Home Speciali Liste e classifiche Rumore Week (8/1 – 14/1)

Rumore Week (8/1 – 14/1)

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Il nostro riassunto della settimana, sopra e sotto i palchi
dall’8 al 14 gennaio

di Letizia Bognanni

C’è stato un tempo in cui la CIA teneva d’occhio attori e rockstar sospettati di simpatizzare per la Russia e i comunisti. La guerra fredda è finita ma il mondo non è diventato un posto meno assurdo, anzi, e adesso la CIA le rockstar cerca di reclutarle per mettere nei guai il presidente degli Stati Uniti. Almeno a dar credito alle dichiarazioni di Moby:

Agenti ed ex della CIA sono molto preoccupati per la collusione di Trump con la Russia. Dicono “è come The Manchurian Candidate, in pratica Putin ha un agente russo come presidente degli Stati Uniti. Quindi mi hanno dato alcune informazioni e mi hanno detto, “ascolta, hai molti più follower di noi sui social media, potresti postare qualcuna di queste in modo da … farle uscire fuori”.

John Le Carrè, fatti da parte. Qui sotto potete sentire l’intervista completa:

Quello che è certo è che Moby non è solo nella sua missione anti-Trump. L’ultimo della lunghissima lista di musicisti che si sono scagliati contro il presidente è Win Butler degli Arcade Fire, a cui non sono proprio andate giù le parole del presidente, che avrebbe detto “Perché abbiamo tutta questa gente che arriva qui da paesi fogna? Perché abbiamo bisogno di altri haitiani? Mandiamoli via”. Butler, impegnato nella fondazione Kanpe, che si occupa proprio di sostenere Haiti, insieme alla moglie e compagna di band Régine Chassagne (che ha origini haitiane), ha twittato: “Il commento di Trump su Haiti non dice niente su quel meraviglioso paese, ma tutto sul suo razzismo e xenofobia. Haiti è uno dei posti più speciali e incredibili in cui sia mai stato, e abbiamo bisogno di più haitiano-americani”.

Anche al di qua dell’Atlantico abbiamo i nostri polemisti di professione. I Gallagher, chi altri? Non solo lite tra fratelli, stavolta. Durante un’intervista, Noel ha lamentato la mancanza di autentici cantautori: “sono offeso”, ha detto, “dai cantautori che quando gratti la superficie non scrivono nessuna cazzo di canzone. Per quanto ne so se gratti la superficie di qualunque artista in Inghilterra scopri che hanno tutti dietro un team di songwriter, a parte me, Paul Weller e Johnny Marr. Richard Ashcroft, il nostro ragazzo (Liam Gallagher), tutti fino a quel cazzo di Ed Sheeran e al ragazzino degli One Direction, hanno tutti un esercito di autori dietro”.
Non si sono fatte attendere le risposte di Ashcroft, che ha twittato: “Io non scrivo le mie canzoni? Vuoi essere più preciso?”, e di Liam, delicato come sempre: “Richard Ashcroft piscia addosso a te e ai tuoi due amici tutti i giorni”.

Tutti vorremmo essere i protagonisti di una canzone. O forse no. Tonya Harding, la pattinatrice nota per l’accusa di aver commissionato l’”incidente” di cui fu vittima la sua rivale Nancy Kerrigan, oltre ad aver ispirato il film I, Tonya, dà il titolo a un recente brano di Sufjan Stevens, ma non sembra averla apprezzata particolarmente. Scrive Taffy Brodesser-Akner sul New York Times:

Non vuole avere niente a che fare con la bella canzone di Sufjan Stevens che parla di lei. L’ha chiamata prima per parlargliene? Qualcuna di queste persone che scrivono in sua difesa l’ha chiamata e le ha chiesto se poteva fare soldi usando il suo nome? No! “Chi ha dato a queste persone il permesso di usare il mio nome?”

La risposta di Stevens:

Il mondo è vario e strano. Il New York Times ha intervistato Tonya per un lungo articolo (spoiler: Tonya non è interessata ad ascoltare la mia canzone!), e su The Believer c’è un grande pezzo su Tonya e il mondo complicato del pattinaggio femminile. Giornalismo affascinante. Godetevelo! Prendete due Aleve e andate avanti!

Scommettiamo che dopo aver visto questo video non riuscirete più a scrivere la lista della spesa senza provare a riprodurre una colonna sonora?

E se non vi bastano queste news in pillole, qua trovate quelle musicali e qua quelle scovate dalla rete.

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