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Intervista a Karin Ann: “Parlo di salute mentale, di uguaglianza e di diversi tipi di relazioni, perché spero che le mie canzoni possano dare conforto a chi si trova nelle stesse condizioni”

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Karin Ann racconta la sua musica, fluida e libera dalle etichette come la generazione di cui è una delle voci più forti

RUMORE COVER FB NATALE 2023

di Doriana Tozzi

Scivolando con eleganza tra un genere e l’altro, tra un’etichetta e l’altra, per scansarli poi tutti con scaltrezza, la cantautrice slovacca Karin Ann a soli 20 anni ha saputo ritagliarsi il proprio spazio nel panorama musicale mondiale diventando in poco tempo, con soli due EP all’attivo, un’icona della Generazione Z. Sia nel primo lavoro, Lonely together, che nel più recente Side Effects Of Being Human, la sua musica oscilla tra lusinghe melodiche e malinconia, tra incontenibili tormenti e quella voglia di leggerezza tipica della sua età. Sulla stessa scia procedono anche i due singoli più recenti, Poison apple e l’effervescente You make me miserable, consolidando una formula morbida ed elettronica al tempo stesso, forgiata con i produttori Tomi Popovic e Matt Schwart. Karin parla di “trap alternative” ma più in generale si può dire che le sue canzoni si muovono all’interno dei vasti e non completamente perlustrati campi dell’indie pop post moderno, contaminati di volta in volta con qualunque altro genere possa aiutare a esprimere meglio un concetto o un’emozione, sia pure estemporanea. Musica fluida, dunque, impossibile da imbrigliare così come la personalità stessa di Karin, che pur germogliando dalle radici della conservatrice Europa dell’Est (o forse proprio per questo) è riuscita a diventare paladina della libertà dell’individuo, dei diritti umani e del movimento Lgbtq+ a livello mondiale grazie al suo impegno e ai testi dei suoi brani, in cui non mette solo a nudo le inquietudini più comuni alle nuove generazioni ma scava a fondo fino a portare a galla le contraddizioni e le difficoltà dei tempi in cui viviamo. “Non voglio essere solo una cantante – dichiara – perché oggi ci sono tanti problemi di cui bisogna assolutamente parlare”. E per scoprire un po’ meglio il suo pensiero e la sua vita, che sono una cosa sola con la sua musica, le abbiamo fatto qualche domanda.

Nonostante la tua carriera sia solo agli inizi, hai già collezionato numerose soddisfazioni. Qual è stato per te fino a questo momento il traguardo più importante?

“Penso che l’intero mio percorso fino a oggi sia stato composto da una serie di traguardi raggiunti, anche semplicemente pubblicare il mio primo singolo è stato grandioso ed è stato un traguardo importante in quel momento. Certo, di sogni nel cassetto ne ho ancora tantissimi. Spero di fare tanti concerti, sto lavorando su canzoni nuove e mi piacerebbe anche provare a recitare, avere qualche piccolo ruolo come attrice… Insomma, i traguardi raggiunti sono stati molti ma ci sono ancora tantissime cose che mi piacerebbe fare”.

Com’è cambiata la tua vita nell’ultimo anno, da quando cioè la tua musica ha fatto il giro del mondo e la stampa internazionale ha cominciato a identificarti come vera e propria icona della Generazione Z?

“Sinceramente non è molto cambiata, a dir la verità! (Ridiamo, ndr) Ho sicuramente molte più opportunità di lavoro, non posso negarlo, ma a parte questo sono sempre la stessa e faccio più o meno le stesse cose che facevo prima”.

Le tue canzoni si fanno apprezzare per la loro capacità di essere tanto orecchiabili quanto profonde nei contenuti. Com’è per te la fase compositiva? Parti cioè da un’idea, oppure da un testo o, ancora, scrivi prima la musica?

“In realtà le mie canzoni nascono sempre in modo diverso, non c’è una regola ben precisa. Credo dipenda principalmente dallo stato mentale in cui mi trovo, da come mi sento e cosa provo in quel momento. Seguo sempre il flusso, mi lascio trasportare. Poi le rifiniture, gli arrangiamenti e tutto il resto, quindi la parte più importante del lavoro, li aggiungo e perfeziono in seguito, a mente fredda, ma nella fase della composizione seguo liberamente la corrente, le mie emozioni del momento”.

Nonostante ciò, il risultato finale poi è sempre molto coerente: sin dai tuoi primi lavori infatti il tuo sound è fresco e catchy ma costantemente sfumato con un malinconico velo di nostalgia che avvolge soprattutto le melodie. Questa caratteristica rispecchia la tua sfiducia nei tempi in cui viviamo?

“Direi di sì. Ogni generazione prova sempre un po’ di nostalgia per i tempi passati, quelli che magari non ha vissuto ma che chi c’era descrive sempre come “tempi migliori”. Alla fine inevitabilmente il passato viene in qualche modo mitizzato e si ricopre di una sorta di malinconia romantica per quello che è stato e che non tornerà. Lo stesso credo stia accadendo alla nostra generazione. D’altra parte, ammettiamolo, viviamo in un periodo davvero spaventoso per cui nel nostro caso la nostalgia per il passato è anche una specie di evasione dai pensieri della pandemia, della guerra e da tutto ciò che stiamo vivendo. La mia musica, come ti dicevo, non fa altro che seguire i miei pensieri e le mie emozioni per cui naturalmente questo alone di nostalgia emerge sempre, anche se qualche volta in maniera più evidente e qualche volta meno”.

Attraverso la tua musica hai la possibilità di parlare alla gente, non soltanto alla tua generazione. Quali sono i messaggi più importanti che speri possano essere colti nelle tue canzoni?

“Io parlo principalmente di salute mentale ma anche di uguaglianza e di diversi tipi di relazioni. In generale parlo solo di cose che conosco bene, cose che vivo o che ho vissuto personalmente oppure cose che stanno affrontando i miei amici o le altre persone che mi circondano. Più che qualche messaggio in particolare, spero che le mie canzoni possano dare un po’ di conforto a chi eventualmente si trova nelle stesse condizioni, facendogli sapere che non è solo”.

Si parla spesso del tuo sostegno nei confronti della comunità LGBTQ+ e delle minoranze in generale. Negli ultimi anni ci sono stati alcuni progressi ma tanto ancora c’è da fare. Se dipendesse da te, quale sarebbe il problema più urgente che vorresti risolvere per un mondo in cui tutti possano avere gli stessi diritti?

“Sicuramente, con quello che sta succedendo in questo periodo in America, probabilmente la prima cosa che farei sarebbe cercar di aiutare le donne americane perché è assurdo che anziché fare passi avanti si stia tornando indietro di almeno 50 anni”.

Tornando alla musica, quali sono gli artisti che più hanno influenzato la tua formazione musicale?

“Da giovane ascoltavo soprattutto i Queen e la Kelly Family. Amavo molto anche la colonna sonora di Spirit – Cavallo selvaggio (di Hans Zimmer e Bryan Adams, ndr). Non so se questi primi ascolti si possano ritrovare nella mia musica ma sicuramente sono stati importantissimi per me in quegli anni. Poi, quando sono cresciuta, ho cominciato ad ascoltare moltissimo Birdy, che ancora oggi è la mia artista preferita; ma mi piacciono molto anche Billie Eilish e la cantautrice norvegese Girl in red. In realtà mi piace molto spaziare tra gli ascolti, infatti nella mia vita ho creato infinite playlist molto variegate, con canzoni di genere diverso e non solo degli artisti che amo di più”.

A proposito di Billie Eilish, che ne pensi del fatto che spesso la stampa ti paragona a lei?

“Sicuramente mi lusinga ma siamo due persone diverse, con vissuti ed esperienze diverse che in qualche modo emergono nella nostra musica. Penso però che il paragone nasca soprattutto perché nelle nostre canzoni parliamo di problemi simili e abbiamo valori simili”.

Quest’estate suonerai in giro per l’Europa, anche in supporto ad altri artisti (come Imagine Dragons e YUNGBLUD). Ci saranno delle novità rispetto ai tuoi concerti precedenti?

“Non penso che il mio live cambierà molto rispetto ai concerti precedenti. Per adesso abbiamo intenzione di mantenere lo stesso tipo di set che abbiamo fatto negli altri spettacoli di quest’estate. Poi non si sa mai…”

In Italia attualmente non sono previste date?

“Forse sì, forse no… Dovrete aspettare un po’ per scoprirlo” (Ridiamo, ndr)

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