Home Speciali Interviste Intervista: The Coathangers

Intervista: The Coathangers

0

the coathanger

di Luca Minutolo

Da quanti gruppi garage punk siamo stati assaliti negli ultimi quindici anni? Difficile contarli tutti. Selezione naturale che ci ha lasciati, probabilmente, solo i più forti. Quelli mossi da un istinto di sopravvivenza spiccato rispetto ad altri. Le Coathangers arrivano da Atlanta. Nascono dieci anni fa come una classica garage band senza particolari pretese. Chitarra, basso, batteria e voci sgraziate mosse dalla voglia di far casino. La classica parabola di una qualsivoglia rock band del pianeta terra. Col senno di poi, ciò che ha permesso a queste ragazze di sopravvivere alla prova del tempo è stata la costanza fuori dalla norma. Il bisogno impellente di suonare a qualsiasi costo senza badare ai dettagli. Unita a quella genuina voglia di divertirsi. Sbornia punk a cui seguono i classici postumi del giorno dopo.

Nosebleed Weekend, loro quinto disco, si basa proprio su questo principio. Tenta di ricostruire questi dieci anni vissuti sulla cresta del garage. Assembla i ricordi sbiaditi della sera prima. Eccessi mitigati da una vena melodica che in questa sede sbuca fuori senza mezzi termini. Gusto pop a servizio di una macchina punk secca e dritta al nocciolo della questione. Rimane sempre quella malsana voglia di far festa tutta la notte. Impreziosita però da uno sguardo adulto. Nostalgico verso i propri affetti. Incazzato nei confronti delle sfighe e lotte quotidiane. Partite come quartetto, oggi asciugano anche la formazione al classico power trio. Miscela irresistibile che fa di Nosebleed Weekend una tappa obbligata. Poco importa che si tratti di un gruppo tutto al femminile. Particolare di poco conto al giorno d’oggi. Spesso però, un valore aggiunto. Abbiamo approfittato di questo passo per scambiare due chiacchiere veloci con la formazione al completo. Saltando a piè pari tra consunti stereotipi e maturità obbligata. Senza rinunciare mai a quell’irresistibile vena festaiola. Sempre e comunque.

Spesso, durante le interviste ai tempi del vostro esordio, avete ammesso di aver cominciato a suonare assieme quasi per gioco. Eppure, dopo ben dieci anni siete ancora qui. Cosa è successo in questi anni di carriera?

Si è vero, abbiamo cominciato per gioco. Ma a dir la verità ci divertiamo ancora come allora. Probabilmente è per questo che siamo ancora qui. Certo, alcuni aspetti col tempo sono divenuti ben più seri. La band ha cominciato a girare. Ci siamo guadagnate la nostra fetta di pubblico. Dal gioco siamo passate ad un vero e proprio lavoro con la nostra musica. Ma in fondo, viviamo per suonare e divertirci. Questo è l’importante.

Agli esordi avete mai pensato che la vostra band sarebbe potuta diventare un affare serio?

Assolutamente no. Tantomeno pensavamo alla possibilità di realizzare un disco vero e proprio. Invece alla fine siamo arrivate a fare cinque dischi e puntiamo a farne altrettanti.

Nosebleed Weekend suona più ruvido rispetto al passato. Al tempo stesso però sembra tutto molto lavorato. Come avete lavorato a questo disco? Indubbiamente suona come un tentativo per ampliare il vostro spettro sonoro.

Lo studio dove abbiamo registrato Nosebleed Weekend era rimasto inutilizzato per oltre 30 anni. Di conseguenza il disco ha un suono molto vintage. Abbiamo lavorato per alcuni mesi ai brani prima di entrare in studio. In effetti è stato tutto molto più pensato e studiato rispetto ai nostri dischi precedenti. Non abbiamo mai avuto tutto questo tempo a disposizione per sviluppare i nostri brani. È stata comunque un’esperienza che ha sviluppato molto la nostra capacità compositiva. Ci siamo concentrate sui brani. Abbiamo provato varie soluzioni, aggiungendo o togliendo sempre qualcosa. I nostri dischi precedenti sono stati molto più spontanei. Buona la prima e via così. Per Nosebleed Weekend invece ci siamo approcciate in maniera completamente diversa.

Qual è il significato del titolo del vostro disco?

Nosebleed Weekend racchiude in sé molteplici significati. Quando ne hai abbastanza della vita e delle persone che ti circondano. Quando sei in cerca di guai e dovresti solo cercare di tenere la situazione sotto controllo per non combinare casini.

Anche dal punto di vista dei testi avete fatto un grande salto in avanti. Come vi siete approcciate alla scrittura?

Questa è stata la prima volta in cui ci siamo fatte aiutare da un produttore. Nic Jodoin ci ha aiutato molto a definire la struttura dei nostri brani. Suggerendoci dove apportare modifiche e come costruire i pezzi in maniera diversa rispetto al passato. Ribaltando i testi e i versi oppure aggiungendo nuove parti che non avremmo mai immaginato lavorando da sole.

Probabilmente in Nosebleed Weekend viene fuori il vostro lato più isterico e forte. In generale, lungo tutto il disco questo lato più aggressivo è piuttosto evidente.

Sì, assolutamente. Prendiamo ispirazione dalle nostre vicende personali. La maggior parte dell’ispirazione arriva dalla nostra vita in giro per il mondo. Siamo spesso in tour. Lontane da casa e dai nostri affetti personali. Comunque siamo felicissime di condurre la vita da musiciste. Stare sempre in posti nuovi e conoscere nuove persone ci stimola continuamente. Amiamo questa vita. Ma spesso la nostalgia ci prende alla sprovvista. Ci mancano la nostra casa, la famiglia e gli amici. Fondamentalmente i testi di Nosebleed Weekend nascono proprio dalla nostalgia che nasce quando siamo in tour.

Guardandoci attorno, oggi ci sono davvero molte band completamente “al femminile”. Spesso il termine “riot grrrl” esce fuori per definire velocemente una certa attitudine alla musica. Non pensate si tratti di un’etichetta superflua? È ancora importante secondo voi sottolineare che una determinata band sia interamente composta da donne al giorno d’oggi?

Non crediamo sia un’etichetta stupida. Probabilmente si tratta solo di un termine abusato. Non è così importante sottolineare che una band sia interamente formata da donne. È un valore aggiunto. Poco importa se nella band ci sono alcune donne oppure se si tratta di un gruppo tutto al femminile. L’importante è che si faccia buona musica, a prescindere dal sesso.

Al tempo stesso credete ci sia una sorta di approccio differente e di sensibilità musicale e artistica tra uomini e donne?

Non crediamo sia così. La sensibilità è un fatto molto personale che prescinde dal sesso. Non importa che tu sia uomo o donna. Alcune volte gli uomini riescono ad essere molto più sensibili delle donne.

Exit mobile version