In un articolo sul New Yorker Patti Smith ha raccontato fra le altre cose il suo primo incontro con Tom Verlaine
Con un articolo sul “New Yorker“, Patti Smith ha ricordato Tom Verlaine, il chitarrista e frontman dei Television scomparso lo scorso 28 gennaio. “Si svegliò al suono dell’acqua che gocciolava in un lavandino arrugginito”, scrive su quello che non era stato solo un collega ma anche un amico, collaboratore e compagno – a confermare la notizia della morte è stata la figlia di Smith, Jesse Paris Smith -, “le strade erano bagnate dal chiaro di luna medievale, riverberando il silenzio. Giaceva lì alle prese con il terrore della bellezza, mentre la notte si svolgeva come uno schermo cinese. Tremava, avvinto da movimenti tremolanti di alieni e angeli mentre si formavano le parole e le melodie di Marquee Moon, goccia a goccia, nota per nota, da uno stato di calma ma di sinistra eccitazione. Era Tom Verlaine, e questo era il suo processo: squisito tormento”. Lo scritto continua raccontando la nascita e gli inizi della carriera di Thomas Joseph Miller da Wilmington, Delaware, dove a scuola inizia ad appassionarsi alla musica di John Coltrane e Albert Ayler. Sul loro primo incontro e la prima volta che ha visto i Television dal vivo racconta: “Avremmo potuto incontrarci, due pecore nere, in qualche strada di campagna, coi nostri libri dei simbolisti francesi, ma non è successo. Non prima del 1973, sulla East Tenth Street, di fronte alla St. Mark’s Church, dove mi fermò e disse: ‘Tu sei Smith’. Aveva i capelli lunghi, e ci guardavamo, entrambi riecheggiando il futuro, entrambi indossando vestiti fuori moda. Notai il modo in cui le sue lunghe braccia pendevano, e le sue altrettanto lunghe e belle mani, e poi andammo ognuno per la sua strada. Fino alla notte di Pasqua del 14 aprile 1974. Io e Lenny Kaye abbiamo preso un raro taxi dallo Ziegfeld Theatre dopo aver visto la prima di Ladies and Gentlemen: The Rolling Stones, per andare sulla Bowery a vedere una nuova band chiamata Television. Il club era il CBGB. C’erano poche persone, ma io e Lenny siamo stati subito catturati, con il suo tavolo da biliardo e il bar stretto e il palco basso. Quello che abbiamo visto quella notte era familiare, il nostro futuro, una perfetta fusione di poesia e rock and roll. Mentre guardavo Tom suonare, pensavo: Se fossi stata un ragazzo, sarei stata lui”. “Nessuno era come Tom. Aveva il dono infantile di trasformare una goccia d’acqua in una poesia che in qualche modo genera musica”, scrive prima di concludere con un altro aneddoto personale:
“Nelle sue ultime ore, guardandolo dormire, ho viaggiato indietro nel tempo. Eravamo nell’appartamento, e mi aveva tagliato i capelli, e alcune ciocche andavano di qua e di là e così mi ha chiamato Winghead. Negli anni a seguire, semplicemente Wing. Anche quando siamo cresciuti, sempre Wing. E lui, il ragazzo che non è mai cresciuto, in volo, un filamento d’oro nella vibrante luce viola”.
