Intervista: Cheatahs

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di Nicholas David Altea

Nelle coordinate geografiche attuali dei Cheatahs c’è scritto Londra, ma loro sono un insieme di più nazionalità: oltre a quella inglese appunto, gli altri membri sono originari di Canada, Stati Uniti e Germania. Una multinazionale del riverbero e delle melodie ’90, mescolate con saggezza e con quella giusta urgenza che, in un primo album, è un piacere ascoltare. In Italia sono già passati nel 2013 e di loro ne abbiamo anche parlato sulle pagine di Rumore, nel numero 265 di febbraio 2014, con la pubblicazione del loro nuovo album, semplicemente intitolato Cheatahs (via Wichita). Adesso hanno sicuramente un po’ di nuovo materiale da farci sentire e a brevissimo infatti, li rivedremo in Italia: martedì 15 aprile al Freak Out di Bologna e mercoledì 16 aprile al Lo-Fi di Milano con The World Is A Beautiful Place & I’m No Longer Afraid To Die e Empire! Empire! (I Was A Lonely Estate). Qui sotto abbiamo fatto due chiacchiere via mail con loro sul nuovo disco, sulla vita in tour e sul lavoro, ebbene sì: non si riesce sempre a vivere di solo musica.

Non è facile riunire nella stessa band quattro membri che per un caso o per l’altro provengono da stati diversi. Come vi siete conosciuti?

Cheatahs: “Ci siamo conosciuti tutti a Londra come amici e ci è balenata per la testa la buona idea di fare un po’ di casino assieme. Non è sicuramente facile trovare le persone giuste con cui suonare, ancora meno facile quando queste le conosci abbastanza rapidamente e questo rende ancora tutto più difficile nel tentativo di tenere tutto assieme.”

Queste vostre quattro differenti provenienze hanno caratterizzato in qualche maniera il vostro sound?

C: “Non so se le nostre origini giochino una parte importante nell’idea di suono che abbiamo, ma sicuramente il fatto che tutti noi viviamo lontano da casa (chi più, chi meno) è un qualcosa che ci unisce molto.”

Come vi è venuto in mente il nome Cheatahs e cosa significa?

Nathan Hewitt: “Sono arrivato a questo nome anni fa – racconta Nathan, voce, chitarra e fondatore della band che in origine nasce da un progetto solista – stava bene scritto su carta e quindi l’ho scelto. Tutte le band hanno bisogno di un nome e spesso non significa nulla.”

Avete altri lavori o riuscite a vivere solo di musica?

C: “Abbiamo dei lavori quando non siamo in tour, è obiettivamente difficile ma abbiamo avuto la possibilità di vedere tanti stati e posti stupendi. Un po’ di lavoro non ha mai fatto male a nessuno.”

Il disco nuovo ha una maggiore attenzione ai suoni e agli arrangiamenti. Non ci sono cali e lo si ascolta tutto d’un fiato. Come sono nate le nuove canzoni e in quanto tempo?

C: “Sicuramente ci siamo presi molto più tempo per fare questo album, rispetto ai precedenti lavori. Ce lo siamo registrato e mixato noi stessi; ci abbiamo speso molto tempo riascoltando tutto e rifinendo i particolari. Siamo stati realmente ossessionati dal suono. É stata un’esperienza piuttosto coinvolgente.”

My Bloody Valentine, Ride e Swervedriver mi pare abbiano avuto una forte influenza su di voi. E forse anche i Dinosaur Jr. Rientrano nei vostri gusti queste band?

C: “Le apprezziamo tutte moltissimo, sono fantastiche.”

Circa un anno fa siete stati in tour con Wavves e FIDLAR, che esperienza è stata?

C: “Con Wavves e FIDLAR è stato un tour pazzo. Sei settimane negli U.S.A. che ci hanno aiutato a dare una forma all’album e a fare di noi dei nomadi migliori. È stato un viaggio pazzesco.”

La Wichita Recordings (qui il contest di qualche mese fa) ha realizzato un sacco di dischi ottimi per band grandiose, tra cui Bloc Party, The Cribs e Yeah Yeah Yeahs. Com’è lavorare con un’etichetta come quella?

C: “È come una famiglia. Sono super appassionati di musica ed è davvero bello poter essere usciti per loro. Non riusciamo a immaginare un’etichetta migliore in cui stare.”

Ricordo di aver letto che gli Horrors furono scoperti al loro primo live, nel 2006, da Andy Capper (direttore di Vice Magazine) che non voleva entrare per sentire un simile baccano. In più avevano una scaletta di tre pezzi di cui uno con due minuti di feedback. Poi entrò e divenne il primo fan e sostenitore della band. A voi come è andata? Come siete stati scoperti dall’etichetta?

C: “Mark Bowen e Ben Wileman (entrambi della Wichita) ci hanno visto ad uno spettacolo e sono entrati in contatto con noi in breve tempo. Ci siamo incontrati un paio di settimane dopo e abbiamo firmato l’accordo con la Wichita Recordings.”

Avete già suonato a Milano nel novembre del 2013 con METZ e His Electro Blue Voice. Come ha risposto il pubblico?

C: “Yeah! La data a Milano è stata molto divertente. Ci siamo goduti un ottimo set dei METZ. Amiamo l’Italia.”

Qui sotto potete ascoltare il loro primo album, Cheatahs.

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