Intervista: Gazebo Penguins (o, dei testi di Raudo)

Date:

gazebo penguins

di Elia Alovisi

Nota: quest’intervista è stata registrata lo scorso 21 luglio, una domenica pomeriggio, con dei ragazzi che filmavano il tutto per una video-intervista. Che poi non è mai stata pubblicata per problemi logistici vari di quelli che si aggiungono uno all’altro, zitti zitti quatti quatti, e ti ribaltano tutti i buoni propositi e i piani. Poi è passato del tempo, ho avuto mille impegni, mille scadenze, scritto mille news, sbobinato mille interviste. Ma questa restava sempre un po’ sul groppone, perché era bella tanto. E anche perché dispiaceva per i Gazebi, e per i ragazzi coinvolti. Poi, con un po’ di forza e avendo ritrovato l’audio originale, eccoci qua. Quindi non avremo il video, ma quello che trovate qua sotto è comunque un buon riassunto di quella chiacchierata. Grazie a Piter, Sollo e Capra per la pazienza e grazie ad Alessandro Rigobello (aka Explicit Pixels), Rosamaria Montalbano (aka Rea) e Marco Alliegro (aka Fish & Steak) per lo sbattimento che si erano e sono fatti.

Quando scrivo di musica – o quando la fruisco, in qualsiasi maniera – sono quasi sempre i testi a darmi quel quid in più che mi fa dire, ““. Che mi fa venire i brividi lungo la schiena, che mi stampa nella memoria una melodia. Inoltre,  sviscerare le liriche in una costante ricerca del (e non di un) senso è un passatempo decisamente praticato – non si spiegherebbe altrimenti il successo di siti come Rapgenius, la sua controparte Rockgenius, o più in passato Songmeanings. È per questo che, quando mi sono trovato di fronte Capra, Sollo e Piter [1] dei Gazebo Penguins seduti su un divano, mi ero preparato delle domande sulle loro parole. Nello specifico, quelle usate per Raudo – il loro secondo album, uscito ormai l’aprile scorso in free download. Ora, si potrebbe sostenere, come Spencer Krug, che a dare il senso definitivo alle parole sia e debba essere l’ascoltatore. Il che ha una sua verità, anche se dipende dalla natura dello scrittore interrogato sulla sua creatura. Capra e Sollo sono infatti scioltissimi quando parlano delle storie dietro ai loro testi e declinano i punti fissi che creano la loro poetica – il passare del tempo, la mancanza, gli sbattimenti, la campagna, i ricordi, la nostalgia. In generale, le tante piccole cose belle della vita.

Iniziamo facile. Perché Raudo?

Capra: “Raudo, cinque lettere. Il prossimo disco si chiamerà infatti…”
Sollo: “Marmo”.
Capra: “Sollo!”
Sollo: “Capra!”
Capra: “Piter!”
Sollo: “Suri!”
Capra: “Cinque lettere, fondamentalmente. Volevamo qualcosa che avesse un riferimento…”
Sollo: “Alle cinque lettere.”
Capra: “…posso dire ctonio? Abbastanza ctonio, pragmatico. Qualcosa che, per chi li ha usati, evocasse un oggetto che potesse essere l’emblema delle serate da dodicenni. Ma anche qualcosa che potesse fare il botto.

I quindici anni sono poi un’età così di merda?

[quote]Quando 15 anni fa avevamo 15 anni in meno / Che bella età di merda i 15 anni / E non riavremo più questi quindici anni dopo i 15 anni – da Correggio.[/quote]

Sollo: “Diciamo che a Correggio ti rompi discretamente i coglioni a quindici anni, almeno quando eravamo ragazzi noi. Secondo me anche adesso, non è che ci sia molto da fare. È uno di quei paesini di provincia come ci sono sempre stati, con un sacco di gruppi che suonavano ma pochi spazi dove andare a suonare, dove poter poi esibirsi, o anche solo andare a provare. Da noi i quindici sono un po’ un’età di merda”.

Perché siamo generazioni tra virgolette?

[quote]Se mi passi il termine / Siamo delle “generazioni” / Con del tempo da perdere / E zero soldi da spendere – da Difetto.[/quote]

Capra: “Perché in realtà è quella parola lì che è da virgolettare. È una di quelle parole che crea un po’ il vuoto attorno. Perché ha un significato vacuo e non è tanto ben specificabile. Una di quelle parole che non riesci bene ad arginare, molto centrifuga”.
Sollo: “Ctonia!”
Capra: “(ride) Quasi ctonia, per dire. Quindi bisognava arginarla in un qualche modo, e darle dei limiti. Poi perché ci si vergogna di usarla. Noi ci vergognavamo a parlare di generazione, quindi abbiamo addirittura chiesto il permesso. Se mi passi il termine, dice il testo. È una parola difficile”.

Che cosa significa “essere il difetto di qualcuno”?

[quote]Questo è l’unico tuo difetto: / Che non ci sei più / Sono l’unico tuo difetto – da Difetto.[/quote]

Sollo: “Quando mi è venuta in mente è perché avevo fatto un gran casino con la mia ragazza. E mi consideravo un po’ il suo difetto. In quella che ritengo la perfezione della mia compagna, mi sono visto un po’ l’unico suo difetto. Arrivano problemi, arriva la mancanza – anche noi, anch’io sono spesso via, lontano da casa.
Capra: “È qualcosa che vuol dire. Qualcosa che viene meno. Difetto, da deficere. E quindi essere difetto di qualcuno potrebbe anche essere l’unica sua mancanza. E quindi, senza questa cosa, manca poi quello che diventerà il pieno”.

Che c’è di male nell’aver studiato il latino?

[quote]Ho studiato il latino e non mi vergogno / Se vuoi ne parliamo, senz’alcun impegno – da Ogni scelta è in perdita.[/quote]

Capra: “Da liceale, certe persone pensano che sia un vanto inutile, un segno di puzza sotto il naso. Mentre a me è una delle cose che piace di più. Andare dietro anche alle singole parole. L’etimologia, ad esempio, o non la sai o non la sai, è uno spartiacque abbastanza netto. D’altronde se dici che ti metti a fare l’etimologia delle parole certe volte rischi di vergognartene. Ma noi no.
Sollo: “Bello quando ci dà del noi!”
Capra: “È un plurale maiestatis.”
Sollo: “Vuoi fare anche l’etimologia di maiestatis?”

Al mattino senza caffè non ce la fate proprio?

[quote]Da quando ho più tempo per me / Non son più riuscito ad uscire / Ci ho provato e ora resto a sedere / Ma è finito il caffè – da Finito il caffè.[/quote]

Sollo: “È dura, molto dura. Piter beve quei beveroni Nescafé, e non so come faccia”.
Capra: “Il caffè è un vizio serio, per quanto mi riguarda. Tanto che l’ultimo acquisto di caffè è stato di 25 chili, che durano più o meno due settimane. Avere la soffitta piena dà molta sicurezza. La scorta di legna e la scorta di caffè sono equipollenti”.

Raccontatemi qualcosa dei vostri nonni.

[quote]Mio nonno per quasi 70 anni è stato in minoranza / E sta benissimo – da Mio nonno.[/quote]

Capra: “In realtà abbiamo fatto un pezzo che si chiama Mio nonno dove, come in tutti gli altri pezzi, raccontiamo delle balle, ovvero ci attribuiamo una nonnità che invece non ci pertiene. Quella frase non l’ha detta nessuno dei nostri nonni, ma è stato il nonno di Jukka Reverberi dei Giardini di Mirò che ci è venuto a trovare mentre registravamo Raudo, e talvolta c’erano delle discrepanze politiche”.
Sollo: “Abbiamo registrato durante le ultime politiche”.
Capra: “Esatto. Quindi alcuni erano in minoranza attorno a un tavolo, e allora salutandoci Jukka ci ha detto, “Mio nonno per settant’anni è stato in minoranza [in accento emiliano]… e sta benissimo!”
Sollo: “Mio nonno paterno era il barbiere di Correggio, se ne fotteva un cazzo degli altri ed era anche un mezzo fascio. Quello materno era l’opposto, nel senso che durante la guerra l’avevano rapito e i fratelli l’avevano costretto ad arruolarsi. Poi era riuscito a scappare. Una delle cose che mi faceva sempre specie era che quando ci trovavamo ai pranzi di famiglia coi due nonni – quello fascista e quello che dai fascisti le aveva prese – andavano d’amore e d’accordo”.

Quali sono le canzoni brutte che ci fanno morire?

[quote]Io morirò per colpa di un semaforo e una canzone brutta / Sarà una scherzo ma se non mi smentisci può darsi che ci creda – da Non morirò.[/quote]

Sollo: “Ce ne ha fatta ascoltare prima una un vostro amico venendo in macchina, questa dell’Ortolano [2]. Capra è ancora un po’ scosso.”
Capra: “Ci sono canzoni brutte che un po’ fanno morire dentro, più che per la musica per quello che dicono. Io ho una figlia che ha quattro anni e mezzo e mi sento un po’ di dovere di diventare un censore – che non vorrei, ma preferisco che certe cose arrivino il più tardi possibile. Magari sbaglio. Magari no. Magari domani.”

Meglio che i Bocciofili arrivino il più tardi possibile, insomma. O i Dogo, per dire.

Sollo: “Dei Dogo ne abbiamo una del primo disco che ascoltiamo sempre in furgone, però è bella. Come si chiama…”
Capra: “Non era Sacre Scuole?”
Sollo: “Noi generazione…”

“Noi generazioni di BR figli della bomba, voi generazioni di PR figli della bamba”. Cronache di resistenza!

Sollo: “Quella!”

Perché intitolare un pezzo Renato A.T.?

[quote] Son 10 anni che non ho la TV/ E non m’importa quando parli di blues / Son 10 anni che ascoltiamo i Refused / Ma ci mancano i soldi per farli suonare all’Iglooda Renato A.T..[/quote]

Capra: “Renato A.T. è un titolo che non significa niente ma è un nome così perfetto per una persona che doveva diventare anche il titolo di una canzone. Il fatto di metterci un titolo e metterla in rete senza nessuna tutela, come poi tutta la nostra musica, era come dire che tutte le canzoni dei Gazebo Penguins, se a te va, puoi prenderle e dargli un altro titolo. Dirgli che sia tua. Poteva chiamarsi in qualsiasi modo. Si è chiamata Renato A.T. erché ci siamo trovati fuori da un concerto in cui suonavamo noi al Bronson, e gli abbiamo detto “Il prossimo pezzo lo chiamiamo come te”, quasi come presa per il culo. E in realtà da presa per il culo è diventato titolo. E rimane”.

I calendari li citate in ben due canzoni, e non in maniera così positiva. Perché vi stanno così sulle palle?

[quote] Ogni anno / ogni Gennaio / cambiamo il calendario / E trascriviamo / i compleanni e le scadenze – da Domani è gennaio.[/quote]

[quote] Il calendario non aspetta mai – da Frate Indovino.[/quote]

Capra: “Il calendario è un bell’oggetto che rappresenta il tempo, ogni giorno, quando ti trovi in sala da pranzo. Quindi è inevitabile che alla fine gli oggetti che hanno questa carica simbolica forte ritornino in una canzone o più canzoni. Visto che tendenzialmente il tempo è una delle cose di cui ci piace di più parlare e cantare. Il trascorrere, il non esserci”.
Sollo: “Anche perché bisogna sempre cantarlo. Per esempio, se in un mese hai 10 date sei sempre a guardare il calendario per incastrare lavoro, famiglia, tutto quanto. Guardare il calendario è un gesto che fa parte delle nostre vite”.
Capra: “Quelle due canzoni che tu citi sono sempre calendari analogici, e quindi sono calendari appesi alle pareti. Calendari come quello di Frate Indovino, che nel mio caso era appeso di fianco alla porta del cucinotto. Una cosa che tra l’altro, effettivamente, non si usa più. È vintage. Quindi è una citazione. [A Sollo:] Voi ce l’avete in studio, è sempre bianco”.
Sollo: “Penso sia dell’anno scorso”.

Che cosa significa per voi il carnevale? Che ricordi ne avete? 

[quote]Il Carnevale è sempre uguale / Un funerale sempre uguale / Anche il giornale è sempre uguale / Un funerale a Carnevale – da Casa dei miei.[/quote]

Sollo: “Io odiavo il carnevale, non mi volevo vestire. Lo facevo solo per fare piacere a mia mamma. Non mi sono mai divertito più di tanto, non ti so dire perché. Non ho grandi ricordi del carnevale. Se non un paio in cui mi ero anche messo a piangere perché non ci volevo andare.”
Capra: “Son quelle feste di un giorno che, come i coriandoli, alla fine ti lasciano solo il ricordo della festa che c’è stata e non ti sei neanche goduto, perché magari ti faceva cagare o l’hai attesa tanto. C’è un po’ il Sabato del villaggio in questa cosa del carnevale, l’attesa è molto più emozionante e coinvolgente della festa in sé, che in realtà è una cosa che passa e non riesci a fermare. E quello che resta sono coriandoli negli angoli della casa, che spuntano dai risvolti dei pantaloni. Simbolo di una festa che non hai saputo vivere appieno. O di un funerale”.

Volevo chiedervi anche di Piuttosto bene, ma non sapevo davvero come formulare la domanda.

[quote]Oggi mi sento piuttosto bene / Uo uo uo – Piuttosto bene.[/quote]

Capra: “Il gioco è questo: una canzone tendenzialmente abbastanza grave come suono, con una cadenza marziale, abbastanza cupa (abbiamo usato della strumentazione ribassata per far dei suoni più grossi e più profondi), che giocasse di contrasto con un testo apparentemente ottimista. Una buona chiusa per un disco, e un contrasto che fa trasformare l’”Oggi mi sento piuttosto bene” in una cosa sarcastica, meno positiva”.
Sollo: “Che in fondo abbiamo tutti una casa e un mezzo lavoro. Quindi va tutto piuttosto bene, ma con la consapevolezza che non è neanche vero. Anche se…”
Capra: “Se c’è un giorno, questo oggi della canzone, che ognuno può declinare per il proprio – magari c’è un giorno, anno 2013, che è già grandissimo. Tipo questo oggi, il giorno di quest’intervista, in cui dopo suoneremo”.

[1] Piter c’era, ma ha parlato poco durante l’intervista. Qualcosa ha detto, lo ricordo, ma la registrazione era in bassissima qualità e non si capiva nulla. Quindi ci spiace ma le parole di Piter mancano dall’articolo. Però ricordo ricordo che Piter è stato sempre sorridente, e simpatico, e ha giocato molto con il mio cane. Che ha apprezzato ugualmente molto.
[2] Era successo che Renato A.T., quello della canzone, era andato con il Flying Kid che dà il nome all’etichetta a recuperare i Gazebo dal posto in cui suonavano per portarli nel cortile dove abbiamo registrato il tutto. Lungo il tragitto, la colonna sonora non poteva che essere il celebre inno ai seni oliati del novello fruttivendolo Dargen D’Amico – linkato sopra.

PIÙ LETTI

More like this
Related

Il bianco e il nero di James Jonathan Clancy nel video Black & White, in anteprima

Black & White è il nuovo video di James Jonathan Clancy estratto dal suo primo disco solista, Sprecato

Fontaines D.C.: i dettagli del nuovo album Romance e il video di Starburster

Starbuster è il primo singolo e video estratto da Romance, il quarto album dei Fontaines D.C. di cui hanno rivelato i dettagli

Ascolta in anteprima il nuovo album di Paolo Spaccamonti, Nel Torbido

Il nuovo album del chitarrista Paolo Spaccamonti si intitola Nel Torbido e lo ascoltiamo in anteprima

I Fontaines D.C. pubblicano un breve estratto dal nuovo album Romance citando Kubrick

La band irlandese Fontaines D.C. sta tornando con un nuovo disco ed ecco un primo teaser dal titolo Romance, che sarà il nuovo album