Cinema: Intervista doppia, George Romero e William Friedkin

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romero friedkin

di Davide Agazzi

Non capita spesso di incontrare una leggenda del cinema. Ma capita ancor meno frequentemente di incontrarne due. L’occasione mi è data dall’ultima edizione del Lucca Film Festival che quest’anno, tra gli altri, mette in campo due registi di culto assoluto come William Friedkin e George Romero. Il primo è noto soprattutto per i primi suoi due lavori, Il braccio violento della legge e L’Esorcista mentre il secondo è, molto semplicemente, il papà degli zombie.

Curiosamente, entrambi i filmmaker sparano le loro cartucce migliori nei primi anni di carriera, senza (quasi mai) riuscire a ripetersi sugli stessi livelli di critica e pubblico nel prosieguo del proprio percorso artistico. E questo al netto dell’ottimo Killer Joe, ultima pellicola di Friedkin e delle numerose iterazioni della saga degli zombie. Ecco quindi l’idea di realizzare una sorta di faccia a faccia coi due registi, un’intervista senza tempo – perché senza tempo sono le creazioni di questi due maestri, tanto è vero che le loro migliori creazioni vengono costantemente ritirate in ballo fra serie TV, remake, seguiti e anche videogiochi – ma anche maledettamente attuale, dato il successo registrato nuovamente negli ultimi dieci anni dalle storie legate al “fantastico”. Ma questo tripudio, commercialmente parlando, corrisponde anche alla morte dell’arte, come converranno entrambi nel corso dell’intervista. E poi, ovviamente, ci sono gli zombie. Zombie, zombie ovunque.

Nota: Le due interviste sono state realizzate ad una settimana di distanza l’una dall’altra. Sono state poi montate come un’unica chiacchierata. Buona lettura.

A cosa sta lavorando in questo momento?

Friedkin: “Sto scrivendo diversi film, alcuni assieme ad altre persone, ma non amo annunciare i miei film fino al momento del loro completamento. Ho lavorato ad un copione per un anno circa ed adesso è praticamente a posto. L’avrei finito, se non fossi venuto qui [sorride sardonico, nda].”

Romero: “Sto lavorando su due soggetti, al momento. Uno è il remake di un un mio vecchio film , l’unico film che vorrei rifare, Season of the Witch (anche se il titolo originale era Jack’s Wife). Inoltre ho lavorato alla serie 15 Comics con la Marvel ed al momento stiamo cercando di trasformare la cosa in una serie TV. Ho un altro copione, del quale però preferisco non parlare, perché appartiene ad un altro scrittore e le cose non sono ancora pronte per un annuncio.”

Chi furono le sue ispirazioni quando intraprese la carriera cinematografica?

Friedkin: “Molte. Orson Welles, Joseph Mankiewicz, Elia Kazan, Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Francesco Rossi, Bernardo Bertolucci, H.G. Clouseau (davvero importante) e, come chiunque altro, Alfred Hitchcock.”

Romero: “Michael Powell era il mio mito. Da bambino mio zio mi portò a vedere un film alquanto improbabile, almeno per i miei gusti, The Tales of Hoffmann. Un film sull’opera e sul balletto. Ora, tu immagina: io, un ragazzino di 12 anni a New York. Non volevo avere niente a che fare col balletto o con l’opera! Eppure, mi innamorai del film. Dei suoi aspetti fantastici ed immaginari. Riuscivo a capire come era stato realizzato: era accessibile. Quello fu il primo film che mi dette l’idea che forse avrei potuto farlo anch’io, il cinema.”

William Friedkin a Lucca

[Friedkin a Lucca]

Ho sempre considerato il genere horror come il più “politico” del cinema, è d’accordo?

Friedkin: “Forse per altri registi, ma io non l’ho mai inteso in questo senso. Non ho mai pensato L’Esorcista come un film horror ma posso capire che per 45 anni le persone lo abbiano considerato tale. E questo non lo discuto. Ma non era la nostra intenzione. Sapevo che avrebbe spaventato le persone, per via della sua trama. Ma ci sono tantissime storie simili che non diventano film horror. Argento fa film horror. E molto bene. Io no. L’Esorcista è un film sul mistero della fede. Ed è basato su una storia vera, di cui ho letto i dettagli. Dettagli che paiono impossibili.”

Romero: “Lo spero! [ride] Sì, sono d’accordo. E’ molto più difficile fare un film, non di genere, che abbia un tema che non sia zuccheroso o esagerato o che racconti gli eventi contemporanei senza essere di genere. Quei film diventano subito scontati. Il fantasy è diverso… come I viaggi di Gulliver: è mitologia. Io lo trovo decisamente più affascinante, come mezzo di rappresentazione della realtà, ed anche più facile perché posso anche inserire qualche scemenza nei miei film senza preoccuparmi troppo delle parole.”

Friedkin, lei crede alla storia che ha originato il film de L’Esorcista?

Friedkin: “Assolutamente sì, ci credo. Credo alla malattia della ragazza e credo che l’unica spiegazione per quella storia, sia una possessione demoniaca. E se mi dicessi che un evento del genere si è verificato anche con Adolf Hitler… beh, io sarei d’accordo. Se guardi al suo background… era una persona abbastanza stupida. Ma era un patriota. Credeva nella Germania. Ha combattuto nella prima guerra mondiale ed ha assaggiato i gas nelle trincee. Ne è uscito cieco per sei mesi ed è diventato un mendicante – un’esperienza comune nella Germania di quegli anni. Non c’erano elementi che lasciassero presagire cosa sarebbe accaduto dopo, quando prese il controllo del partito socialista. La sua vita successiva può essere spiegata, secondo me, solo con una possessione demoniaca. Vedi, io non penso che Giuda fosse preda di una possessione demoniaca. Credo che fosse lì perché era solo un tassello necessario a compiere la profezia. E questa dice che Dio avrebbe inviato il suo unico figlio, fattosi uomo, su questa terra, che sarebbe poi stato trafitto e sarebbe morto per salvarci dai nostri peccati. Giuda, nonostante sia un una delle figure maggiormente associate al male della nostra storia, è differente da Hitler: Giuda era strumentale, parte di un piano molto più grande che noi non siamo in grado di comprendere. Hitler invece, secondo me, era posseduto dal demonio. L’esorcismo non è stato compiuto e quindi ha potuto compiere il più grande male mai fatto su questa pianeta. E come lui anche Stalin.

Lei ha spaventato, per anni, milioni di persone. Cosa la spaventa, oggi?

Friedkin: “Il caos proveniente dal medio oriente.”

Romero: “La vita reale. Non ho mai avuto paura dei mostri, neanche da bambino, Vampiri, zombie, quel che ti pare. Da bambino ricordo bene – e considera che io abitavo nel Bronx! – dicevo, ricordo bene la televisione annunciare “i russi hanno l’atomica!” Mi terrorizzò. E continua ad essere la cosa che mi terrorizza maggiormente. Niente robe soprannaturali, quelle non danneggiano gli umani. Voglio dire, la bomba è tornata. La religione, o meglio l’agire in nome della religione, è stata causa di violenza. Invece di unirci in fratellanza, ci stiamo dividendo in tribù. Quando per strada vedo un ebreo ortodosso, o una donna col burqa, mi chiedo “perché”? Perché scegliete di rendere visivamente visibile la vostra diversità? Va bene osservare qualsiasi religione, ma perché rendersi “altro” rispetto al proprio vicino? Sarebbe meglio se tutti ci mettessimo una semplice magliettina con un logo, come quello della Nike ad esempio [ride].”

Friedkin, in questo senso la scena iniziale de L’Esorcista è stata girata proprio in quella zona nevralgica che è al centro delle odierne vicende geopolitiche.

Friedkin: “La scena di apertura la filmammo a Mosul, che è parte dell Iraq e all’epoca era controllata dagli arabi mentre a nord cominciava il territorio curdo. Mosul oggi è in mano all’Isis, tra le altre cose. Girammo la scena di apertura in questo quartiere antico che si chiama Hatra o, in arabo, Al Hader. È triste quello che sta avvenendo. È tragico. Non era così prima, era un paese davvero accogliente e ho stretto tantissime amicizie, anche con i curdi. Amo i curdi.”

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[Romero a Lucca, foto Laura Sestini]

Romero, come spiega il successo degli zombie, soprattutto negli anni più recenti?

Romero: “Vorrei saperlo. Credo che forse alcune persone trovino una connessione con gli zombie per via di un senso di immortalità. Ma credo che siano stati i videogames a farli diventare così popolari. È anche un costume facile da riprodurre, così come facili da riprodurre sono le movenze o il trucco. Puoi semplicemente metterti del sangue in faccia, camminare tutto storto e… bang!, sei uno zombie. Non credo sia il tema della vita dopo la morte. È solo un halloween, non c’è un messaggio più profondo dietro. Come le zombie walks: quelli che vi partecipano vogliono solo farsi qualche drink. È forse una sorta di mini ribellione, come lo fu la beat generation o il punk. Credo sia qualcosa di molto superficiale, puro divertimento. Pensare parecchio non è divertente. Sono, fondamentalmente, la classe operaia – ma mostri! [ride]”

Cosa pensa del suo collega e dei suoi lavori?

Friedkin: “Penso che sia un regista davvero importante di cinema horror. È un creatore ed un originatore. La sua influenza sul genere horror è decisamente più importante della mia.”

Romero: “Non so neanche se mi conosce.. credo che i suoi film siano davvero ben realizzati. E credo che sia stato frego su The Sorcerer [Il salario della paura, nda] amo quel film! Credo che, dopo il successo de L’Esorcista, cercarono di spacciarlo come un altro horror – cosa che evidentemente non era. Credo sia un regista davvero talentuoso e penso che l’esperienza di The Sorcerer abbia reso la sua carriera “minore” rispetto a quella che avrebbe dovuto essere. Quel film l’ha un po’ ammazzato.”

Che rapporto ha con remake e sequel? Ho letto che Fox produrrà una serie TV dedicata a L’Esorcista, del quale esistono ben due seguiti ed un prequel, mentre alcuni film di Romero sono stati rifatti interamente, come nel caso de La città verrà distrutta all’alba.

Friedkin: “La serie TV? No, non la guarderò. Storia diversa, personaggi diversi. Si sono solo comprati il titolo, per 30 denari d’argento [ride]. Stessa cosa per i sequel, non li ho visti e non li vedrò mai. Non ne ho alcun interesse.

Romero: “Non ho niente a che fare con quello. Mi hanno chiamato quando entrò in produzione, così come avvenne col remake di Dawn of the Dead. C’è il mio nome scritto grande in cartellone ma poi, in piccolo, si legge “tratto da un’idea di…” Ero incazzato di brutto. Prima di tutto, il film originale era sul consumismo e cercava di dire qualcosa sul tema. Il remake è solo un film di zombie. Non ha niente a che vedere col mio, sembra un videogioco. Credo che Zach Snyder [autore del remake, nda] sia un buon regista, i primi 15/20 minuti erano davvero buoni ma il resto… che senso ha? Non capisco che motivo ci fosse per rifare questo film.”

È il momento in cui l’ufficio stampa viene a ricordarmi che il tempo per l’intervista è scaduto. Mentre mi metto il giubbotto guardo Romero e lancio un’ultima domanda tentando di portare a casa un’ultima risposta.

Lo scrittore di cui mi parlava ad inizio intervista… è Stephen King?

Romero: “[Mi guarda un po’ stupito e poi sorride, nda] Sì. Stiamo cercando di adattare in un film un suo vecchio romanzo, La bambina che amava Tom Gordon. Ma non riusciamo a trovare i fondi.”

Ecco, pensare che due maestri come Romero e King non riescano a trovare i fondi per un nuovo progetto assieme… questo sì, che mi spaventa di brutto.

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