(In)contro: Derfon Deacon Balony

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Defron

(In)Contro: Addizioni. Sovrapposizioni. Manipolazioni. Ibridazioni. Alchimie. Mescolanze di “stili corrotti per formare collage creativi”. Benvenuti nell’era del mash-up pacifista. Benvenuti nella definizione di nuovi scenari. Da esplorare con le orecchie aperte.

di Letizia Bognanni e Daniela Liucci

 

DERFON DEACON BALONY
Il bello assoluto della musica

Chi è: Padre italo-inglese, madre americana mezza scozzese mezza cherokee, un’infanzia nomade al seguito dei genitori folksinger e un’adolescenza funestata dal loro molto poco pacifico divorzio. Poteva forse uno con questo vissuto diventare qualcosa di diverso da un artista? E poteva forse una tale combinazione di cromosomi dar vita a qualcosa di diverso da una bellezza assoluta? Per potere potevano, ma fortunatamente ambiente e genetica hanno lavorato in armonia e concordia per far fiorire quanto di più vicino alla perfezione: un talento superumano dentro un involucro meritevole dell’appellativo di “cantante più bello della storia”.

Cosa fa: Rock, puro, semplice, elettrico, essenziale. Ma a volume alto, altissimo. Per sostenere un timbro che scala ottave come vette innevate. Che libera pensieri disegnati seduti alla finestra di una casa vittoriana e che si nutre di vaghe inflessioni soul. Distillati in tre album Wild Grace, Fungus, Faith & Things, Welcome to Parklife. E nell’ultimo, Bleached Morning Streets, a cui aggiunge un sapore d’Africa occidentale. Una parte di continente che è la sua seconda casa e destinataria della sua ultima “impresa”: un portale delle arti che raccoglie le avanguardie artistiche locali. Non solo discografiche.

Formula magica: Tanti viaggi, tanti incontri, tanti amori, un pizzico di sofferenza. E una voracità culturale che gli fa divorare libri a velocità record, essere amico di registi e fotografi, ascoltare con lo stesso interesse i Led Zeppelin e il musicista di strada di Montevideo. E il saper mescolare tutto nelle sue canzoni senza nessuno sforzo apparente. E fare quello sguardo lì mentre le canta…

Dicono di lui: “D.D. Balony non fa arte. È l’arte” (The New Yorker)

Avvistamenti: Preceduto da una nube di fumo – un mix della quinta sigaretta della giornata e del caffè, rigorosamente preparato con moka italiana – potete trovarlo nel bar di una galleria d’arte. O, principalmente, nella sua soffitta-studio, circondato da schizzi di bambini senza bocca, teste di bambole, gatti persiani, organi interni. E da chitarre. Nell’angolo più remoto della stanza uno skateboard decorato a mano. Segno che, in fondo, anche lui ha bisogno d’aria ogni tanto. Non solo quando è in tour.

Password: Rush. Intesa come la band canadese, uno dei suoi (in)confessabili amori, nella fastosa fase synth-rock degli anni Ottanta. Il solo nominarli – e ammettere che, sì, anche voi avete portato fuori tempo massimo un mullet mentre tutti viravano al grunge – vi apre le porte della sua anima. Un caffè lo offrirà di sicuro. Se poi siete in grado di ricordare a memoria i versi di Digital Man e intonare il ritornello all’istante, allora potrebbe anche diventare il vostro nuovo migliore amico.

Nemico pubblico: I legami: “Odio mettere firme”, dice “non firmerò mai per un’etichetta, non firmerò alcun certificato di matrimonio, non mi comprerò una casa”.

Mantra: “Le parole sono una struttura, un edificio. Sono maschili. Forti, radicate. La voce, invece è qualcosa di quasi ultraterreno, insondabile, oscuro, sfuggente. È pura espressione che va ad abitare quell’edificio. Cantare è abitare le parole”. Qualsiasi storia raccontino. Qualsiasi presenza evochino. Purché non si tratti di attuali fidanzate/compagne. “Cantare di qualcuno con chi hai una storia o una relazione è una trappola”. Se lo dice lui, che ha una certa esperienza, c’è da credergli. Prendere nota, aspiranti cantautori.

PEZZI DI RICAMBIO
La goccia pura in un oceano di rumore
Gli occhi di ghiaccio che non fanno tappezzeria
La lotta in un mondo crudele
Ritrosia multitasking britannica
R’n’B all’amatriciana alla conquista del mondo
Faccia d’angelo giramondo
L’anima tormentata degli anni 90
Androginia à porter
Il giovane vecchio dall’anima blues
Una bellezza da incubo

PLAYLIST: Body
Jeff Buckley – Eternal Life da Grace (Sony, 2004)
Damon Albarn – The Selfish Giant da Everyday Robots (Parlophone, 2014)
Jakob Dylan – Nothing But The Whole Wide World da Women & Country (Sony, 2010)
Ben Harper – The Woman In You da Burn To Shine (Virgin, 2000)
Marco Mengoni – Un finale diverso da Solo 2.0 (Sony, 2011)
Keaton Henson – You Don’t Know How Lucky You Are da Dear (Oak Ten, 2012)
30 Seconds to Mars – Hurricane da This Is War (Virgin, 2009)
Incubus – Drive da Make Yourself (Sony, 1999)
Paolo Nutini – Rewind da These Streets (Warner, 2007)
Nirvana – In Bloom da Nevermind (Geffen, 1991)

PLAYLIST: Soul
Damon Albarn – The Marvelous Dream da Dr Dee (Parlophone, 2012)
30 Seconds to Mars – A Beautiful Lie da A Beautiful Lie (Virgin, 2005)
Keaton Henson – 10am Gare Du Nord da Birthdays (Oak Ten, 2013)
Ben Harper – Fight For Your Mind da Fight For Your Mind (Virgin, 1995)
Paolo Nutini – Iron Sky da Caustic Love (Warner, 2014)
Jeff Buckley – Everybody Here Wants You da Sketches From My Sweetheart The Drunk (Sony, 1998)
Nirvana – Heart Shaped Box da In Utero (Geffen, 1993)
Sons Of The Sea – Where All The Songs Come From da Sons Of The Sea (Avow!, 2014)
Jakob Dylan – Something Good This Way Comes da Seeing Things (Sony, 2008)
Marco Mengoni – Spari nel deserto da #Prontoacorrere (Sony, 2013)

Potete ascoltare le altre playlist tramite il nostro profilo Deezer.

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