di Lorenzo Cibrario
Camden, si sa, è da sempre legata alla scena rock della città. Sin dagli anni ’80 infatti la zona si è distinta per essere il palco di lancio di artisti diventati col tempo affermati e famosi. Non è un caso dunque che il management degli Anathema abbia scelto proprio questa zona per presentare lo show case della band. All’interno dell’eclettica cornice del Record Club, fatta di colonne ricoperte di stencil raffiguranti teschi, lampadari gotici, un generale mood in stile Tim Burton, la band progressive pop si è esibita per un breve showcase unplugged, in occasione dell’uscita del nuovo album Distant Satellites.
Per chi non li conoscesse, gli Anathema sono una band di Liverpool fondata agli inizi degli anni ’90 dai fratelli Vincent e Danny Cavanagh con il nome di Pagan Angel. Formatisi come band doom metal, il gruppo si è evoluto durante gli anni in un suono più melodico e progressive, di cui questo ultimo Distant Satellites ne è l’espressione più riuscita. Grazie all’EP The Crestfallen del 1992, la band si è affermata nel circuito indipendente insieme ai My Dying Bride e Paradise Lost, e durante gli anni ’90 si è distinta grazie a Serenades, The Silent Enigma ed Eternity. Sarà negli anni 2000 che la band si evolverà verso un suono più progressive e pop (Resonance, A Fine Day To Exit) – grazie all’arrivo della cantante Lee Douglas – per confluire ora in un barocchissimo pop da camera (Falling Deeper, Weather System, e quest’ultimo Distant Satellites), producendo dunque un suono più vicino ai Pink Floyd e ai Radiohead che ai Paradise Lost o ai Mastodon. La stampa inglese ha osannato il nuovo album, definendolo “un nuovo capolavoro di scrittura emotiva” e “il gioco di voci tra Vinnie Cavanagh e Lee Douglas produce un meraviglioso contrasto”: grande era dunque l’aspettativa dei media e della stampa per questo show.
Idealmente diviso in due parti, il brevissimo live degli Anathema ha visto nella prima parte Lee Douglas cantare brani per lo più presi dal nuovo album e dal precedente Weather Systems, per passare poi a Vinnie e a canzoni prese da dischi degli anni ’00. Una particolarità della voce del cantante che deve essere segnalata è la somiglianza del timbro vocale con quello di Robert Smith dei Cure, davvero simili. Dovendo essere critici, si potrebbe obiettare che una band del genere non ha ragion di suonare unplugged, visto il punto di forza dell’emotività e del carattere. Un proprio concerto con archi e pianoforti rende sicuramente più onore alla band, riuscendo a veicolare tutto il gioco di emozioni su cui il gruppo fa forza, ciò nonostante, il concerto – pur nella sua brevità – è stato onesto e piacevole.