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Intervista: Fratelli Di Soledad

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Salviamo il salvabile atto II: la canzone italiana secondo i Fratelli Di Soledad

di Barbara Santi – foto di: Paolo Pavan

A quattro anni dall’ultimo album di inediti, Fratelli senza paura, e a venti da Salviamo il salvabile, torna la formazione torinese con il secondo atto di quest’ultimo. Ancora una volta si tratta di reinterpretazioni di classici della canzone italiana, cui si è aggiunta la cover di un brano composto da Ferruccio Casacci, attore, regista e padre di quel Max Casacci che ha prodotto due canzoni del lavoro. Le altre nove, hanno visto invece la regia di Rudy Di Monte. La particolarità è che nel disco sono stati coinvolti alcuni degli autori delle canzoni: Svalutation vede alla voce Gino Santercole; Goran Kuzminac rilegge Stasera l’aria è fresca; Riccardo Borghetti interpreta A me mi piace vivere alla grande. Ma Salviamo il salvabile Atto II raccoglie anche i contributi di una serie di amici musicisti torinesi dei Fratelli: Bunna, Vito Miccolis, Mao, Mario Congiu, Tommaso Cerasuolo, Paolo Parpaglione, Sabino Pace dei Titor, Victor degli LNRipley, Principe e tanti altri. Si è scelto di dar voce a due dei protagonisti storici della band, per farcene raccontare la storia: Giorgio Zorro Silvestri e Bobo Boggio, rispettivamente alla chitarra e alla voce.

Il primo atto di Salviamo il salvabile uscì nel 1994 per Banda Bonnot / Mescal. Periodo di successo per voi e per la scena che segnò quegli anni: le posse, il primo rap e raggamuffin targati Italia, il reggae, lo ska, il rock steady… Che ricordo avete di quel periodo?

Bobo Boggio e Zorro Silvestri: “Era un periodo per certi versi magico per Torino, in particolare, florido e creativo. Nascevano tante band e locali che davano la possibilità di esibirsi senza sentirsi chiedere quanta gente si sarebbe portata. Anni irripetibili. Nascevano i centri sociali che a loro modo facevano da trampolino di lancio per le realtà musicali. Sembrava una grande famiglia e forse lo è stata. Poi con gli anni, come capita nelle migliori famiglie, ci si accorge che le amicizie sincere sono poche…”

La vostra scrittura ha sempre riguardato il sociale e pure la politica.

Bobo e Zorro: “Sì, Zorro ha sempre avuto la dote di riuscire a trattare temi scottanti, cercando in un certo qual senso di sdrammatizzarli, senza per questo ricorrere a volgarità o scendere a compromessi contenutistici. Brescia, Bologna, Ustica ne è un chiaro esempio. In ogni caso, non ci siamo mai legati ad alcun partito politico istituzionale ma abbiamo vissuto sulla nostra pelle realtà socialmente impegnate senza, né noi né loro, sentire la necessità di sbandierare ai quattro venti ciò che facciamo”.

Cantavate “Ci piaccion Malcom X e le Pantere Nere…” in un momento in cui, tra l’altro, esistevano anche movimenti studenteschi italiani degni di tal nome.

Bobo e Zorro: “Assolutamente sì, anche se quel brano è nato prima di quei movimenti e della stessa ‘Pantera’ per la quale ci siamo esibiti all’epoca nell’atrio di Palazzo Nuovo, l’Università di Torino. Il pezzo è ancora attualissimo: non solo perché lo continuano a ballare e a suonare anche le nuove generazioni ma perché il testo, purtroppo, è molto attuale… Cambiano le facce ma non la sostanza, nostro malgrado”.

A proposito di libertà, oltre a essere slegati dai partiti, siete sempre stati liberi anche da un punto di vista discografico, bene o male.

Bobo e Zorro: “In realtà, siamo partiti dall’autoproduzione e dall’indipendenza per quanto riguarda i primi dischi, rendendoci conto che di musica non si vive così facilmente. Poi nel ‘96 siamo approdati alla Virgin che non ci ha cambiato molto la vita. Ben presto ci siamo accorti di non essere altro che un numero nel loro catalogo o poco più. Nel 2005 con Mai dire mai siamo tornati all’indipendente Il Manifesto Dischi, così come nel 2010 con l’ultimo lavoro di inediti Fratelli senza paura, prodotto da noi insieme a Josh Sanfelici, uscito per l’etichetta torinese Musicalista. Oggi siamo sempre più indipendenti, grazie alla Frank Family Records. I:n tutti questi anni però possiamo dire con orgoglio di non essere mai scesi a compromessi artistici di alcun tipo, non è mai stato cambiato né il testo né l’arrangiamento nemmeno di una canzone, per renderla più vendibile. Stessa cosa vale per i concerti: abbiamo sempre deciso noi se farli o meno”.

Oggi, a distanza di vent’anni, esce un nuovo capitolo di Salviamo il salvabile. Cos’è cambiato, nel frattempo?

Bobo e Zorro: “Prima di tutto del nucleo storico siamo rimasti solo noi due e Gianluca Vacha. Alcuni hanno cambiato vita, altri ci hanno lasciati, purtroppo. A loro, Giorgio ha dedicato 20 di rabbia contenuta in Fratelli senza paura, l’album del 2010. Intorno a noi il modo di fare musica è cambiato molto. I locali dedicati al live sono sempre meno, la musica è a portata di click, non si esce più molto per andare ai concerti e, oltretutto, il rapporto tra le band è cambiato parecchio col passare del tempo, come dicevamo. La grande famiglia che scambia contatti e che interagisce non esiste più da un pezzo e la maggior parte dei musicisti guarda il proprio orticello. Ci teniamo però a sottolineare che non con tutti è andata così e che c’è un gruppo in particolare con cui i rapporti non sono mai mutati: gli Africa Unite”.

Ma come mai, secondo voi, proprio in quei primi anni Novanta si creò quel clima di condivisione? Perché proprio in quel momento?

Bobo e Zorro: “Difficile spiegarlo. Crediamo sia ‘semplicemente’ questione di pura amicizia e rapporti umani. Di affinità elettive, ecco, di un preciso momento storico. Inoltre, per assurdo, all’epoca c’erano meno cose da fare e meno luoghi in cui ritrovarsi. Si usciva e si suonava ed era una novità che si condivideva. A essere sinceri abbiamo notato che alcuni dei più politicamente impegnati, con cui all’epoca abbiamo collaborato volentieri, hanno un po’ voltato le spalle alla scena di allora… Succede”.

Fratelli di Soledad - Promo 2010

Io ho un ricordo forte di quel periodo. Vi dico solo: “L’isola” festival, Cascina Savonera, Collegno, dal 2 al 5 luglio del 1992.

Bobo e Zorro: “Hai citato un concerto esemplare per quel che stiamo dicendo: venti band di amici sullo stesso palco, diluite in un lungo weekend di luglio in una cascina nel torinese. Zero pare, zero invidie e zero stress, mentre adesso probabilmente ci sarebbe da litigare per chi apre la serata a chi (ride, NdA). Però, dobbiamo dire che durante la data del 4 aprile all’Hiroshima Mon Amour, c’era un’atmosfera davvero magica, di nuovo. È stato bello vedere i reduci (i genitori) con i figli sulle spalle che cantavano insieme le nostre canzoni, mescolati a ragazzini di vent’anni che conoscevano il nostro repertorio a memoria ma che hanno pure apprezzato i pezzi del nuovo disco arrangiati da noi. Grandi soddisfazioni”.

Parliamo di quest’album. Che criterio avete seguito per scegliere i pezzi che lo compongono?

Bobo e Zorro: “Scrematura dopo scrematura, è nata la tracklist giusta. Da anni Zorro conserva un archivio che è poi diventata una cartella del suo PC, che contiene centinaia di brani uno più figo dell’altro. Ci siamo sempre ripromessi di utilizzarli un domani che avessimo deciso di intraprendere l’avventura dell’atto II. Nel frattempo, questa cartella si arricchiva di brani scelti da Bobo e da Vacha. Siamo arrivati a un dunque ed è stata data carta bianca a Zorro per scremare la cartella fino ad arrivare a venti pezzi, incontrarsi con Max Casacci e sceglierne una decina per l’album. L’operazione non è stata facile, giacché tutti erano papabili ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Dopo questo incontro con Max, si è scelta la linea da dare agli arrangiamenti. Giorgio si è messo a tavolino con Rudy Di Monte, per fare il lavoro più importante di tutta l’operazione”.

E tu, Giorgio, come hai scelto?

Zorro: “Ho tenuto un pezzo a cui teneva Bobo particolarmente, che è Stranamore, e uno a cui teneva Vacha, ossia Cimici e bromuro. Per il resto ho scelto pezzi che si prestassero ad arrangiamenti à la ‘Fratelli’. Sottolineo che ero pienamente d’accordo con i due brani scelti dagli altri. Rudy è stato fondamentale ed è nata subito un’ottima intesa con lui”.

Parliamo del lavoro fatto, allora. Dicevate, a proposito di arrangiamenti, pre-produzione e produzione?

Bobo: “Sono stati due mesi intensi di pre-produzione e registrazioni, durante i quali si è creato un bellissimo feeling tra Zorro e Rudy. Zorro è sempre stato presente allo studio Andromeda, mettendo a disposizione di Rudy al mixer le idee che aveva per arrangiare i pezzi. La collaborazione dei due ha dato il risultato che ci aspettavamo: non suona come un disco di cover ma come una dimostrazione di amore dei Fratelli per un certo tipo di cantautorato italiano. Un gesto che va inteso anche come tentativo di far conoscere alle nuove generazioni canzoni che sono bellissime e importanti, vestendole di nuovo secondo il nostro gusto e sound”.

Un amore così grande da portarvi a lavorare con alcuni dei protagonisti dei pezzi originali. Chi avete coinvolto e come avete fatto a entrare in contatto con loro?;)

Bobo e Zorro: “Per assurdo, visto che oggi ha più di 70 anni, Gino Santercole l’abbiamo intercettato su facebook. Sullo stesso social siamo riusciti a contattare Goran Kuzminac e Riccardo Borghetti, amico dello scomparso Franco Fanigliulo e coautore di A me mi piace vivere alla grande. Tutti e tre hanno accettato senza girarci intorno ma con entusiasmo istintivo e voglia di collaborare al nostro progetto. Gli altri ospiti, sono amici di Torino: Mao, Mario Congiu, Victor degli LNRipley. Principe MC, Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione. Per non parlare di Bunna, di Vito Miccolis, fratello di sempre, Paolo Parpaglione, Sabino Pace dei Titor, Tony Lionetti, sino a Catfish, speaker radio che ha prestato la sua voce…”

Con Santercole, Kuzminac e Borghetti, vi siete scambiati tracce e contributi via mail o sono venuti a registrare con voi?

Zorro: “Per quanto riguarda Santercole, siamo andati a casa sua con uno studio mobile. È stato bello: lui è un grande, un Maestro. Io ho combinato via facebook e telefono e poi Rudy è andato a casa sua a registrare. Ha delle chitarre vintage pazzesche, una simpatia unica e una voce da brividi. Lui ha scritto quella che per me è la canzone italiana più bella di sempre, Una carezza in un pugno, oltre a Svalutation e Yuppi Du. Ci ha fatto molto più piacere che a cantarla fosse chi l’ha scritta veramente, cioè proprio Gino Santercole. Con Kuzminac e Borghetti, invece, abbiamo fatto via web: sono stati veramente disponibili anche loro, ché poi i più grandi son quasi sempre anche i più disponibili, se ci fai caso”.

Come si sono svolte le session di registrazione? Immagino, proprio anche per gli ospiti, le abbiate diluite nel tempo…

Zorro: “Tra pre-produzione, registrazioni, mixaggio e masterizzazione son passati sei mesi ma con alcune pause dovute a impegni dello studio o degli ospiti o dei tecnici. Poi, per farlo uscire c’è voluto un anno perché, come sai, le case discografiche stanno scomparendo e la ricerca è stata lunga. La nostra fortuna l’hanno fatta due fan di vecchia data che hanno deciso di fondare un’etichetta apposta per la pubblicazione di Salviamo il salvabile Atto II. È rimasto tutto in famiglia, loro hanno investito nella stampa e come d’incanto si sono sbloccate le cose ed è arrivata anche la distribuzione di Goodfellas”.

Chi c’è dietro all’etichetta Frank Family Records?

Zorro: “Sono padre e figlio, Fabio e Franco Ferrero, due musicofili convinti e collezionisti di vinile. Senza loro il disco non sarebbe ancora uscito. Tutto è stato fatto con un amore incredibile: hanno imbustato e numerato ogni singola copia, oltre a investire senza avere la sicurezza di un rientro e senza cercare il guadagno ma per passione e attaccamento a un progetto che li affascinava. Il prodotto tecnicamente è davvero di buon livello. Un tuo esimio collega, Giorgio Valletta, ha sottolineato quanto suoni perfettamente come un disco del 2014 e lo ha definito, come anche il concerto, emozionante e intenso. Erano i due aggettivi che speravo di sentirmi dire quando abbiamo deciso di realizzarlo. Per me questo è molto importante, perché l’intenzione era proprio quella di fare un disco e un concerto intensi ed emozionanti”.

Fratelli di Soledad Live 1 _ Paolo Pavan

Com’è stata suddivisa, tra Rudy e Max, la produzione dell’album?

Zorro: “Max ha scelto di produrne due in prima persona: Svalutation e Versante est. Lui ha scelto questi due brani un po’ per motivi affettivi e un po’ tecnici. Gli altri li abbiamo scelti io e Rudy Di Monte e sono stati prodotti da lui con la mia collaborazione. Mi hanno aperto una nuova strada: han voluto che comparissi come produttore artistico nei crediti (ride, NdA). Con Rudy c’è stata molta collaborazione, ha saputo mettere in pratica benissimo alcune mie idee ed è stato abilissimo e disponibile a realizzare gli arrangiamenti facendo suonare tutto molto ‘Fratelli’. La bravura di un produttore a volte sta anche nella capacità di mettere la propria esperienza e tecnica a disposizione del gruppo senza forzare la mano. Altre volte il produttore è bravo perché riesce a dare la sua veste al gruppo. Per dirti, Max, come riferimento per Versante Est, ha preso un nostro brano. Poi è ovvio che si senta la sua mano in alcuni passaggi ma lo ha fatto suonare come fosse un brano dei Fratelli del 2014. Altro esempio è Stranamore, in cui Rudy si è basato molto sui nostri pezzi più intimi e acustici. In ogni caso, hanno dimostrato molta fiducia nei miei confronti e ne sono davvero felice”.

Siete cambiati voi e anche il pubblico. Quali impressioni hai avuto nel live di Torino, qual è stato il riscontro?

Zorro: “Un pubblico vecchio e nuovo. Sicuramente attento, molto attento. Un pubblico che balla, sì, ma intanto pensa e si emoziona. Te lo dico senza presunzione ma con felicità, perché l’atmosfera era davvero magica. Credo che il nostro pubblico sia davvero unico. Riunisce, aggrega, si sente parte della famiglia, si sente coinvolto. Non sentire il distacco tra il palco e il locale, di fatto, è una sorta di complimento, ovviamente molto gradito. Sul palco, durante i nostri live, non ci sono né divismi né capricci, e loro lo percepiscono. È un pubblico che ti legge dentro. Mi sono commosso alla fine del concerto, girovagando e sentendomi dire dai presenti “solo una cosa: grazie, Zorro, e grazie ai Fratelli”. In questi casi ‘grazie’ è ben più gratificante di ‘bravi’”.

Avete collaudato un modo tutto vostro di organizzare le presentazioni, che hanno accompagnato le vostre ultime produzioni. Durante quella di Hiroshima, per dire, ai partecipanti veniva data copia dell’album, vero?

Zorro: “Sì, ci piaceva l’idea di premiare i primi cinquecento, rientrando comunque dei costi. L’iniziativa è stata gestita da noi, soprattutto per quanto riguarda la promozione. Quattrocento biglietti sono stati venduti a mano, soprattutto da Bobo. La promozione inizialmente l’abbiamo organizzata da soli, poi con l’aiuto dell’ufficio stampa. Insomma, ce la siamo sudata. Anche in questo caso è rimasto tutto in famiglia: una famiglia allargata”.

Ditemi delle future presentazioni. È previsto un tour?

Bobo e Zorro: “Per ora stiamo affrontando un piccolo tour. La cosa buffa è che o stiamo fermi per tre anni o facciamo due concerti al giorno (ride, NdA). È il caso della recente doppietta del 25 aprile: alle 15.30 abbiamo suonato ad Alassio e la sera a Tavagnasco Rock. Il 1° maggio siamo stati a Trana, il 2 a Firenze e il 16 a Saluzzo al Ratatoj. Le date stanno aumentando, grazie anche al tam tam. Ora ci stiamo concentrando sulla programmazione estiva: son confermate il 24 luglio a Martano, vicino a Lecce; il 25 a San Vincenzo, Livorno, all’agriturismo Lago Verde, che ci raccontano essere un posto splendido; e il 2 di agosto al Sacripante di Ala di Stura, un altro posto dall’atmosfera magica. Comunque trovate le date aggiornate sul nostro sito. Il 9 maggio, poi, è uscito il video del nostro nuovo singolo Il tuffatore”.

A proposito di video, il primo uscito è quello di Svalutation?

Bobo e Zorro: “Sì. Il video di Svalutation è stato girato in un locale di Torino, il Cacao, durante la serata di settembre scorso degli ‘Amici di Piero’, una maratona musicale che si svolge dal ‘99 in memoria di Piero Maccarino, cantante e fonico torinese scomparso in quell’anno. Il clip è stato girato , mai dimenticato rude boy, cantante, ultras del Toro e fonico.dagli amici della LEG Production,per dare un assaggio di quella che sarebbe poi stata l’uscita vera e propria del cd. Si tratta di riprese dal vivo fatte anche per rendere un po’ di giustizia ai Fratelli live”.

Invece, che ci raccontate del video de Il tuffatore?

Bobo: “La regia è di Gigi Roccati. Il testo de Il tuffatore si presta molto a una regia surrealista tipo quella del precedente Je Vous Salue Ninì, sempre dell’amico Gigi. Da un’idea di Giorgio, abbiamo girato questo video in una giornata allo Circolo de La Stampa Sporting di Torino, dove i protagonisti sono questi tre tuffatori ‘improbabili’ coinvolti in una gara altrettanto improbabile. La giuria è composta da amici e componenti dei Fratelli, il radiocronista sono io e mi canto il pezzo anziché condurre la gara. Giorgio interpreta l’arbitro. La cosa interessante è che uno dei ‘disturbatori’ del video è Daniele Sandri, personaggio e giocatore di spicco della squadra di basket di Torino PMS. Proprio come per Je Vous Salue Ninì, Gigi Roccati ha giocato con dei personaggi nostri amici e li ha contestualizzati nel surrealismo del video. Per dire, lì passava in bici Davide Valfrè del Folk Club (storico locale di concerti di Torino) vestito alla Gimondi: ‘disturbatore’ surreale in senso buono. In questo Sandri, come i figli di alcuni nostri amici, ‘disturbano’ lo svolgimento della gara di tuffi. Una comica continua: la figlia di Vacha, Matilde, dribbla tutti a calcio; Federica, la figlia della nostra amica Marina, danza sulle note de Il tuffatore vestita da ballerina con il tutù, le scarpine ma con il chiodo e i capelli lunghi al vento; e Matti esegue esercizi di ginnastica ritmica. Spettacolare. Domenica 27 aprile lo abbiamo proiettato in anteprima al PalaRuffini di Torino, in occasione della partita tra la Manital PMS e la Lighthouse. Il comunicato ufficiale sul sito della squadra recita così: ‘la connessione tra il mondo delle note e quello della palla a spicchi sarà rappresentata da Daniele Sandri, ala della Manital, protagonista in campo con la maglia gialloblù oltre che protagonista del nuovo video dei Fratelli di Soledad…’. È stato bellissimo”.

Qual è il pezzo dell’album che più vi rappresenta e perché?

Zorro: “Direi A me mi piace vivere alla grande. Per il testo, che è in linea con quelli di autori come Mimmo Cavallo, Rino Gaetano, Stefano Rosso, che mi hanno sempre colpito parecchio”.

Bobo: “Forse proprio Stranamore perché mi riporta ai tempi del liceo e a quegli anni lì. Una canzone fatta di pochi accordi, un’intensità pazzesca e un testo bellissimo. L’ho cantata con la pelle d’oca sulla schiena dall’inizio alla fine”.

Tornando alle emozioni forti, che mi dite del pezzo di Ferruccio Casacci? Com’è nata l’idea di reinterpretare Il mio funerale, un pezzo del papà di Max?

Zorro: “L’idea è nata da Max. Con molta semplicità, ci ha detto che gli avrebbe fatto piacere che i Fratelli riprendessero a modo loro il pezzo che oltretutto suo papà aveva fatto suonare al suo ‘vero’ funerale. Ferruccio era molto legato ai Fratelli. Veniva sempre a vederci. Dunque per noi è stato un piacere e un orgoglio. Il fatto che Max lo abbia tenuto per noi ci ha davvero resi felici e ci ha emozionato molto”.

Si tratta di un brano già edito?

Zorro: “Era uscito su un 33 giri dei Peos. Max, tempo fa, l’ha messo su soundcloud e ce l’ha linkato per farcelo sentire. La canzone è stata scritta da lui, sia la musica sia il testo, ma, per dirti che tipo era Ferruccio, lui non era neanche iscritto alla Siae. Il pezzo era cantato da un altro del gruppo. Io l’avevo sentito nella camera ardente al Monumentale di Torino, suonato da Max con un registratore: una scena che non dimenticherò mai. Potrebbe essere una bella chiusura intervista, il ritornello di Ferruccio che recita ‘e così sia’…”

E così sia.

 

I Fratelli di Soledad oggi sono:

Roberto Bobo Boggio – voce solista
Giorgio Zorro Silvestri – chitarre, ukulele, banjo, cori
Gianluca Vacha – tastiere, hammond, piano elettrico, cori
Luca Scasso Pisu – basso
Alberto Vacchiotti – chitarre, ukulele, balalaika, cori
Gabriele Biei – trombone, cori
Luigi Giotto Napolitano – tromba, cori
Sergio Pollone – batteria