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Intervista: Ulver

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di Francesco Bommartini

[quote]Dimentica il rumore di sottofondo. Mio figlio sta guardando la tv.[/quote]

Comincia così l’intervista a sua eminenza Kristoffer Rygg degli Ulver, uno che da quasi 20 anni sperimenta senza paura la musica in varie forme. Dal black metal al folk, dall’elettronica all’art rock, fino alla classica contenuta nell’ultimo lavoro Messe I.X-VI.X. Partiamo proprio da qui.

Gli Ulver, all’inizio, erano una black metal band. Attraverso gli anni il vostro suono è molto cambiato: cosa significa per te comporre e suonare la musica degli Ulver?

“Cosa significa? È davvero una gran domanda. Prende un sacco del mio tempo, significa molto. Ero un ragazzino quando ho cominciato a suonare nella band, e sono l’unico rimasto della formazione iniziale. Non siamo più gli stessi. C’è stata una progressione. Abbiamo cominciato a seguire nuovi interessi. Il vero grande cambiamento c’è stato nel 1998 (con il passaggio dal black metal al folk ndr). Ciononostante abbiamo mantenuto lo stesso nome. Suono da 20 anni ma le motivazioni, con il passare del tempo, cambiano. Non è sempre facile, a volte vivo la situazione come una sorta di confinamento. È un lavoro che prendo seriamente. (ride)”

Qual è l’obiettivo dell’ultimo album e con che tipo di attitudine avete approcciato le sessioni di registrazione?

“Abbiamo rispettato la commissione che ci è stata fatta: suonare qualcosa con un’orchestra, fare un progetto con musica orchestrale. Abbiamo scritto musica di diversa natura. In passato eravamo più guitar-and-drums-oriented. Abbiamo cercato di avere il miglior approccio possibile, pur avendo una conoscenza limitata della musica classica. Abbiamo dato rilevanza all’atmosfera, al feeling. Non abbiamo avuto un approccio solo musicale”.

Qual è il tuo rapporto con la scena black metal del presente e del passato?

“Nel presente non c’è legame. (ride). Nel passato era tutto romantico. Quando invecchi succede che inizi a perdere il bambino che è in te. Quando ero più giovane ero molto informato sulla cultura heavy metal e sull’immaginario gotico. Oggi ovviamente ho preso un po’ di distanza, ma non vedo quel periodo sotto una luce negativa. Anzi, provo nostalgia per quel romanticismo, sai l’inizio degli anni ’90… è passato un sacco di tempo. Sicuramente non ho rapporto con il black metal contemporaneo, solo con gruppi del passato. E credo sia naturale, visto che è la stessa cosa anche per tanti giovani metallari. Si tratta dei fondamenti. Ci sono molte sottoculture interessanti, non solo nel black metal”.

Presti attenzione alle recensioni? Pensi che Messe sia stato capito dalla maggior parte delle persone che ne hanno parlato?

“Si, sorprendentemente. Più di quanto avrei detto. Ho letto molte recensioni tentando di non farmi coinvolgere emotivamente. Probabilmente imparo di più dalle recensioni negative, o comunque critiche. Presto attenzione all’opinione delle persone, non solo dei giornalisti. Sono proprio interessato a quello che ascoltano le persone. In fondo ognuno può dire la sua, è un’opinione personale. Siamo individui, abbiamo opinioni diverse. Niente è perfetto, suppongo (ride)”.

Messe ha un significato religioso? Cos’è per te la religione?

“Domanda molto complessa. Cerco di rispondere semplicemente. La religione è un sentimento. In Messe c’è questa componente. Perché quello che suoniamo riguarda la tradizione romana, cattolica, ortodossa, cristiana. Messe è molto emozionale. Suoniamo il suono tradizionale del requiem. Che tu sia nichilista o credente non ha importanza: nell’album ci sono comunque dei sentimenti legati a qualcosa di profondo”.

…e c’è anche un sacco di musica classica. La ascolti? Quali sono i tuoi compositori preferiti?

“Si. Ma siamo ossessionati da cose diverse. Io ascolto molto musica classica dagli anni ’90. In quel periodo ascoltavo solo classica o metal. Negli ultimi 15 anni ho ascoltato molti generi diversi, ma ovviamente con questa commissione ho ripreso ad ascoltare classica con maggior attenzione. Messe si è trasformato in un progetto di ricerca. Questo album è pervaso di modern classical music. Per quanto riguarda i compositori che preferisco cito Tony Conrad o anche Arvo Pärt – e altri. Penso che il disco sia una sintesi di vecchie e nuove tradizioni”.

Come proporrete l’album dal vivo? Ho letto che suonerete al teatro Regio di Parma il 16 novembre…

“La sfida principale sarà sincronizzare tutto con l’orchestra. Inizieremo a provare con l’orchestra italiana due giorni prima del concerto. Dovremo seguire il metronomo della clicktrack. Se non ci riusciremo sarà un disastro (ride). Quello che posso anticipare è che il live avrà, ovviamente, un approccio differente rispetto al modo in cui abbiamo proposto gli album precedenti”.

Ci sono solo due canzoni cantate in Messe. Immagino che tu pensi che la musica possa comunicare anche senza voce, solo con gli strumenti. Sbaglio? Quali sono le tue band strumentali preferite?

“Wow. E’ difficile da dire. Recentemente ho ascoltato molto Tim Hecker. Un paio di anni fa ha fatto una collaborazione strumentale con Daniel Lopatin [aka Oneohtrix Point Never] improvvisando in studio. Questi sono i miei ascolti recenti. Specie dai primi 2000 mi capita di pensare che, dover per forza mixare una voce con la musica, sia superfluo. Anche se puoi anche far suonare la voce come uno strumento. La musica può essere perfetta anche senza voce. Abbiamo provato per la prima volta quel tipo di approccio con Kveldssanger“.

Lo adoro!

“Oh, grazie! E’ stato più o meno nel 2003, con Blood Inside, che abbiamo deciso consciamente di fare musica più strumentale e abbiamo iniziato a vedere le liriche in ottica differente. Ci sentiamo completi anche quando le nostre canzoni sono solo strumentali”.

Cosa pensi degli Emperor e della carriera di Ihsahn? Non credi che ci siano delle similitudini tra la sua carriera e quella degli Ulver?

“Sì. L’ho conosciuto alla fine degli anni ’90 e siamo subito diventati buoni amici, lo siamo tutt’ora. Credo che lui e gli altri membri degli Emperor, come Samoth, stiano facendo cose eccellenti anche ora”.

Che impressione hai dei social media e di internet?

“Ad essere onesto li odio. È un buon modo per distruggere il proprio consumo di tempo. È buono per la promozione. Ma ora anche quell’aspetto è venuto meno, a causa della saturazione in atto. Ne ho parlato con Stephen O’Malley qualche giorno fa”.

E ora un grande classico: quali sono i progetti futuri degli Ulver?

“Siamo molto concentrati su una performance teatrale su Dostoevskij che faremo ad Oslo. Poi chissà…”

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