Shabaka & The Ancestors debuttano sull’etichetta Impulse! con il secondo album We Are Sent Here By History, pubblicato il 13 marzo. Una “meditazione sulla prossima estinzione della nostra specie come dato di fatto: è una riflessione dalle rovine fumanti”, spiega Shabaka – già leader dei Sons Of Kemet e membro dei The Comet Is Coming -, “un interrogarsi sui passi da seguire in vista del nostro trapasso (individuale come della società nel suo insieme), e sul fatto che la fine possa o meno essere vista solo come una tragica sconfitta. Per tutte le vite perdute e le culture cancellate da secoli di espansionismo occidentale, pensiero capitalista ed egemonia strutturata sulla supremazia bianca, i giorni della fine sono stati a lungo annunciati come un regalo, e questo mondo vissuto come l’incarnazione di un purgatorio vivente”.
Unendo le tradizioni africane e afrocaraibiche, l’album si appropria della tradizione del griot – la figura del cantastorie depositario di una ricca tradizione narrativa e interpretativa. Per questo motivo, è fondamentale il ruolo rivestito dai testi, opera dell’artista Siyabonga Mthembu. Shabaka ha nominato i brani proprio ispirandosi ai testi, sui quali ha creato il poema sonoro. In We Will Work (On Redefining Manhood) Siyabonga canta una poesia in Zulu che rifiuta gli arcaici pilastri della virilità: a partire dall’infanzia, i ragazzini sono allenati a sopprimere le proprie emozioni ed a soffrire in silenzio. “Questa canzone parte proprio dal punto di questa virilità tossica” dice Siyabonga “Ripete le istruzioni che vengono dette ai ragazzi – non piangere, non addolorarti, non lasciarti ferire”.
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