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Time In Jazz 2023 ti porta nella Sardegna che non conosci

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Berchidda Time In Jazz Veduta
(Veduta di Berchidda)

Nel nord della Sardegna, da 36 anni, si svolge uno dei più longevi e importanti festival italiani: Time In Jazz. Anche quest’anno è pronto a colorare ogni anfratto di Berchidda e dintorni col jazz e le sue declinazioni

di Nicholas David Altea

Se pensiamo alla Sardegna, abbiamo sempre una visuale troppo parziale e limitata di quello che è l’enorme isola. Conosciamo a memoria le coste, le spiagge e perfino gli scogli ma il più delle volte ci dimentichiamo dell’immensità e della varietà del territorio sardo. Come spesso succede, la cultura e la musica possono essere l’impulso per far conoscere zone meno popolari, luoghi meno sponsorizzati o solamente meno esplorati. Time In Jazz presidia questi territori da 36 anni e anche questa estate, dall’8 al 16 agosto, a Berchidda – in provincia di Sassari – e nei dintorni del nord est dell’isola, la musica sarà il motore culturale.

(Paolo Fresu e Philip Garcia 2017 / Laguna di San Teodoro / credit Alessandra Freguja)

Gli artisti

I nomi coinvolti nell’edizione 2023 sono tantissimi: lo storico batterista Tullio De Piscopo, Malika Ayane (già sold out) a L’Agnata nell’antica dimora di Fabrizio De Andrè per rendere un omaggio musicale. E poi ancora il chitarrista norvegese Eivind Aarset. Il progetto “popOFF!”un omaggio alle musiche dedicate ai bambini e all’infanzia, scelte dallo sconfinato repertorio dello Zecchino d’Oro e rielaborate in chiave jazz da Paolo Fresu con la cantante Cristina Zavalloni, ben coadiuvati da un organico che schiera il sassofonista, Cristiano Arcelli, il pianista Dino Rubino, il contrabbassista Marco Bardoscia e gli archi del quartetto Alborada. Il fisarmonicista francese Vincent Peirani, in trio con il chitarrista Federico Casagrande e Ziv Ravitz alla batteria e alle tastiere. Dhafer Youssef, il cantante e suonatore di oud, il liuto tipico della musica araba, con il repertorio del suo nuovo album, “Street of Minarets”: insieme al musicista tunisino saliranno sul palco di piazza del Popolo Mario Rom (tromba), Daniel Garcia (piano e tastiere), Souaeli Mbappe (basso elettrico), Shayan Fathi (batteria) e Adriano Do Santos (percussioni).

Mancavano dalle edizione 1996 e 2002 i Farafina, originari del Burkina-Faso, con il loro coinvolgente sound denso di ritmi a base di djembetamachékere, sonagli e balafon. Infine anche nomi contemporanei e trasversali come Willie Peyote, Savana Funk, Colle der FomentoKaos & Dj Craim – già protagonisti del progetto Good Old Boys che ha debuttato nel 2015 – stavolta insieme al quartetto romano La Batteria.

L’abbonamento e i biglietti per le singole serate in programma (lo consultate qui) a Berchidda sono già in prevendita, mentre l’ingresso sarà gratuito, come sempre, per tutti i concerti “in decentramento”, ossia nelle altre località e nei centri lungo cui si snoderà il trentaseiesimo festival Time In Jazz
ArzachenaBanariBuddusò, BudoniCheremule, Loiri Porto San Paolo, Luogosanto, MoresOschiri, Porto RotondoPuntaldiaSan Teodoro e Tula.

Berchidda: i luoghi e i dintorni

(Credit: Andrea Rotili)

Sa Casara, la dimora dei berchiddesi, è un po’ la casa di tutti a Berchidda, anche se in passato era tutt’altro: un ex caseificio che oggi è sede dell’associazione Time in Jazz. Molto più di un quartier generale: spazio culturale ed espositivo, archivio, ma anche luogo dedicato all’infanzia con un giardino recuperato che negli anni passati era utilizzato per la lavorazione del sughero e dove Time To Children, il festival dedicato ai più piccoli, trova nuova linfa.

Dopo 36 anni di conferenze sparse per l’Italia il modo migliore per raccontare un festival è vedere da vicino dove lo si fa, dove lo si crea e lo si pensa. Ed è la prima volta che la conferenza stampa viene fatta qui, a Berchidda, un borgo di poco più di 2500 anime a mezz’ora scarsa dall’aeroporto di Olbia. Paolo Fresu, trombettista jazz fra i più apprezzati nel mondo è il fondatore e direttore artistico e con Mattea Lissia, direttrice generale del festival, ci introducono a quello che è realmente Time In Jazz. Per conoscere le origini e sapere da dove si è partiti, queste righe sono preziose per capire come nulla si crei immediatamente, ma vada curato con attenzione e altrettanta progettazione.


“Quello che vogliamo veicolare è il bisogno di dare a questo festival una dimensione territoriale. Time In Jazz si è posto il problema di trovare una relazione con il territorio fin dagli inizi. Noi siamo nati nel 1988. Allora il sindaco era Angelo Crasta che a un certo punto, a fronte di un concerto che funzionò molto bene mi chiese di organizzare qualcosa. E io proposi un festival di jazz. Ovviamente nessuno ci credeva, abbiamo avuto tanti bastoni fra le ruote ma di fatto siamo nati allora: i primi anni era un festival con 50 persone, eravamo tutti in famiglia a dare una mano. Si svolgeva nella prima settimana di settembre e faceva talmente freddo che mio padre, che non c’è più, andava a casa e prendeva un bottiglione di acquavite fatta in casa da lui e la distribuiva a tutti  i presenti”.

Poi c’è un aneddoto divertente e di famiglia, utile per ricordare l’artigianalità del festival e di quel modus operandi che in qualche modo lo include in quella categoria di festival che oggi vengono chiamati “boutique festival”, solitamente eventi con capienze ridotte e in luoghi non propriamente classici ma con un’esperienza di alta qualità.

“La manifestazione in questi 36 anni è cresciuta ma ha mantenuto quello spirito originario. Non possiamo più offrire l’acquavite a tutti perché le persone sono troppe, ma di fatto quella idea della condivisione, di un qualcosa che ci appartiene, che fa parte di questa cultura di questo territorio è lo spirito che permea ancora la manifestazione. E crediamo fortemente che la maggior parte degli artisti che vengono a Berchidda e che offrono dei concerti straordinari da quelli internazionali come Ahmad Jamal, pianista eccezionale recentemente scomparso o Jan Garbarek, Ornette Coleman e i principali musicisti della storia del jazz sono passati da Berchidda”.

(Time in Jazz 2008 – Berchidda – Festa finale in Piazza del Popolo / Credit: Roberto Cifarelli)

“Siamo fortemente convinti che il loro passaggio a Berchidda non sia stato dimenticato, non solo dal pubblico ma anche da loro stessi. Perché arrivare in questo luogo che puoi perimetrare con un dito… Ricordo quando arrivò un musicista da New York espressamente per suonare qui, il giorno dopo sarebbe ripartito per NY. Andammo a prenderlo e durante il viaggio chiese ‘Dov’è questo posto?’ e noi dicemmo ‘È quello’. E lui rispose: ‘Ma siete veramente sicuri?’”.


La sua diffusione nel territorio è sicuramente una delle principali peculiarità poiché con la musica si riescono a rinvigorire e rianimare spazi e luoghi della memoria dimenticati e che così tornano a nuova vita. Un esempio è la chiesa campestre di Sant’Andrea, come potete ammirare nelle foto più in basso

“Oggi Time In Jazz è una realtà distribuita nel territorio e permette tramite la musica di scoprire le bellezze umane, architettoniche, naturalistiche. abbiamo sposato una causa green molti anni fa quando nel 1997 organizzammo un concerto con Antonello Salis, un pianista straordinario. Chiesi a lui di fare un piccolo concerto in una chiesetta di campagna appena restaurata che si chiama Sant’Andrea. Nelle nostre quattro chiese di campagna non penso che sia mai entrato un pianoforte nelle centinaia di anni che esistono. Quello fu un concerto di una potenza, di una emozione, di una pregnanza tale. Antonello era fortemente emozionato…” 

Sono molti i luoghi in cui la musica va ad infrangersi ed espandersi, ma ce n’è uno di particolare rilevanza e impatto che è la Chiesa di Nostra Signora di Castro, a Oschiri (15 min da Berhcidda), un’area in cui sorge l’ex cattedrale nel sito dell’antica cittadella vescovile di Castro completamente chiusa e cintata. Un complesso architettonico del 1164, nonché uno dei maggiori esempi di stile romanico.

(Time In Jazz 2007 / Chiesa di Nostra Signora di Castro / credit: Adriano Mauri)

Futura e futuro


Paolo Fresu è un musicista incline alla sperimentazione, allo scambio musicale e recentemente ha suonato anche con gli Studio Murena, la band jazz / rap che dell’ibridazione sonora ne hanno fatto tesoro nel loro ultimo lavoro WadiruM. Ed è anche da questa propensione e apertura, oltre che dalla necessità di rinnovarsi, che il tema del festival è Futura.

“C’è bisogno di rinnovare il pubblico e una idea di curiosità, 120 volontari da tutta Italia. collante e valore che fa del festiva un’esperienza di vita e che lascia nel territorio non solo buona economia ma anche un seme che cresce per tutto l’anno. Pensate che nella mensa interna al festival durante le giornate festivaliere in cui dà da mangiare alle persone che lavorano come volontari, giornalisti, musicisti, artisti visuali, tecnici… noi forniamo circa 700 pasti giornalieri, 350 a pranzo e 350 cene. Eppure quell’esercito di persone, meglio di qualsiasi altra cosa, racconta la vitalità che il festival offre: che è fatto di musica straordinaria certamente, ma soprattutto di una voglia e di una volontà di interrogarsi su quello che i territori possono raccontare al mondo: memoria, tradizione, enogastronomia, lingue”

Un modo per trovare contatto tra presente e passato ma con uno sguardo al futuro.

“L’innesto di una tradizione che parte dal passato, e da un qualcosa che si deve preservare, e allo stesso tempo non vuole essere solo musealizzazione del conosciuto perché sarebbe sterile. È l’idea di innestare quel con il presente con un musica come il jazz che è forse quella più contemporanea in assoluto che possa esserci. Il festival sul futuro – che è il titolo Futura – prendendo in prestito una bellissima canzone di Lucio Dalla, che sarà riletto il 12 di agosto da una giovane pianista siciliana che è Sade Mangiaracina, è l’idea di raccontare il jazz ai tanti giovani che non lo conoscono, che pensano sia una musica intellettuale, una musica difficile, una musica ostica senza considerare che il jazz ha più di 100 di vita e che chiunque al suo interno può trovare”

Insulae Lab

Insulae Lab è il centro di residenza del jazz, uno dei cinque nazionali con dieci produzioni originali che vengono montate a Berchidda con artisti che spesso non si sono mai incontrati e che restano una settimana per costruire nuova musica che poi va in giro per il mondo: sardi, corsi, siciliani, ciprioti, maltesi e molti altri. Un incontro di culture, uno scambio parlato in un’unica lingua: la musica.



“Vogliamo che Berchidda diventi un luogo di creazione artistica e un luogo d’incontri, soprattutto umani. Fondamentali in comunità come le nostre, laddove in questo momento storico la discussione sul senso dei borghi come è Berchidda, è importante su come comprendere i luoghi che possono avere una nuova lettura in confronto a quelle che sono le relazioni con le città più grandi come Olbia o altre, e fare sì che i giovani possano trovare un buon motivo per continuare a vivere a Berchidda ma essere coscienti che proprio qui possono nascere delle cose uniche ed irripetibili perché la costruzione sociale, di un’economia del paese fa sì che possano nascere dei miracoli. Time In Jazz è uno di questi”.

Chi ha potuto, si è pure goduto il concerto di ciò che è poi uno dei risultati di Insulae Lab con il Me’Ta Quartet, progetto nato come un’estensione del gruppo jazz progressive CADMO fondato da Salis, Lay, Paliano formazione Cult anni ’70. Dopo lo scioglimento del trio, Antonello Salis e Riccardo Lay danno vita prima al GRA con Sandro Satta ed il compianto  trombonista Danilo Terenzi. All’inizio anni  ’90 accende la luce, dopo varie esperienze individuali dei jazzisti, il ME’TA Quartet, alla batteria Fabrizio Sferra. Un incontro storico riportato in auge appositamente da Insulae Lab a distanza di venti anni dalle ultime apparizioni sulle scene nazionali e internazionali, e un omaggio ai cinquant’anni di carriera del pianista e fisarmonicista Antonello Salis, uno degli artisti più influenti della scena jazzistica internazionale con il contributo di amici scelti che hanno condiviso il suo percorso degli ultimi decenni.

Non solo musica

(Credit: Nicholas David Altea)

Musica, ovviamente, ma non solo: anche mostre, presentazioni di libri e incontri con gli autori, tra cui ospiti come la scrittrice Barbara Baraldi e Paolo Crepet. Non mancheranno le iniziative di promozione e sensibilizzazione ambientale oltre alle attività per i bambini di Time In Children.

A Sa Casara ci sarà anche la mostra di Fabio Lovino che racconta l’edizione appena passata.
Il fotografo professionista ha lavorato anche le copertine degli album di importanti artisti italiani e stranieri (Mark Knopfler, Elisa, Caparezza, Subsonica, Marina Rei, Alex Britti, Sergio Cammariere, Morrissey). Tantissimi i ritratti di personaggi del cinema come Robert De Niro, Al Pacino, Benicio del Toro, Charlotte Rampling, Terry Gilliam, Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, David Cronenberg e David Lynch. Fra i tanti scatti della passata edizione c’è anche quello ad Archie Sheep, sassofonista jazz statunitense che ha collaborato con John Coltrane e Cecil Taylor. Artista centrale nella diffussione e nello sviluppo del free jazz, ma è stato anche capace di creare e risvegliare la coscienza dell’afrocentrismo nel jazz. Chi ha avuto la fortuna di vederlo e viverlo nell’edizione del 2022 ricorda che svegliarsi al mattino con il suono del suo sassofono mentre si esercitava era una gioia senza prezzo. Il Time In Jazz è anche questo.



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