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La fine dell’avventura della PC Music e l‘avvento dell’hyper pop in 10 dischi fondamentali

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pc music
Hyper Pop Aesthetic

Da A.G. Cook a Rosalia, passando per Sophie, Caroline Polachek, Charlie XCX, storia e fenomenologia della PC Music e dell’hyper pop

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di Mauro Fenoglio

Venerdì 23 giugno 2023 una passerella lucida e immacolata, circondata da due cubi, si staglia come un memoriale alieno sul campo polveroso di zanzare e sandali dell’ippodromo SNAI a Milano. Su quella superficie liscia, programmaticamente vuota e minimale, Rosalía mette in scena il suo atto (politico e artistico) di riflessione finale sul concetto di rappresentazione live. Nessuna band di supporto, un contingente di ballerini come corpi mutanti di una messinscena carnosa, fra Cronenberg e le fotografie di Mario Giacomelli. Una telecamera mobile che ne segue movimenti, espressioni, canto, gioia ed estasi. Visual calibrati, mai opprimenti, strumenti che sottolineano i suoi stati d’animo. Rappresentazione pop, fra art performance, istallazione, fisicità come condivisione, tecnologia che diventa sudore, tradizione che si tuffa in un carnevale elettronico i cui le barricate opposte di avanguardia e mainstream sono solo un ricordo per i nostalgici del Novecento. Il tutto per ventimila anime meticce, fluide, intergenerazionali, che saltano, danzano, cantano in coro, anelano e si commuovono con lei. Forse il futuro del pop è veramente qui, questa volta per davvero, sfidando i dubbi residui.

Due giorni dopo, dalle sue piattaforme social, A.G. Cook, il fondatore della PC Music, progetto artistico e gioioso sabotaggio della macchina pop, annuncia che l’etichetta smetterà di produrre musica nuova dopo un decennio, per dedicarsi a pubblicazioni d’archivio e ristampe. Per lenire la tristezza dei fan, occhi lucidi e brillantini, una compilation di 100 minuti popolata da tracce del passato, del presente e del futuro. E poi, l’epitaffio come rilancio oltre il contingente: Personal Computer Music Forever. Ora, va detto subito, Rosalia e AG Cook non hanno (ancora) collaborato insieme. Al di là di puntuali like lanciati a mezzo social, a rivelare mutuo apprezzamento, non si segnalano documenti programmatici a firma dei due che certifichino unità d’intenti. Eppure, la casuale coincidenza temporale di una data (estratto di un tour epocale) di Rosalia e l’annuncio della fine di un’era per la PC Music, stuzzicano un filo rosso sottotraccia: se la missione primigenia di A.G. Cook (e dei suoi amici alieni) è ufficialmente terminata è anche perché il virus sovversivo creato dalla scheda madre del suo PC, una decina di anni fa, declinato inizialmente sulle montagne russe dell’hyper pop e poi ibridato in mille nuovi modi di concepire la musica di consumo, sta finalmente modificando il DNA del corpo pop. E Rosalia, da vera fuoriclasse del nuovo verbo (qualsiasi esso sia) e delle nuove dinamiche, è uno degli agenti virali che guida al meglio la mutazione.

Per quanto la ricerca di connessioni sia forse più un trucco narrativo che altro, le direttrici della nascita della PC Music sottintendono (anche) l’evoluzione pop che nuovi capiscuola come Rosalia portano avanti. Il ricordo (o la tradizione) come amuleto, la tecnologia come azzardo, desiderio e salto nel vuoto, il concetto di rappresentazione a 360 gradi come motore, la fluidità totale come orizzonte ultimo del femminile, che travolge le sicurezze ancestrali del maschio bianco. Nel 2013, Alexander Guy Cook è uno studente di musica al Goldsmiths College di Londra, quando ritrova l’amico d’infanzia Danny L Harle. Insieme, iniziano a caricare musica su Soundcloud, prima come Tim & Eric e poi come Dux Content. I loro sono esperimenti creati al computer, in cui voci femminili, estratti di trasmissioni per bambini vengono riprocessati digitalmente. La produttrice elettronica in ascesa SOPHIE li scova nei meandri della rete ed inizia a collaborare con loro. Ad agosto dello stesso anno, nasce la PC Music. Da un progetto per una pseudo etichetta iniziato da Cook stesso (“Stavo cercando di fare musica al computer che avesse personalità, che fosse intima e misteriosa”, dice). La scena elettronica britannica di quegli anni è molto scura, fortemente ancorata all’anonimato, particolarmente seriosa e formale, nell’allacciare i fili dell’hardcore continuum. Focalizzata nel perpetuare un continuo revival della house. In parallelo, ai due lati dell’oceano, la cultura del file sharing libero, che ha animato la coda degli anni zero, come sottotraccia rivoluzionaria, è al crepuscolo. Una intera generazione di giovanissimi perdenti da cameretta con la memoria (recente) intasata da cartoons d’infanzia, anime, giochi elettronici, pop culture, eccesso di zuccheri e precariato emozionale o sessuale, cerca casa senza trovare risposta. La ricetta di Cook e amici è il loro paradiso. Una musica (nuova?) che frulla al computer gli architravi della cultura pop, accelerando tutto in modo volutamente esagerato e divertito. Le voci (per lo più femminili) processate oltre il buon senso, le strutture sintetiche dettagliate e ultra ripulite (generate da personal computer con un livello di cura e dettaglio, che ambisce a simulare la qualità di uno studio di registrazione), le melodie che sfidano i diabetici e si lanciano su ritmi iper accelerati. Temi come identità, pubblicità e branding, video giochi, memes, compressi e continuamente rilanciati, senza alcun orpello narrativo, senza la necessità di giustificarsi. Una totale negazione di un’identità in opposizione, tanta autoironia nerd, che disturba le generazioni precedenti, ma finisce per dividere anche i coetanei e la critica. Mettendo continuamente in discussione le certezze del maschio bianco, tanto più quello che si dichiara da sempre anti sistema, proprio attraverso la musica che lo rappresenta.

Nelle sue prime manifestazioni sul territorio libero di Soundcloud, la chiamano bubblegum bass o post-ringtone music. È il bozzolo dell’hyper pop, perfettamente descritto nelle sue logiche, da Spencer Konhaber in un articolo del 2021, per The Atlantic. “Un beat alla Janet Jackson, una linea di sintetizzatore alla Depeche Mode, racchiusi da una sequenza esagerata di jingle. Al di là di quanto se ne discuta, non si può non essere d’accordo sul fatto che questo suono rifletta il presente. Musica perfetta per I trend su TikTok, per la crudezza dei videogames su Twitch, per l’ansia onnivora e senza limiti dello streaming. Mentre hardcore, rap o grunge hanno sempre messo in discussione i valori del mainstream, l’hyper pop li riutilizza per la sua rivoluzione. Se per molti l’insipidezza del pop ha sempre lasciato spazio a rap e rock per dirsi alternativi, per altri, figli degli anni zero, esclusi, perdenti o queer, che trovano rifugio nei message boards di Britney Spears, per difendersi dal bullismo di coetanei appassionati di nu metal, il pop diventa una forma di trasgressione”. Pop appiccicoso ma disturbante, di una pulizia artificiale tale, da atterrire (la reazione denominata Uncanny Valley, ossia il disturbo che si prova davanti a creazioni robotiche troppo perfette nel mimare l’umanità, è la reazione più tipica alle prime tracce targate PC Music). Pop alieno, che il sistema preferisce girarlo sotto sopra che abbatterlo. Arriva come un bambino troppo vivace in eccesso di endorfine, con il coraggio dell’avanguardia che non si specchia nelle sue certezze, sfrontatamente euforico come una puntata di Dragonball. Selim Bulut su Dazed descrive così uno dei primi concerti di SOHPIE e AG Cook insieme, ad inizio 2014, nella minuscola sala del Dalston’s Power Lunches, a Londra. “La stanza è affollatissima, anche se non so quanta gente ci sia. Specchi coprono sia le pareti che il pavimento dando una sensazione d’infinito. Una macchina per il fumo annebbia la vista, una strobo rosa è puntata sui miei occhi. La sala esplode quando entra SOPHIE. Vocalizzi in autotune saturati da un’infinità di semitoni, melodie sintetiche tirate allo spasimo come fossero di plastica. Tracce che corrono, il basso che entra con l’intensità di un’impalcatura che crolla. Lascio il set con la sensazione che il mio cervello sia stato messo sotto sopra”. Cook con Harle e gli amici Hannah Diamond, Gus Lobban (in arte Kane West, un terzo dellle Kero Kero Bonito), GFOTY, Finn Keane (in arte easyFUN), felicita e, appunto, SOPHIE (dietro le quinte) sono il primo contingente della PC Music. Niente vocalists di professione per le composizioni; Cook registra le voci dei suoi amici, reinventandole come fossero quelle delle pop stars di una major (“come fossero partecipanti all’edizione 2054 di X Factor” scrive The Guardian). Una filosofia imprenditoriale, in cui il DIY diventa piattaforma di nuova ambizione, come spiega proprio Cook a Joe Vitagliano nell’iconica intervista rilasciata ad American Songwriter nel 2020. “Volevamo evitare il compromesso. Sono attratto sia dall’avanguardia che dal mainstream. Per la mia generazione, l’era dorata dei blog, alla fine degli anni 10 ci permetteva di accedere a intere discografie di un solo artista. Quella facilità di accesso è stata importante, per sviluppare un gusto eclettico. Poter ascoltare Aphex Twin e Dolly Parton e trovarci delle assonanze”.

Partendo da un’estetica fondata sul massimalismo produttivo di Max Martin, la cura del dettaglio pop degli Scritti Politti, il chitarrismo rumoroso da stadio degli Smashing Pumpkins, nel 2014 Cook inizia a pubblicare singoli con frequenza ossessiva, frullando pop culture, accelerazionismo, iper realismo, comunità digitale, identità sessuale e consumismo, finendo per attirare l’attenzione della critica anglosassone (la critica italiana ci arriverà solo poco prima della pandemia). La luce dei riflettori si accende quando, nell’estate del 2014, XL pubblica il singolo Hey QT, registrato da Cook e SOPHIE, ma attribuito ad una pop start fittizia (QT, impersonata da Harriet Pittard), pensato come jingle promozionale di un energy drink virtuale. È il primo manifesto divisivo, fra definizioni entusiaste di “futuro del pop” e derubricazioni da burla. Nell’ottobre 2015 arriva un contratto con la Columbia e la collaborazione con Chris Lee, stella del pop cinese. La strada verso il successo sembra segnata. Ma il mainstream non è ancora pronto per accettare il virus senza opporre resistenza. Un cambio di management alla Columbia porta alla chiusura del contratto. Ma sono proprio le pop star (affermate o in ascesa) che si rendono conto delle nuove possibilità che l’hyper pop offre. Cook e Harle iniziano a collaborare con artisti al di fuori dell’etichetta. Da Carly Rae Jepsen, a Caroline Polachek a Oenohtrix Point Never (fra gli altri). Nel 2017, Cook diventa il direttore creativo di Charli XCX e la pubblicazione della mixtape Pop 2 è la prima definitiva incursione di questo genere nel mondo delle major. Il “tocco Cook” diventa canone. 100 Gecs, Jonsi, Lady Gaga, David Guetta, Hikaru Utada fra i beneficiari, a vari livelli. A quel punto, la PC Music espande gli orizzonti possibili. Nell’anno pandemico e apocalittico 2020 Cook da finalmente alle stampe il suo manifesto 7G, sguardo totale alla fonte dell’hyper Pop, per poi pubblicare il suo vero primo album, Apple. Il rooster si espande con nuovi nomi, ma il mainstream a cui A.G. Cook ambiva è cambiato in pochi anni (chi di accelerazionismo ferisce, di accelerazionismo perisce). Il “futuro della musica” soppiantato da un modello molto meno stimolante che si sporca le mani con Ed Sheeran e l’hip hop (per descrizione di Cook stesso). Ma il virus ha ormai attecchito, nelle playlist che Spotify continua ad aggiornare, nelle pubblicità che si alimentano di voci sempre più pitchate, nell’evoluzione dell’approccio al digitale, nell’ibridazione della tradizione acustica americana e, si, pur se in ambito apparentemente distante dalle intenzioni primigenie della PC Music, anche nella rappresentazione iper moderna e meticcia di Rosalia. A questo punto, la missione può dirsi davvero terminata.

DI seguito dieci titoli da sfogliare, per addentrarsi fra le contraddizioni del verbo Hyper Pop, per suggerne il senso d’inquietudine, subirne la fisicità alienante, anelarne la perfezione, liberarsi nell’estasi. Di questi dieci, due non sono stati pubblicati dall’etichetta, ma rappresentano le porte d’ingresso del genere/virus verso il mondo esterno. Personal Computer Music Forever!

Danny L Harle

Danny L. Harle – Broken Flowers (2015)
La title track è la prima vera hit dell’etichetta, pur non rientrando perfettamente nel canone distintivo. Harle non è ancora il collaboratore di ferro di Caroline Polachek. Si affaccia sulla scena con un riempipista sinuoso che si muove su arpeggi dance anni ’90, marimba digitale e sapori videogame. Le altre tre tracce che compongono l’EP si muovono più convintamente verso l’estetica hyper pop, con voci pitchate e dance euforica.

 

EasyFUN

easyFUN – Deep Trouble EP (2015)
Altro EP che sintetizza il primo periodo. Finn Keane apparecchia una liquida festa hyper pop. Il massimalismo di Rustie in salsa hard dance. Dall’iniziale inno Laplander, passando per le Baleari schizoidi di Fanta, fra vagiti digitali e cascate di synth, immergendosi nei droni minacciosi di Full Circle che aprono a una giga avant arcobaleno.

PC Music Vol. 1

AAVV – PC Music Vol. 1 (2015)
Se Artificial Intelligence della Warp nel 1992 certificava l’evoluzione della techno come musica d’ascolto, la prima raccolta della PC Music (ce ne saranno altre due) è la porta d’ingresso per cogliere tutti gli aspetti delle intenzioni perverse di Cook e del suo gruppo d’amici. Dall’orgasmo meta pop di Beautiful (Cook), Attachment (Hannah Diamond) fino agli haiku sperimentali di Don’t Wanna / Let’s Do It di GFOTY e di Wannabe di Lipgloss Twin.

GFOTY

GFOTY – GFOTYBUCKS (2017)
La popstar più incompromissoria e “fisica” del gruppo originale. La blogger Polly Louisa Salmon mette in scena la contraddizione e i cliché della vita da teenager su veri e propri assalti decostruiti, tutte staffilate di basso, processamento vocale e ritmica serrata. Anche Celine Dion e Toni Braxton finiscono nel tritacarne del trattamento GOFTY. Antesignana dei 100 Gecs.

Charli XCX

Charli XCX – Pop 2 (2017) (Asylum)
Il risultato di due mesi di lavoro della vulcanica autrice britannica con AG Cook è la prima idea di come l’hyper pop possa esplodere nelle mani di una pop star reale. Non ha la “dignità’” di album, ma è un’opera fondamentale per capire come possa evolvere il pop elettronico fra la fine degli anni dieci e il presente. Oltre ad AG Cook, partecipano Carly Rae Jepsen, Caroline Polachek, Mykki Bianco e Kim Petras.

SOPHIE

SOPHIE – Oil Of Every Pearl Un-Insides (2018) (Transgressive)
Pur avendo collaborato da subito con Cook e Harle, la compianta SOPHIE non ha mai pubblicato per PC Music. Il suo unico album rimane uno dei punti più alti raggiunti finora dall’Hyper Pop, come concetto di fusione fra avanguardia mentale e pulsante cuore pop. Tutti gli elementi del canone sono presenti e sublimati in una scrittura che unisce sperimentazione in latex e estasi. 

Hannah Diamond

Hannah Diamond – Reflections (2019)
Il primo album della cantautrice di Norwich cattura il suo valore autoriale ben oltre le rappresentazioni superficiali dei primi singoli. Ballate sintetiche che uniscono medioevo digitale, echi di Enya, canto ancestrale a una produzione ipermoderna (fornita da AG Cook). Per un’opera che la avvicina alla versione “cantautoriale” dell’hyper pop sublimata da Caroline Polachek e Christine And The Queens.

AG Cook 7G

AG Cook – 7G (2020)
Due ore e mezza di musica e 49 tracce o 7 CD organizzati in temi a comporre l’attacco al cuore del sistema (pop): batteria, chitarra, oscillatori, pianoforte, sintetizzatore Nord, spoken e voci estreme. Un giro di giostra mozzafiato lungo le montagne russe del “Cook pensiero”. Per chi ha a cuore “il futuro del pop”, qui trova tutte le spiegazioni. In uno scenario di digitalizzazione immacolata, dove la simulazione diventa arte, il drone Aphexiano diventa estasi, il folk del primo pifferaio del mondo trova il robot in cima ad una collina verde alieno. Con Cook, tutti gli amici a corte. Imprescindibile.

AG Cook Apple

AG Cook – Apple (2020)
Se 7G è il vangelo secondo Cook, Apple è la sua predicazione fra le genti. Il suo album normale, che prova a trasformare l’idea in applicazione. Tom Petty ai confini dell’algoritmo di Matrix nell’inno per estati future di Oh Yeah (con la chitarra della fidanzata e pop star in erba Alaska Reid) è l’introduzione al primo pellegrinaggio del ragazzo cresciuto davanti al video del suo PC, nei meandri di un mainstream mutageno, che sfugge anche alle sue intenzioni.

Hyd

Hyd – Clearing (2022)
Hayden Dunham dava la sua immagine alla pop start virtuale QT. La sua formazione multimediale (designer, cantautrice e altro) è il paradigma perfetto per l’attivista PC Music. Il suo debutto è il manifesto dell’evoluzione finale dell’etichetta. Un dream pop liquido e vaporoso, con drumming minaccioso e fendenti sintetici, che si alimenta delle cime tempestose di Jonsi, Caroline Polachek e, ovviamente, della regia dell’onnipresente A.G. Cook.