Intervista: Punkreas

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radio punkreas

di Mario Ruggeri

La seguente intervista sostituisce la precedente, che trovate archiviata qui.

Lo capisci da tante cose che qualcosa, per i Punkreas è cambiato. O, forse meglio, è una lenta ma inesorabile evoluzione. Sono passati venticinque anni dal loro esordio (venticinque!), e oggi a Desio, sul Palco di Parco Tittoni, salgono con la stessa energia di sempre: ma con un contesto leggermente cambiato. Il pubblico oscilla tra ventenni e quarantenni. Sul palco, a lato del padre Nuas, la splendida Viola Joy, figlia del chitarrista, guarda il padre mentre suona e guarda il pubblico mentre si scatena. Poi si addormenta felice. I Punkreas e i loro figli.  Generazioni che si susseguono. Quando Cippa sale sul palco, con la sola presenza di Lucia, la bravissima fisarmonicista degli Inis Fail e dà vita a una versione acustica di “Io sto Bene” dei CCCP, ti rendi conto che la nuova sfida dei Punkreas è usare un linguaggio leggermente diverso, prendendosi (come di consueto) la responsabilità di affrontare un pubblico all’inizio smarrito. Ma dopo quaranta secondi di canzone, assolutamente rapito. Radio Punkreas è il loro disco di cover, esce il 10 di Giugno e sarà sicuramente discusso. Ma mai discutibile. Perché il coraggio della storica band italiana li ha portati ad affrontarsi (e non affrontare) come musicisti, prima ancora che attivisti. Con risultati straordinari.

Qualche settimana prima: un tavolo, un calcetto, birre, un computer e una sala prove. Tutti intorno ad un tavolo, con qualche anno in più sulle spalle e tante storie da raccontare. I Punkreas al completo (la sola assenza di Gagno, batterista ormai inserito in formazione da moltissimi anni) più che raccontare i loro venticinque anni di storia, pensano al loro presente e al loro futuro, con la pacatezza di chi ne ha passate tante, ma con l’entusiasmo di chi ha appena iniziato a suonare. Lo capisci subito che Radio Punkreas per loro è molto più che un disco. E’ un banco di prova che hanno superato abbondantemente, dimostrandosi di essere musicisti maturati, cresciuti, completi.

I Punkreas hanno affrontato un disco di classici italiani, dividendosi i compiti molti degli autori originali di quelle canzoni, e con ospiti prestigiosi. E così Alberto Radius, Freak Antony, i Subsonica, Piotta, gli Africa Unite, giusto per citarne alcuni, hanno accettato la sfida. E i Punkreas, incuranti di quelle critiche che senza dubbio arriveranno da più parti, guardano tutti negli occhi, senza tirarsi indietro. Non lo hanno mai fatto. E partiamo proprio di lì.

Sono convinto, innanzitutto, che vi attendiate qualche reazione dall’uscita di Radio PunkreasMi sono chiesto: avendo reagito sempre in modo diretto alle critiche, vedi il caso della copertina di Noblesse Oblige (a chi li accusava di essersi imborghesiti, hanno risposto pubblicando una copertina con loro vestiti da golfisti, sul campo di golf/nda), pubblicare come primo singolo Il Mondo di Jimmy Fontana cantata da Piotta, significa mettere subito le cose in chiaro?

Flaco: Non ci avevamo pensato così consciamente, ma inconsciamente in effetti può essere così. In realtà Radio Punkreas vuole dire: siamo di tutti e non siamo di nessuno, ma principalmente siamo  solo di noi stessi, e ci prendiamo le nostre libertà. Sappiamo che ci saranno reazioni particolari da parte di parte del pubblico. Ma va bene così.

Nuas: Le prime reazioni che sono giunte riguardo a Il mondo sono state negative, ma, ma contemporaneamente ce ne sono state di molto favorevoli. Non c’è stata una reazione di mezzo. Il che vuol dire che la provocazione è andata a buon fine.

punkreas il mondo

Da chi ve le aspettate le critiche maggiori una volta uscito l’album?

Flaco: Dal pubblico più combat, immagino, quello più affezionato alle canzoni degli inizi. Canzoni che continuiamo a suonare, mica le rinneghiamo. Ma che oggi vengono affiancate da nuove realtà. In realtà questo progetto è nato mentre abbiamo scritto l’ultimo disco. Ci siamo resi conto che avevamo bisogno di ricaricarci in un altro modo. Da una parte abbiamo toccato tantissimi argomenti che non sappiamo cosa aggiungere.

Paletta: Su Canapa, Polizia, etc abbiamo detto veramente tutto e continuiamo a farlo, perché è il nostro Dna, ma avevamo bisogno anche di un linguaggio nuovo, sempre e comunque filtrato dall’esperienza Punkrea

Flaco: Ci sono molti punkettoni che ci hanno detto: fantastico, il mondo è una delle nostre canzoni preferiti. Le reazioni, non sono basate sulla qualità  delle canzoni in quanto tali, ma sul fatto che le abbiamo scelte come cover. Tieni conto che abbiamo cominciato a fare una serie di concerti al buio, senza avere il disco fuori, e nessuno aveva sentito i pezzi. La prima volta abbiamo pensato “ok questa volta ci ammazzano”. Apri con i CCCP, voce e fisarmonica, il concerto. La gente rimane spiazzata. Ma abbiamo notato che man mano che sei più sciolto, vedi che in un contesto di pubblico che non sa cosa ti aspetta, quando arriva Il mondo, alcuni sono entusiasti. Su Nuova Ossessione, vedi gente che dice “blah i Subsonca” mentre altri invece si esaltano. E’ divertente.

Cippa: Il disco va ascoltato interamente e vanno valutate tutte le canzoni, per capire come evolve il disco stesso. Va preso in quell’ottica. Poi pensare che, minchia, i Punkreas suonano con il Piotta di Roma…..è veramente una provocazione. Bellissima

Paletta: Figurati che in un’intervista ha detto che l’ha conosciuto da bambino. Giocava a palla in campeggio, e alla terza volta che è andata verso jimmy fontana la palla, è andato il Piotta a prenderlo e Fontana gli ha detto “ao, regazzi mo’ m’hai rotto er cazzo”. E da lì è diventato il suo idolo.  Comunque il suo intervento nella cover ne fa comunque un pezzo diverso, particolare.

Ritengo che questo sia un vestito nuovo per i punkreas: avete aperto a un modo diverso di suonare, che vi dà anche prospettive nuove. Penso a “La Tempesta” che vi dà dinamiche molto differenti. Quanto è stato interessante per voi mettervi a confronto con modi di suonare canzoni non sul vostro stile classico?

Nuas: È un discorso che viene da lontano. Da molto tempo ci vediamo come musicisti diversi. Prima eravamo molto chiusi, facevamo tutto noi, poi abbiamo apprezzato il fatto di collaborare con altri musicisti, e lì ci ha dato veramente uno stimolo nuovo. E’ da lì, che è nato il disco. Tanti anni fa. Prima le cover le facevamo in saletta. Poi abbiamo capito che potevano entrare nel nostro repertorio.

Cippa: Tre anni prima di Noblesse Oblige avevamo iniziato a farli. Ma qualcosa  non partiva. Poi a un certo punto, provandole in saletta, partendo da Reality abbiamo cominciato a fare filotto. Era una scelta azzeccata dietro l’altra. Vuol dire che era la strada giusta.

Flaco: Fino a poco tempo fa nessuno di noi si era presentato come musicista. Noi non nasciamo come musicisti ma come provocatori. E sono affezionato a quella cosa, ma non c’è è più il contesto per sviluppare contestazione senza un progetto musicale.

Nuas: Il fatto di collaborare con altri ti ha messo davanti al tuo essere musicista. Indubbiamente.

Flaco: È inutile fare i giapponesi chiusi in guerra nella giungla. Abbiamo cambiato strategia, rompiamo con l’identità dura e pura, che ci è attribuita nell’immaginario, e lavoriamo sulla materia musicale, dandole una sua autonomia, lavorando proprio su quello. Questo è diventato la provocazione. In Noblesse Oblige abbiamo fatto una canzone elettronica. E’ da tempo che mettiamo alla prova il nostro pubblico. La provocazione è quella. E’ cambiato il contesto in cui provocare. Quando siamo nati, eravamo ingenui, ma ci sentivamo la colonna sonora di un’armata trionfante verso la rivoluzione. Era il nostro sogno. Oggi, non ce lo nascondiamo, ha perso tutto molta forza e coerenza.

Cippa: Ha stupito la partecipazione delle band. Penso a Samuel che ha detto figata facciamolo. Il Piotta, tre secondi dopo che gli ho mandato la mail ,mi ha chiamato, e due giorni dopo aveva messo giù la canzone. Il progetto ha entusiasmato noi e gli altri.

Flaco: Il movimento che dobbiamo cercare di fare, è mantenere la capacità di comunicare delle cose che ci stanno a cuore, ma facendo i conti con la realtà. Quello che  ci circonda è diventato talmente di gomma, che non riesci più a provocare. La fantasia ha superato la realtà, siamo immersi nel populismo, con un comico che diventa un politico che è un segno di decadenza. Lui si è messo in gioco e tanto di cappello. Ma il movimento è populismo preoccupante. Quindi ti chiedi “ma io cosa sto qui a fare”. E’ difficile essere provocatori con l’arte, quando la realtà è una provocazione continua a te.

punkreas noblesse oblige

25 anni dopo che Italia avete attraversato. I gruppi della provocazione non ci sono più. Vi hanno criticati, ma alla fine siete rimasti gli unici in piedi. Forse fare provocazione in questo momento è non fare provocazione. Ve la siete fatta tutta, vi siete esposti sempre, avete preso lacrimogeni. Non vi siete risparmiati.   

Flaco: È ritirarsi dagli slogan, altrimenti fai come Pelù al concerto del Primo Maggio. Piero è simpaticissimo, ma al 1° maggio è stato patetico. Cosa vuol dire lanciare slogan contro la mafia, la camorra, così , generalisticamente. Mi fa tristezza la cosa vacua, generica, dove dietro non c’è nulla, non c’è azione. Comunque è 25 anni che tentiamo di farci assorbire dal sistema ma non ci vogliono!

Nuas e Cippa: Non ne avremmo neppure le caratteristiche. Non saremmo capaci di rientrare in quel sistema.

Flaco: Se posso dare uno sguardo geopolitico, abbiamo passato una fase veramente importante. Noi ci siamo formati nell’89, anno di caduta del muro di Berlino. In Italia ce ne siamo accorti nel 2005. Noi eravamo un paese in punto strategico e ci arrivavamo soldi. Ora non lo siamo più. Siamo tornati ad essere il porto del mondo, trovandoci con le pezze al culo. Chi se ne accorto per primo si è mangiato tutto e non siamo più un punto di frontiera. Abbiamo attraversato questo. Che vuol dire che o hai la forza di reagire produttivamente, oppure cadi nel populismo. E ti trovi un governo di finta sinistra che fa una legge elettorale di Desta. Noi ci abbiamo messo molto a capire che la contrapposizione dei due blocchi era finita.

Paradossalmente, non sarebbe questo il momento dei Punkreas, intesi come gruppo di reazione e rivolta? Oggi che siamo veramente nella merda?

Paletta: A chi li lanci? Una volta avevi i centri sociali, una rete che ti permetteva di veicolare il messaggio, ora non c’è più molto. Purtroppo. Quindi la domanda è: a chi la lanci?

Flaco: il problema sono il messaggio e il destinatario. Noi tutti siamo molto più omologati, siamo tutti internamente e nel profondo indirizzati a volere le stesse cose. Il destinatario ormai vive in un asse di valutazione del valore economico. Ma c’è anche il problema del messaggio. Cosa dici oggi? Noi possiamo continuare a essere uno stimolo o una variazione armonica, ma se poi non succede niente…che possiamo fare? Sono morti quasi tutti i referenti sociali e culturali che ci accompagnavano all’inizio.

Nuas: Nei centri sociali ti sentivi parte di qualcosa. Oggi non ti senti più parte di nulla.

Flaco: Pensa ai rapper. Si rivolgono a una comunità ma e’ sempre virtuale: parlano sempre di gossip, di social…parlano di una comunità virtuale figlia della rivoluzione massmediatica. L’unica cosa che potremmo dire oggi al pubblico degli inizi, forse è “mi dispiace” non ce l’abbiamo fatta..

Paletta e Cippa: Facevamo i concerti per gli sgomberi al Leonka. Vendevamo le torte nei centri sociali per pagarci il disco. Lottavi per qualcosa di concreto. Ora c’è poco.

radio punkreas

Avete fatto scelte molto significative e di controcultura anche in questo disco. Scegliere una canzone come Pigro, lo ritengo un atteggiamento molto punk. Quella era una canzone di rottura contro il perbenismo. Quindi Radio Punkreas è culturalmente più punk di quanto si possa immaginare.

Flaco: Ci sono tante sfide in Radio Punkreas. Come La Ballata del Pittore di Jannacci, che ci ha dato la possibilità di sentire Cippa cantare in dialetto.  E di capire come il finale di una nostra canzone come Family Gay, è la traslazione del finale della Ballata del Pittore stessa. Come se ci fosse un continuum culturale quasi nascosto.

Cippa: Ho dovuto anche imparare il dialetto milanese, molto diverso dal nostro. E in generale, imparare a cantare in un altro modo. In tante canzoni. Bellissimo a mio modo di vedere. Ma comunque pensa a quanto potesse essere punk scrivere una canzone come Il poliziotto di Radius,  nel 1979. Pensa alla massaia che, nel 1979, mentre fa da mangiare, sente “froci, puttane, portoricani” e la storia di un poliziotto ricattatore. Era un testo pesante. Era veramente di rottura.

Flaco: Radius è un grande. Incredibile. E’ arrivato e ha fatto un assolo bellissimo in presa diretta.

Paletta: Penso anche a Freak Antony che ha cantato con noi una sua canzone.

Flaco: Questo disco è comunque un omaggio a italiani che hanno scritto grandi pezzi.

A proposito di Freak: voi siete stati tra gli ultimi a vederlo in vita. C’è un bellissimo in rete che documenta la storia del making della cover.

Flaco: e pensa che non sembrava così alla fine. Sembrava non dico in forma, ma comunque in buono stato di salute.

Nuas: Pensa che dopo le prove, quella sera è andato a suonare.

Paletta: Ci ha preso gusto, non smetteva più. Continuava a dire” ne facciamo un’altra?”. L’inizio l’ha improvvisato lui, anche la parte centrale quando dice “voglio un succo di frutta”. Continuava a fare intro, prove. Un genio. Avrà fatto duecento intro, e non sapevamo quale scegliere. Avevamo parlato e sognato di qualche show insieme, con lui sul palco, e quando ci è arrivata la notizia della sua morte, a me sono cascate veramente le braccia.

Provocazione: questo disco svela la vostra italianità. Siete sì una band punk, ma poi non così punk come si pensava. Oggi siete una rock band. Forse lo siete sempre stati.

Flaco: Il nome ci ha aiutato molto ad essere inseriti e catalogati nel punk. Diciamo che ci siamo auto catalogati.

Nuas: Sottoscrivo quello che hai detto. Io mi sono sempre sentito più rock- La miscela della nostra musica, che se ne dica, è sempre stata personale. Se ti aspettavi da noi di vedere i Wretched, rimanevi deluso.

Cippa: Il nome ha fatto il novanta percento delle cose ma non eravamo come, che ne so, i Negazione. Eravamo  e siamo stati sempre più melodici.

Flaco: Cuore Nero che è un pezzo che tutti amano, eppure non ha nulla di punk, nella definizione classica del termine

Cippa: Cuore nero è stato un punto di svolta. Sicuramente. Di lì in poi le cose sono cambiate.

Si apre uno spartiacque per voi, ora. Potreste entrare in una nuova dimensione e in circuiti diversi: questo disco ha le caratteristiche per sdoganarvi. Sperate o avete la voglia che fuori capiscano e vi accolgano in questo mondo?

Flaco: Siamo nati minoritari e moriremo minoritari. Poi se diventiamo il fenomeno del secolo, firmo subito. Ma abbiamo tirato troppi sassi nei vetri. Abbiamo rotto il cazzo a tutti: abbiamo ribaltato scrivanie letteralmente, anche all’attuale presidente di Universal, abbiamo litigato con Dj e Rolling Stones per la censura a Polenta e Kebab, salvo poi che tre mesi dopo hanno arrestato tutti quelli che noi “immaginavamo” nel video. Abbiamo rotto anche a MTV. Non credo che ora ci aprano la porta. C’è gente che da quindici anni spera che noi moriamo come band. Sappiamo che ci è precluso il grande pubblico ma non per scelte musicali, ma per altre dinamiche. Troppi scontri con i vertici della diffusione di massa. E va benissimo così.

Nuas: Non lo facciamo per quello, ma è una cosa che può accadere. Se avessimo voluto il successo, avremmo scelto altre cover credimi.

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