Live Report: Motorpsycho @ Jazz Café, Londra, 28/05/2014

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Motorpsycho

di Stefania Ianne

Un mercoledì sera come tanti a Londra. Tanta scelta per chi ha voglia di musica. I “mercuriali” Flaming Lips sono alla Brixton Accademy, i giapponesi Melt-Banana all’Heaven di  Charing Cross, mentre a Camden Town al mio arrivo i bagarini mi informano che i mancuniani James sono pronti ad esibirsi all’Electric Ballroom. Nessuno si accorge che a pochi passi dalla stazione, al Jazz Café, stasera suonano i Motorpsycho. I norvegesi sono dei veterani della scena alternativa, 25 anni di attività, superstar in sordina in madre patria, e seguiti religiosamente da una manciata di fan in tutto il mondo, ma stranamente soprattutto in Italia. E l’italiano risuona ad alto volume nella minuscola sala del Jazz Café tra il pubblico in attesa.

Ad aprire Goldray, nuovissimo pet project dell’ex chitarrista dei Reef, Kenwyn House. Sul palco minuscolo, ristretto a causa della presenza contemporanea degli strumenti delle due band che si esibiscono stasera, Goldray sembrano più preoccupati del proprio look piuttosto che della qualità o originalità della musica proposta. L’acustica pessima del locale non aiuta e il loro set di venti minuti al massimo non sembra entusiasmare il pubblico in sala. Il set è trito, gli assoli virtuosi di chitarra stanchi, l’assenza di originalità sottolineata dalla bandiera inglese che spunta con noncuranza dalla tasca posteriore del bassista e le piume di struzzo della bellissima cantante scandinava. Boring…

Accolgo con sollievo la pausa tra i due concerti. In sottofondo, in un clima chiaramente anni novanta, la voce di Beck si alterna a quella di Robert Plant, passando per i Pixies, mentre una folla sul palco rimuove gli strumenti dei Goldray. Moog Taurus pedals vengono montati sia nella zona in cui si posizionerà Bent Sæther, bassista e voce, e per Hans Magnus “Snah” Ryan, rispettivamente a sinistra e a destra dell’enorme batteria bianca di Kenneth Kapstad, the human octopus, come viene soprannominato dai suoi band mates. Annunciati dal suono amplificato di un mellotron che introduce Cloudwalker, i Motorpsycho raggiungono il palco accompagnati dallo svedese Reine Fiske, alla chitarra, keyboard ed effetti speciali. Fiske sembra una sfida vivente al look scontato rocchettaro, bellissimo il gilet di lana dai disegnini molto scandinavi con cui si presenta all’estrema destra del palco. Anche Snah opta per il look da boscaiolo eremita mentre l’ossessivo Kapstad sembra pronto per la maratona. Bent è in nero classico, a parte il grigio scamosciato degli stivali, capelli e barba lunghissimi a nascondere lo sguardo ironico da cartone animato.

Motorpsycho 2

Nel dopo concerto apprendo che a causa delle dimensioni ristrette del palco, i Motorpshycho hanno dovuto lasciare il proprio set di strumenti acustici e il mellotron nell’autobus privandoci della metà del set in versione acustica previsto per la serata. La scelta ricade obbligata su una serie di pezzi lunghissimi di sicuro effetto e gran parte dello spazio è dedicato alle composizioni tratte dall’ultimo Behind the Sun, fresco di un paio di mesi. La produzione dei Motorpsycho è enorme e talmente variegata, impossibile da qualificare con pochi aggettivi. Mentre la performance stasera sembra piuttosto monolitica. Sicuramente mai noiosi, ma stasera ai non iniziati potrebbero quasi apparire come un gruppo prog-rock o persino heavy metal se solo non avessero tirato fuori dal proprio cappello di prestigiatori una meravigliosa e lunghissima versione di Un chien d’espace, soprannominato un Chien de Londres appositamente per il pubblico londinese. I Motorpsycho dal vivo sono una forza della natura, la complicità tra i musicisti, soprattutto i 2 storici Bent e Snah, una gioia per le orecchie nonostante il volume spropositato. Inoltre la loro personalissima miscela di rabbia, poesia, imprevedibilità scandinava e ironia uniti alla totale assenza di pretenziosità e commercializzazione, rende i Motorpsycho una band culto adorata e incompresa in eguale misura.

Nessuna sciarada o inutile formalità in vista dell’encore alla fine di due ore solide di concerto. Mancano dieci minuti al coprifuoco e Bent ci chiede: “One more?” e alla risposta rumorosa e affermativa del pubblico semplicemente ci dice “OK” con un sorriso e imbraccia il fido basso per introdurre Entropy.

Setlist

Cloudwalker
The Other Fool
The Alchemyst
Whip That Ghost
The Magic & The Wonder
On a Plate
For Free
Hell pt 1-3
Ghost
Starhammer
Hallucifuge
Un Chien d’Londres
Entropy

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