Editoriale 274: La quadratura del Circle

Date:

editoriale092014

di Rossano Lo Mele

È un sabato mattina autunnale. Sgranocchio cereali e sto per aprire i giornali. Comincio a sfogliare. Arrivo al fondo de “La Repubblica” e nelle pagine locali di Torino sobbalzo quando trovo il seguente titolo: “I torinesi che sfidano i Coldplay“. L’articolo occupa una pagina intera ed è firmato da Davide Agazzi. Essendo Davide una delle firme di “Rumore” comincio curioso a leggere il pezzo-intervista. L’incipit sembra parlare per me: “Ma chi saranno mai questi The Circle?” Mi pongo la stessa domanda. Non solo sono un addetto ai lavori, ma bazzico la città. Possibile che non mi sia mai capitato di sentir nominare la band? Apprendo trattarsi di un gruppo rock cittadino, che guarda oltre Manica quanto alle influenze. E che è composto da ragazzi che studiano medicina. Durante l’intervista i componenti parlano – in maniera puntuale – del fatto che anche Enzo Jannacci era un medico musicista.

Ma torniamo all’articolo. Che cosa ha giustificato l’investimento di una pagina intera da parte del principale quotidiano nazionale nei confronti di un gruppo non di vertice? Considerando che arrivare sulle pagine di un giornale come “Repubblica” è impresa ardua anche per i big, essendo rigida la selezione alla porta. Ecco la spiegazione: la band, secondo l’autore dell’articolo, è stata seconda in classifica su iTunes tra gli album più venduti “per qualche giorno”, anzi, per una imprecisata “classifica di metà settembre”.

Allora andiamo con ordine, come si fa durante le lezioni di giornalismo. E proviamo a smontare le fonti e le informazioni raccolte (ci tengo a segnalare che non conosco di persona i ragazzi in questione, non ho motivi di risentimento nei loro confronti e anzi mi stanno pure simpatici perché provengono dalla città dove sono cresciuto).

1) L’album dei Circle è stato al secondo posto della classifica di vendita su iTunes per un giorno. Non “alcuni” giorni né tantomeno nella classifica di “metà settembre”. Che né per la FIMI né per iTunes significa nulla come definizione.
2) L’incipit dell’articolo: “Ma chi saranno mai questi The Circle?, si sarà chiesto Chris Martin, celebre voce dei Coldplay e icona del pop internazionale”. Ma secondo te che hai scritto l’articolo e secondo voi che state leggendo e avete letto, a Chris Martin è mai importato davvero di guardare la classifica di vendita su iTunes Italia e domandarsi conseguentemente chi sono i Circle?
3) Il titolo: “I torinesi che sfidano i Coldplay”. Perché inserire un titolo così tendenzioso e fuorviante quando Circle e Coldplay non solo non si conoscono, ma il focus del pezzo è un altro e i Circle non attentano all’egemonia dei Coldplay e sono rimasti incollati a loro per pochissimo?
4) Infine: l’album ha raggiunto per un brevissimo arco di tempo la posizione numero due, ma della classifica “Alternative” di iTunes, mentre in quella generale è arrivato appena al 68°posto. Fatto che non passa minimamente attraverso ciò che il giornalista racconta.

Chiudo il giornale e scrivo subito un’e-mail infastidita a Davide. Il senso è più o meno questo: Davide, fuori da “Rumore” puoi fare quello che vuoi, ma perché scrivere un articolo per”Repubblica” di una notizia che non lo è? Risposta a stretto giro: guarda, anche se non ci crederai, quel Davide Agazzi è un mio omonimo, benché scriva di musica. Pum. Il mistero s’inspessisce: il giorno dopo il chitarrista della band mi scrive in privato su Facebook per segnalarmi il loro disco, usando come vessillo l’articolo suddetto apparso su “Repubblica”. Non rispondo. Nel frattempo Francesco Vignani mi chiede di recensire l’album della band, che trovate questo mese nell’apposita sezione. E il fatto che il giudizio non sia lusinghiero non ha a che fare in alcun modo con questa storia, ci tengo a ribadire.

Metto in fila solo pochi elementi. Ci sta, lo sappiamo tutti, che un gruppo emergente usi tutti i mezzi per emergere, incluso il consiglio di far comprare su iTunes ad amici e parenti copie del disco per finire al volo in classifica e diventare così “notiziabile” (la stessa cosa nella catena distributiva “fisica” sarebbe impensabile, perché troppi sono i filtri rispetto all’acquisto domestico digitale a portata di click, lo sappiamo tutti come va. Incluso il fatto che su iTunes Italia bastano poche copie smerciate per entrare in classifica, essendo un mercato relativamente piccolo. Esempi simili ce ne sono a bizzeffe).

Ma ci sta invece che un giornalista usi questa non notizia – un album per un giorno al 68° posto su iTunes che diventa secondo, omettendo delle informazioni chiave, un parallelo inesistente coi Coldplay – per scrivere una storia? Non basta documentarsi? E scoprire per esempio che una band emergente che ha meno di 2000 likes sul suo account Facebook e suona ancora – giustamente – in piccole sale perlopiù cittadine non ha e non può avere i numeri reali per spezzare le reni ai Coldplay? Perché per pochi spicci si scrivono storie così? E perché un quotidiano nobile e rilevante come “Repubblica” accetta senza un factchecker che queste non notizie vengano pubblicate? Il mondo ha problemi più gravi. E il giornalismo pure. Però far passare per normali o inosservate questioni che riguardano l’ABC della professione mi pare un primo passo verso la rassegnazione: tanto che fa?

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