foto di Starfooker / testo di Elia Alovisi
Quando li abbiamo intervistati l’ultima volta, i Foals hanno parlato della loro sinergia dal vivo paragonandola a un cuore che batte, e la cosa ha decisamente senso. Le origini math rock del gruppo si sono infatti sempre sentite, anche se il loro ultimo album What Went Down contiene per la prima volta momenti relativamente lontani dalla necessità di un’esecuzione collettivamente chirurgica – la titletrack su tutti gli altri brani, ma anche la ballata London Thunder. Quello che resta, però, è una band che è riuscita a rielaborare la classica forma-canzone rock per creare con successo e costanza qualcosa di unico, bastardo e convincente.
Assieme a loro, in un’accoppiata più che azzeccata, c’erano gli Everything Everything, altri manipolatori del suono d’oltremanica ma in chiave decisamente più stramba e futuribile rispetto agli headliner. Il loro ultimo album, Arc, era un riuscitissimo e divertente esperimento che mischiava art rock e pop, con l’altissima voce del cantante Jonathan Higgs a piroettare su ritmi frenetici e, stranamente, ballabili. Esempio maggiore: Kemosabe. Come se i Battles di Mirrored avessero deciso di fare pop tralasciando qualsiasi approccio culturalmente “alto” nella loro formula. Get to Heaven, il loro ultimo LP, prosegue sulla falsariga di Arc ma sacrificando un po’ l’imprevidibilità che lo aveva contraddistinto, senza però risultare scontato.
Vedere entrambi dal vivo resta quindi sempre un grande piacere, e per noi ci è andato Starfooker – al Fabrique di Milano, per essere precisi. Qua sotto trovate le sue foto.
EVERYTHING EVERYTHING
FOALS