Intervista: Father John Misty

Date:

fatherjohnmisty03_credit_emma_tillman-1440x1330
di Elia Alovisi

Father John Misty, nome d’arte di Josh Tillman, è uno showman. E sa giocarci dentro. Un recente esempio delle capacità di Tillman come intrattenitore sono i pezzi che ha cantato agli uffici di Spotify con un Jukebox, un microfono e nient’altro. Ma il primo, vero momento in cui il suo messaggio ha centrato il bersaglio è stata la sua performance di Bored in the USA al Late Show with David Letterman, enorme palcoscenico americano in tarda serata che l’anno scorso ha dato fortuna, ad esempio, ai Future Islands. Tillman inizia il brano al pianoforte, ma si alza a metà brano e le note continuano. Era tutto uno scherzo. Poi vaga verso il centro del palco, appare un’orchestra, e a un certo punto si sentono risate. Ma il testo non contiene battute, è solo un racconto di disagio contemporaneo americano. E perché la gente ride, allora? È che la gente ride anche nel disco, nella registrazione. Alleggerisce la tragedia – non la comprende, forse. È meta-intrattenimento. È una nuova figura che si presenta al mondo come un troubadour contemporaneo, perdutamente innamorato di sua moglie Emma. Un uomo magrissimo e barbuto che proprio sulla moglie ha scritto un disco, il suo nuovo album I Love You Honeybear, chiamandola “Orsacchiotto di miele” nel titolo. E la cosa bella è che il disco è quanto di più lontano ci sia dalla sdolcinatezza e da una descrizione tradizionale di “amore”. L’amore di Tillman è perfettamente imperfetto. Nasce dall’accettazione dei reciproci difetti, si imbeve di casualità ed esplode di semplicità. Abbiamo parlato recentemente di tutto questo in una tarda mattinata londinese, in un pub di Shoreditch. Lungo l’articolo, qualche estratto dal disco.

Holy Shit:

I Love You, Honeybear è un disco particolarmente narrativo. Che caratteristiche deve avere una buona narrazione, secondo te?

Penso che la narrazione sia una conseguenza, non necessariamente qualcosa da inseguire. Avrei potuto mettere le canzoni del disco in ordine cronologico secondo gli eventi che raccontano. Ma sarebbe stato un album molto strano. Sarebbe iniziato con la 4, poi la 8, poi le tre ultime canzoni sarebbero state Honeybear, I Went to the Store One Day e Holy Shit. Ma non è andata così. La narrazione emerge inevitabilmente se scrivi della tua vita. “Narrazione” è solo un modo in cui proviamo a dare un senso agli eventi. Proviamo a mettere ordine tra eventi altrimenti caotici. Quello che non sto cercando di fare è aggiungere una narrazione, qualcosa di fittizio. Ad esempio, l’idea che l’amore sia una sorta di magica cura per la gelosia e la disperazione”.

Holy Shit ha una struttura particolarmente strana: enumeri una serie di fenomeni inframmezzandoci delle riflessioni sull’amore. Dici, “L’amore è solo un’istituzione basata sulla fragilità umana” per poi ripetere la frase cambiando il finale con “sulla scarsità di risorse”. 

Quella canzone parla del risvegliarsi da un sogno intellettuale. La frase che citi rappresenta il superamento di quell’idea. In passato pensavo che fosse un modo per distrarmi dalla realtà di ciò che l’amore richiede a qualcuno. È un modo di evitare l’intimità, o la vulnerabilità.”Love is just an institution based on human frailty”, è una stronzata intellettuale che non significa nulla. È un po’ come sostenere, “L’amore è solo un’economia basata sulla scarsità di risorse”. Certo, puoi vivere in quel modo. Ma è un sogno. Era diventato un sogno da cui mi sono dovuto svegliare. Perché nella realtà esiste questa forza, nella mia vita, che ha reso tutte le stronzate intellettuali quello che erano. Sono tutti motivi per cui in teoria gli esseri umani non meritano intimità, o empatia, o amore. Sono tutte quelle malattie e condizioni moderne che ci impediscono di provare cosa sia l’essenza del vivere, o della comunalità. Ma sono tutte stronzate.”

Il disco parla di tua moglie, giusto? In I Went to the Store One Day racconti il vostro primo incontro.

Sì, principalmente. The Night Josh Tillman Came to Our Apartment non è su mia moglie (ride). E sì, l’ho incontrata fuori da un negozio a Los Angeles, su Laurel Canyon Boulevard, un negozio che è lì da sempre ed è l’unico della via. Il Canyon Country Store. Ogni giorno ero lì a comprare qualcosa. E lei anche. Ci siamo incontrati nel parcheggio. Le ho detto, “Ti ho vista in giro, come ti chiami?”

Che è oltretutto un’ottima frase per chiudere il disco.

Grazie! Da un punto di vista di un artigiano, sicuramente.

Nella titletrack parli di “mascara, sangue, cenere e sborra” su “lenzuola sporche su cui facciamo l’amore” paragonandole a un test di Rorschach. Ma hai mai fatto veramente un test di Rorschach?

No, mai. Non ufficialmente, almeno. Penso la vita sia una sequenza di simboli da interpretare. Tutto ti dice qualcosa su te stesso. Il modo in cui interpreti le immagini dice tutto su di te. Recentemente ho preso quasi il massimo a un test sul narcisismo. Sono praticamente un narcisista. Il narcisimo mi interessa molto. Non è un concetto che avevo veramente capito. La maggiore convinzione errata è che si riferisca all’amore di sé. All’avere un grande ego, o qualcosa di simile. Ma in fondo ha a che fare con l’odio verso sé stessi, e la mancanza di empatia, e al sentirsi incompresi. Quello che una persona fa per capire sé stessa è, come nella storia di Narciso… insomma, non sa che faccia ha, e può basare i suoi valori solo sul modo in cui le persone reagiscono a lui. Penso che tutti gli artisti, in qualche modo, stiano cercando loro stessi nel modo in cui il mondo reagisce a loro. L’amore, la vulnerabilità, e il fatto che qualcuno ti veda realmente per ciò che sei, colpiscono al cuore quel narcisismo. Perché ti rendi conto che una persona ti sta amando per tutti i motivi sbagliati. Ovviamente, un narcisista penserà, “Mi stai amando per la mia vulnerabilità, per il mio dolore e per i miei fallimenti”. Tutte quelle cose per cui dovrei provare empatia verso me stesso senza riuscirci. E tu mi ami per tutte quelle cose. Quindi, scrivendo dell’amore mi sono trovato affascinato dal narcisismo, perché l’amore per me sembra essere l’opposto. L’odio e l’amore sono la stessa cosa, fino a un certo punto. Hanno radici nella passione e in un sentimento incondizionato.

I Love You, Honeybear:

Sempre nella titletrack c’è un verso che fa, “Io ho portato la depressione di mia madre, tu il disprezzo di tuo padre e la schizofrenia di quella ribelle di tua zia”. Quanto pensi che la nostra famiglia e i nostri genitori siano importanti nella creazione del modo in cui vediamo il mondo?

Tantissimo. Sono loro a darsi da fare più di ogni altro nei primi momenti. Nella canzone, ne parlo esattamente per questo. Dico, “Eccomi, praticamente il prodotto della depressione di mia madre. Ed eccoti, il prodotto del disprezzo di tuo padre”. Queste cose ci hanno dato forma. E mi piacerebbe moltissimo che non fosse così, ma questa è l’unica mia persona che devo presentarti.

Hai figli, o pensi di farne?

Non ne ho. Ma ci penso. Non mi fa paura, in realtà. Il pensiero di cui stiamo parlando è da un lato una sconfitta ma contemporaneamente è molto liberatorio. Sai, è inevitabile. È l’esperienza umana. Puoi vivere con la paura dell’esperienza umana o puoi abbracciarla. Il che suona abbastanza trito e ritrito. Ma buona parte del disco parla esattamente di questo. Delle forze che partecipano al gioco. Ci sono forze più grandi di noi. Ad esempio, chi sa che cos’è questa forza gravitazionale che l’amore ha sullo spirito umano? Voglio dire, io ho le mie teorie – potrei parlarne ma porterebbero via tutto il tempo che ci resta. Ma ci sono forze molto antiche che ci spingono in questa direzione. Una è il fatto che, a differenza d i qualsiasi altro mammifero, nasciamo incompleti. Nasciamo indifesi, senza peli, e ci mettiamo anni prima di riuscire a funzionare autonomamente. O addirittura a muoverci. Senza l’amore di una madre, moriamo. E una famiglia muore senza l’amore trauna madre e un padre. Se ripensiamo alle nostre origini primitive – questo suonerà strano, ma – gli uomini e le donne dovevano lavorare come una sola cosa per prendersi cura di queste piccole cose indifese che non possono essere lasciate a loro stesse neanche per un attimo. E quindi qualcuno deve aver detto, “Uccidiamo qualcosa”. E il padre non può certo dare da mangiare al bambino, quindi esce e uccide qualcosa, lo riporta indietro e tutti lavorano come un’unità. Ed essenzialmente, parlando di economia della scarsità, in questa scena originale che è il nostro indecoroso passato, solo alcuni degli uomini hanno carne, e tutte le donne hanno il sesso. Quindi c’era già un’economia ingiusta, questa disparità, già all’origine dell’uomo. E l’amore è la cosa che trova un compromesso tra questa ingiustizia, brutalità e barbarie. E senza l’amore, siamo barbari. Gravitiamo verso questa cosa chiamata amore… “Questa cosa chiamata amore!” (ride) Ok. Sì.

Devo cambiare domanda?

No, sto arrivando a un punto (ride). Senza l’amore, siamo davvero barbari. E per citare Nietzsche, ” L’uomo è una corda annodata fra l’animale e il Superuomo, una corda tesa sopra un abisso.” Siamo tensione tra questi due punti. E uno dei motivi per cui l’amore è un concetto così affascinante per me è che è la migliore spiegazione per cui proviamo costantemente a distaccarci dalla bestia.

Bored in the USA:

Qual è il senso delle risate che hai inserito in Bored in the USA? Scattano nel momento in cui dici, “Mi è stata data un’educazione inutile, un prestito subprime e ora non ho via di scampo”.

Le risate ci sono perché… Le risate sono un modo tramite cui dominiamo le idee con cui non siamo affatto d’accordo. Continuo a sentire risate, la cultura ne è piena. A quanto mi sembra, non c’è niente di divertente ma tutti ridono sempre.

Hai visto quel video di The Big Bang Theory con le risate rimosse? È assurdo.

Non l’ho mai visto, ma è esattamente quello che voglio dire! La cosa particolare di quel programma, e di Chuck Lorre [l’autore del programma, e di Two and a Half Men] in particolare, sono proprio le risate finte. Sono esagerate, sono così estreme esattamente perché funzionano, danno allo spettatore il segnale subconscio che quella scena è divertentissima, cazzo. In un certo senso ha stabilito un nuovo standard, per quanto riguarda le risate. Tornando a Bored in the USA: quelle risate rendono la realtà della canzone più triste. Secondo me sai perché le ho messe e vorresti sentirmi spiegarlo. Ci è stato detto che l’intrattenimento è il miglior modo per affrontare la nostra noia. Se ci inondiamo con uno stato di costante divertimento possiamo evitare la realtà dell’essere umani, e possiamo negare la nostra natura sovrannaturale. Possiamo essere animali con un cervello enorme, che è il punto da cui siamo partiti come specie. Questo mammifero senza peli enorme con un cervello paurosamente grande, a tal punto che l’evoluzione ha dovuto trovare un modo per farci uscire dalle cosce delle nostre madri facendoci emergere molto prima di essere cotti a puntino, per così dire. Tutte le altre creature su questo pianeta nascono con delle istruzioni, hanno qualcosa di innato che gli dice cosa fare. Per poter far uscire i nostri cervelli dobbiamo emergere senza instruzioni, e ci basiamo sulla cultura, o su nostra madre, per riempirli.”

Ti ho chiesto delle risate perché la prima volta che ho sentito Bored in the USA è stato durante la tua performance da Letterman, e quando sono partite mi sono detto, “Ma perché la gente sta ridendo?”

“Tutte le persone del pubblico stavano pensando la stessa cosa. Suonare da Letterman è stato bello. Tutti volevano che facessi un’altra canzone, e non volevano Bored in the USA come primo… singolo. Come se avessi davvero dei singoli. Comunque, era l’opportunità perfetta per suonarla, e il fatto che ci fossero quelle risate era perfetto, ha aggiunto un meta-livello a tutta la cosa. Un’altra cosa assurda è il fatto che quando suono Bored in the USA la gente ride davvero in quel momento. E questo da prima che avessi l’idea di mettere le risate nella canzone. Tutte le decisioni accadono d’istinto, non hanno una giustificazione. Sono andato in un tour solista in America, suonavo Bored in the USA a gente che non l’aveva mai sentita, e c’era chi rideva esattamente nei punti dove avevo messo le risate. Era terrificante. (ride)”

In The Ideal Husband parli ampiamente del far niente: “Dormo fino alle 2 e poi non faccio un cazzo / Resto a letto e poi mento su quello che ho fatto”.

In America, questa è la traiettoria di tutte le chiacchiere. “Come va?” “Bene, bene, ehm… Sono impegnato. Impegnato. Ma è ok. Sai, è ok, va bene.” “Sì, oh, anch’io”. C’è quest’ansia collettiva di essere percepiti come non produttivi. Il che è davvero crudele, dato che non c’è poi così tanto da fare a parte il fare soldi. In Spagna la gente lavora duramente ma c’è una comprensione insita nella cultura – è una cultura che esiste da così tanto tempo che ha imparato a lottare per arrivarci – dovete godere questa vita. Qual è il cazzo di senso altrimenti? In America non è così. Devi venire percepito come un robot produttivo. Un buon cittadino. Devi essere una persona impegnata che sta cercando di avverare i propri sogni, qualsiasi cazzo sia la retorica. E io non mi sento superiore a tutto questo. Quella canzone è una lista di tutte le cose più disgustose che posso pensare riguardo a me stesso. Le cose di cui mi vergogno di più. E il restare a far nulla non mi fa stare male, è la necessità di dover mentire in seguito. Perché non posso essere sincero? Anche Bored in the USA ne parla. Ci vergogniamo così tanto delle cose di cui ci vergogniamo. Un’altra cosa che senti sempre in America è qualcuno parlare del proprio dolore, e poi dire, dopo un po’, “Ma so che altre persone hanno problemi molto più grandi dei miei, quindi perché mi lamento?” E queste sono persone che non provano nemmeno il loro stesso dolore. Provate il vostro cazzo di dolore. Non siete quelle altre persone. Per arrivare da qualsiasi parte devi capire quello che ti fa male, o ti rende triste. Non puoi non provare nulla solo perché altra gente sta peggio di te. Ti lascia in uno stato di autocommiserazione. Nessuno dice, “Ci sono persone che stanno molto peggio di me, andrò ad aiutarle!”

All’inizio di The Night Josh Tillman Came to Our Apartment ragioni sulla parola “Literally”, “letteralmente”. Una ragazza dice, “La musica è letteralmente l’aria che respiro”, e tu rispondi, “Le storpiature mi fanno venire voglia di gridare cazzo, chissà se sa che cosa significa quella parola – non è “letteralmente” quello che crede”. Quindi, qual è il problema esattamente?

(Ride) Quello che mi infastidisce particolarmente di quella parola è che suona così pretenziosa. È completamente inutile se il tentativo è quello di far sembrare acculturato chi la usa. Viene usata nel modo più sbagliato possibile. Ogni volta che la gente la usa, vuole dire “in modo figurato”. Intendono, “Ho fatto questo in modo figurato”. È una sorta di battuta, in uno scenario ottimista. Può essere usata come esagerazione. “Ero così imbarazzato che sono morto per davvero”. Ogni ragazza a Los Angeles parla allo stesso modo. E la cosa mi stava facendo impazzire. Lo senti nella canzone, perdo la testa. “Che ci faccio qua, con queste persone? Perché mi interessa quello che pensano di me?”

I Went to the Store One Day:

PIÙ LETTI

More like this
Related

Il bianco e il nero di James Jonathan Clancy nel video Black & White, in anteprima

Black & White è il nuovo video di James Jonathan Clancy estratto dal suo primo disco solista, Sprecato

Fontaines D.C.: i dettagli del nuovo album Romance e il video di Starburster

Starbuster è il primo singolo e video estratto da Romance, il quarto album dei Fontaines D.C. di cui hanno rivelato i dettagli

Ascolta in anteprima il nuovo album di Paolo Spaccamonti, Nel Torbido

Il nuovo album del chitarrista Paolo Spaccamonti si intitola Nel Torbido e lo ascoltiamo in anteprima

I Fontaines D.C. pubblicano un breve estratto dal nuovo album Romance citando Kubrick

La band irlandese Fontaines D.C. sta tornando con un nuovo disco ed ecco un primo teaser dal titolo Romance, che sarà il nuovo album