistico e artistico. Oramai l’assestamento sui quattro giorni è rodato, tiene bene e ha senso spingere su un headliner italiano per aprire l’edizione. Il format con quattro serate era stato utilizzato nel 2010 con un giovedì aperto dai Dinosaur Jr e nei giorni successivi Gang Of Four, The Field, Telepathe, Caribou e These New Puritans. Quest’anno Verdena, l’anno prima Manuel Agnelli e chissà chi sarà o chi saranno i prossimi. Non è facile trovare sempre il nome adatto eliminando dalla lista chi ci ha già suonato – vedi La Rappresentante (di Lista) o i Marlene Kuntz, per esempio. Scommettiamo su Calibro 35 o su Cosmo o i Baustelle o Venerus, Vedremo, io ci scommetto due granite e una brioches con il gelato.

Giovedì

Al giovedì è il progetto The Sound Of This Place ad aprire gli eventi musicali dal vivo: questa volta si svolge nell’ex Chiesa del Crocifisso con una performance che abbraccia musica elettronica e danza affidata a Marie Davidson (compositrice e musicista), Dana Gingras (coreografa), Lucie Bazzo (light designer) e Francesca Fabrizi (video artist e compositrice). Ma è tempo di andare sul main stage. 

ypsigrock 2023 the sound of this place
(The Sound Of This Place – Credit: Roberto Panucci)

Decisamente un giovedì con tante chitarre, ma in generale la tendenza di tutto il festival sarà questa, nel caso qualcuno ne lamentasse l’assenza. Aprono gli americani del Vermont, i Thus Love: fieri e sicuri dall’ottimo ultimo disco Memorial (2022). Post punk che si infrange nel jangle pop, ma live la chitarra è centrale, più distorta, ricca di assoli. Buonissima presenza scenica e, soprattutto buona sostanza C’è tutto quello che si chiede. Per i Pale Blue Eyes non si può dire lo stesso. O meglio, qualcosa da mettere a posto c’è: la voce alcune volte si porta in territori difficili da mantenere con vocalizzi “morrisseiani” non sempre allineati. A livello di suoni ci sono molte cose interessanti perché il gruppo del Devonshire ha ritmiche motorik tirare, tessiture new wave e slanci dream pop con brani che si appiccicano come Globe e TV Flicker,che trovate nell’esordio Souvenirs (2022).

ypsigrock 2023 thus love
(Thus Love – Credit: Roberto Panucci)

Ekkstacy è il progetto che nasce dall’omonimo artista canadese. Su disco lo si percepisce come una miscela molto contemporanea di post punk sintetico, ritornelli indie rock riverberati e una certa affinità coi Drums. Poi, dal vivo con la band il suono si fa più ruvido e più alternative passando addirittura per i Cloud Nothings. Ci vuole un po’ di tempo per carburare e raggiungere una certa coesione; qualche problema con la testata dell’amplificatore da chitarra rallenta il tutto ma infine crescono le tensioni post-adolescenziali e la vita realmente difficile del frontman si fanno spazio a spallate. Ultimo cambio palco e i Verdena prendono possesso della piazza. Per capire come andrà e come si evolverà si capisce dal primo o dal secondo pezzo: se tutto fila liscio, Alberto, Roberta e Luca prendono l’abbrivio e non li ferma più nessuno. E così è: X Sempre Assente e Loniterp sono le aperture. E via via il suono si stabilizza e si compatta fino diventare inscalfibile, salendo e scendendo tra i vari dischi della loro carriera. C’è tantissimo spazio per Volevo Magia (nove tracce) e molto per Requiem (quattro) WOW (tre) e meno gli altri. È tutto centellinato a dovere con il meticoloso lavoro di raccordo di Carlo Maria Toller come turnista (già nei Jennifer Gentle). Loro sono carichi, solidi e senza inceppi. Uno dei migliori live di tutto il tour a detta di molti. Valvonauta riapre uno di quegli squarci temporali vecchi di circa 24 anni. Tutto torna a essere facile per un momento, in un epoca in cui i pensieri e le ansie erano poche o nulle. Muori Delay e poi Pascolare prima di disperderci lentamente nel paese.

DSA5268 Copia
(Verdena – Credit: Roberto Panucci)

Venerdì

Fra i vantaggi non indifferenti del festival c’è la possibilità di assistere ai soundcheck in piazza. È un’opportunità, sta a voi coglierla. Raramente gli artisti hanno vietato che ciò accadesse, anche perché la piazza non può essere chiusa al pubblico. Per i più curiosi, per chi vuole riuscire a strappare un autografo o una foto è il momento giusto. Chi è venuto a suonare qui si è prestato molto gentilmente come nel caso degli Slowdive. Rachel Goswell, frontwoman della band shoegaze di Reading, aveva già goduto del festival con i Minor Victories nel 2016, innamorandosene subito. Il suo ritorno era solo questione di tempo e di allineamenti astrali prevedibili. Ma dopo aver assaggiato i riverberi durante le prove la voglia di vederli cresce a dismisura ma ci vorrà ancora un po’ di tempo e attendere che il buio cali per vederli splendere sotto le luci a ridosso del Castello dei Ventimiglia.

ypsigrock 2023 helena ganya
(Helena Ganya – Credit: Roberto Panucci)

All’Ypsi & Love stage – il Chiostro di San Francesco – ci attendono i primi concerti nel tardo pomeriggio quando il caldo, tutt’altro che insostenibile al contrario di un anno fa, diminuisce lentamente. Helen Ganya è la prima, accompagnata da un batterista. Qualcuno magari la ricorderà col nome di Dog In The Snow, ma ora il progetto è un percorso personale alla ricerca della verità interiore e umana in chiave art pop/indie pop. Ha doti compositive notevoli e una voce che emerge, ma può fare molto di più, soprattutto dal vivo. Gli svedesi Juno Francis non passano inosservati: lei con un cappello nero a falde larghe e piumate, lui con i capelli leccati e un completino nerd-vintage uscito da That 70s Show. Tutto molto in linea con la label che li pubblica: Italians Do It Better. Accoppiata stranissima ma più equilibrata di quello che si possa immaginare nello sbilenco fascinoso synth pop.

ypsigrock 2023 traams
(TRAAMS – Credit: Roberto Panucci)

Al main stage è tutto apparecchiato: l’ottima prova dei TRAAMS a detta di tutti è una delle migliori aperture per urgenza post punk e ritmiche kraut martellanti – fareste bene a recuperare i primi dischi come Grin (2013), l’EP Cissa (2014) e Modern Dancing (2015) e poi via via tutto il resto. Il power trio – ma in quattro dal vivo – di Chichester avrebbe meritato un po’ di più dalla propria carriera, peccato. Liela Moss – già ex voce dei Duke Spirit – invece, convince poco e non attecchisce più di tanto flirtando fra synth pop e trip hop. Ma poco importa, sta arrivando “il momento”: uno dei live più attesi, una delle band più adorate per i frequentatori del festival. Rachel Goswell è la regina dello shoegaze con tanto di capelli bicolore neri e bianchi; Neil Halstead concentrato sulla chitarra col suo solito berretto da camionista americano; Nick Chaplin e Christian Savill disegnano strutture e melodie come il miglior connubio fra ingegnere e architetto; Simon Scott è solidissimo mentre veste la t-shirt con scritto a lettere cubitali SHOEGAZER, nel caso ci fosse qualche dubbio – se la voleste, è quella in vendita nello store dell’etichetta Sonic Cathedral. Brani come Slomo, Star Roving e Sugar For Pill seppur vecchi solo di sei anni ed fa estratti dall’omonimo album, sono classici che si innestano perfettamente. Un religioso silenzio per la sacra ritualità shoegaze che ci vede testimoni di una delle loro migliori esibizioni. Non è affatto scontato sentire così nitidamente ogni strumento e suono bilanciato che ne definisce la magia riverberata, che sia il conglomerato sonoro di Catch The Breeze o lo space pop di Souvlaki Space Station. Kisses si rivela come immaginavamo un singolo killer che mancava da un bel pezzo nella loro discografia.

DSC4830 Copia
(Rachel Goswell / Slowdive – Credit: Roberto Panucci)

Impossibile non percepire i brividi espandersi ovunque quando Neil attacca a cantare Alison per essere poi schiacciati da When The Sun Hits. Un’esperienza che non ha nulla a che vedere con l’ascolto di un disco, qui siamo nella quarta dimensione e non si capisce bene dove Castelbuono Space Station stia viaggiando ma sarebbe bello non fermarsi. Dagger e 40 Days come encore chiudono con la delicatezza dream pop spinta al massimo della bellezza. Per molti potrebbe già finire qui il festival. Eppure nulla è scontato, qui all’Ypsigrock.

ypsigrock 2023 slowdive
(Slowdive – Credit: Roberto Panucci)

Sabato

Il sabato del villaggio inizia alle 11 con i talk: tra i vari ospiti c’è Kevin Cole – storico dj, host nonché senior director of programming di KEXP, una delle più importanti radio alternative con sede a Seattle. Ovviamente l’incontro è stimolante e interessante con altre voci come Antonia Silvaggi (Co-Founder, Melting Pro) a moderare diverse esperienze e differenti mondi: Fabrizio Barreca (Founder, South Working), Martin Lippert (Head of Brand Partnerships,, Rolling Stone Germany) e Sarah Rogers (Agent & Producer, Animals of Distinction), tutti uniti per ragionare sulle modalità per rendere la cultura maggiormente sostenibile economicamente in un’epoca di difficoltà, limitazioni e grandi cambiamenti. Al chiostro aprono i Plastic Mermaids: furbetti, scaltri, piacioni al punto giusto tra indie pop/alt pop; una sorta di Local Natives direttamente dall’Isola di Wight – ammettetelo che nella vostra testa è partito il ritornello “Sai cos’è l’isola di Wight?” dei Dik Dik. E se non è così state sicuramente mentendo.

ypsigrock 2023 king hannah
(King Hannah – Credit: Roberto Panucci)

L’attesa più grande è però per i King Hannah: due chitarre, una batteria e un Vibe Bass VI (quello che possiamo definire una chitarra baritona, un ibrido fra basso e chitarra, per farla più semplice), senza dimenticare la voce di Hannah Merrick. Ne viene fuori un mix fra Dinosaur Jr e Mazzy Star suonati nel deserto dai Kyuss. Le distorsioni salgono a livelli orgasmici e il muro che si crea ci inebria. La stessa musicista decide addirittura di riprendere il pubblico con lo smartphone mentre continua a cantare. It’s Me and You, Kid è un pezzo clamoroso e se su disco non vi hanno rapito, potete farvi portar via da un loro concerto.

ypsigrock 2023 the haunted youth
(The Haunted Youth – Credit: Roberto Panucci)

C’è poco tempo a disposizione per distrarsi anche se le occasioni non mancano. Sotto al castello c’è Haunted Youth, all’anagrafe Joachim Liebens, originario di Hasselt (Belgio), mente e cuore dietro la band, con un’adolescenza non facile fatta di sedute dallo psichiatra, Ritalin e droghe. Sembra un fratello minore dei DIIV a guardarlo bene con la sua zazzera bionda (tinta), le maglie oversize e i jeans larghissimi. Non solo nell’aspetto, pure nel suono: shoegaze con qualche tacca di alternative in più, mescolata a meraviglia e senza cedimenti. Sta di fatto che dal nulla è sbucato con il suo primo album e ha velocemente fatto il giro dei blog e dei magazine in modo molto old school, ossia col passaparola rapido, apparentemente. Cambio palco. Cambio scena. Gli inglesi Still Corners si impadroniscono della piazza con il dream pop sintetico che prende la via del Texas e della psichedelia quadrata. Peccato che sia tutto eccessivamente piatto, quasi monotono se non per i visual allucinati. La percezione della durata si attesta attorno alle 3-4 ore, invece sono solo 60 minuti di concerto che sembrano non finire mai. Essendo sabato le pulsazioni devono ovviamente salire e ci pensano gli austriaci elettronici HVOB con un set live onesto e movimentato ma non indimenticabile. Sarà Shabaka Hutchings insieme a Danalogue e Betamax a chiudere la serata con i loro Comet Is Coming, nell’ultimo tour prima di una lunga pausa. Il nu jazz declinato nella più estrema versione cosmica e psichedelica che via via decolla diventando techno e riallacciando tutto il senso della musica in un grande anello che si ricongiunge. Shabaka con il suo sassofono (già nei Sons of Kemet e nel gruppo Shabaka and the Ancestors) è a oggi il musicista più influente degli ultimi 10 anni, perlomeno in queste sonorità.

ypsigrock 2023 the comet is coming
(Comet Is Coming – Credit: Roberto Panucci)

Domenica

DSA7613 Copia
(Noisy – Credit: Roberto Panucci)

Non fai in tempo ad accorgertene: è arrivata domenica e si pensa a quando tutto sarà finito. È normale, è la nostalgia di qualcosa che deve ancora terminare. Ultimo giro anche al second stage dove ci aspetta Monikaze che ha un set divertente tra avant pop e giochi sintetici ed elettronici. Ma chi ha frequentato anche l’Ypsicamping avrà avuto occasione di scoprire artisti decisamente alternativi, estremi con una declinazione elettronica varia e particolare. Al chiostro si chiude con gli inglesi Noisy. Un nome, un perché: rap, alternative, crossover e big beat come se i Prodigy avessero deciso di mettere su una band. L’effetto è più o meno quello di un impatto live devastante. La gente fa stage diving, ma anche il frontman del gruppo inglese. Le colonne del chiostro sono restate in piedi, per fortuna.

DSA7665 Copia
(Kiwi Jr. – Credit: Roberto Panucci)

I Kiwi Jr., da Toronto, hanno inanellato tre dischi in tre anni dal 2020 al 2022 con un ritmo alla Guided By Voices, uno più bello dell’altro ma allo stesso modo diversi fra loro. Scrivono divinamente piccole perle: un po’ indie rock con quella chitarre jangle 80s che sfociano nel garage e la dose controllata di slacker pop. Il cantante Jeremy Gaudet ha quella voce da Julian Casablancas ma a guardarlo potrebbe essere il vostro impiegato di fiducia al catasto, ed è proprio questa sua estrema normalità che lo pone una spanna sopra tutti. Dal Canada all’Irlanda coi Just Mustard che abbiamo già visto in apertura al tour dei Fontaines D.C.. C’è ancora un po’ da lavorare perché hanno tutto quello che servirebbe per fare un bel salto ma quello che risalta di più è David Noonan (chitarra e qualche volta seconda voce). Katie Ball ha lo scazzo e l’intrinseca tristezza degna di una Mercoledì Addams – non la Jenna Ortega di Netflix ma proprio la Christina Ricci del 1991. Allo stesso tempo ha una certa propensione per le linee vocali di Hope Sandoval dei Mazzy Star ma non basta e andrebbe tutto canalizzato meglio: ne esce una mistura shoegaze e noise un po’ carente in fase di scrittura con tante cose che devono trovare il loro posto nel mondo.

DSA7930 Copia
(Panda Bear & Sonic Boom – Credit: Roberto Panucci)

Poi tocca a una delle accoppiate più strane mai viste: Panda Bear e Sonic Boom. Il primo – Noah Lennox – è un pezzo importantissimo degli indie freak Animal Collective; il secondo – Peter Kember – è un’autorità dello space rock con gli Spacemen 3 oltre che sopraffino produttore. Prima Noah e poi Peter hanno perso la testa per il Portogallo e il disco Reset pubblicato nel 2022 (ora anche in versione dub) ne è la sublimazione neo psichedelica delle loro attitudini rarefatte. Panda Bear e Sonic Boom smanettano nelle rispettive postazioni campionando e loopando suoni e visioni, creando un percorso sonoro con visual ipnotici in alcuni tratti eccessivamente narcotizzante. Manca poco, o meglio, restano gli scozzesi Young Fathers. Le aspettative erano alte, ma pensare arrivassero a queste vette è inimmaginabile anche se chi li aveva visti non aveva dubbi nel consigliarli come il buon Vic Galloway di BBC Scotland. Voci neo-soul e declinazioni hip hop nella loro accezione più sperimentale ed estrema che flirtano col gospel, il rumore e un substrato politico non secondario. Sì, la musica è anche politica se lo si vuole e può esserlo senza retorica. Luci accecanti, ritmiche primordiali e rivisitazioni post soul/R&B. Ci siamo guardati tutti strabuzzando gli occhi perché finali di Ypsigrock Festival del genere ne ricordiamo pochissimi con questo impatto.

DSA8099 Copia
(Young Fathers – Credit: Roberto Panucci)

Alloysious Massaquoi, Kayus Bankole e Graham “G” Hastings sono tre personaggi estremamente diversi per come ognuno di loro canta, si muove e si rapporta col pubblico. Tre che si completano. E, come dicevamo, uniti dalla una volontà politico-sociale. “Mai più fascismo” e “Forza immigrazione” saranno le parole pronunciate da Graham, in italiano. Chiudono con Shame una prestazione esagerata. Il pubblico si aspetta anche uno di quei fintissimi encore che aboliremmo più che volentieri con agili percentuali bulgare al voto. Il loro percussionista rovescia la cassa, i timpani e il rullante e il resto della batteria. Se ne vanno. Qualcuno li rivorrebbe, qualcuno pensa tornino su, qualcuno non approva sia finito così. Ma è sacrosanto e giusto così: ci hanno sbattuto in faccia senza filtri e senza false aspettative. La realtà è molto meno dolce e indorare la pillola non serve a nessuno.

E qui riavvolgiamo volutamente il nastro e torniamo all’inizio: “basta guardarsi attorno quando finisce l’ultima canzone dell’ultima band della serata conclusiva in piazza Castello. Iniziano gli abbracci, i saluti e gli occhi lucidi”. L’Ypsigrock continua a funzionare non solo per la musica o la bellezza del paese o l’organizzazione; continua a funzionare perché è una comunità felice quattro giorni all’anno come se fosse Natale.

PIÙ LETTI

More like this
Related

È morto Dandy Bestia chitarrista e cofondatore degli Skiantos

Ci lascia all'età di 72 anni Fabio Testoni, meglio conosciuto come Dandy Bestia, cofondatore e chitarrista degli Skiantos

Dischi da ascoltare questa settimana (10 – 16 marzo)

Alcuni dischi da ascoltare usciti questa settimana, dal 10 al 16 marzo

Ascolta in anteprima il nuovo singolo dei Messiness, Previous Life

Previous Life è il primo singolo dei milanesi Messiness in attesa dell'album d'esordio

Ascolta in anteprima Weekend Inferno, lo split album dei Weekend Cigarettes e dei Verse, Chorus, Inferno

Ascolta in anteprima Weekend Inferno, lo split dei Weekend Cigarettes e dei Verse, Chorus, Inferno